AMARE QUESTA VITA
Erano uomini senza paura
di solcare il mare
pensando alla riva
barche sotto il cielo
tra montagne e silenzio
davano le reti al mare
vita dalle mani di Dio.
Venne nell'ora pi� lenta del giorno
quando le reti si sdraiano a riva
l'aria senza vento
si riemp� di una voce
mani cariche di sale
sale nelle mani di Dio.
Lo seguimmo fidandoci degli occhi
gli credemmo amando le parole
fu il sole caldo a riva
o fu il vento sulla vela
o il gusto e la fatica di rischiare
e accettare quella sfida?
Prima che un sole pi� alto vi insidi
prima che il giorno
vi lasci delusi
riprendete il largo
e gettate le reti:
barche cariche di pesci,
vita dalle mani di Dio.
Lo seguimmo fidandoci degli occhi
gli credemmo amando le parole:
lui luce lui notizia
lui strada e lui la meta
lui gioia imprevedibile e sincera
di amare questa vita!
Erano uomini senza paura
di solcare il mare
pensando alla riva.
Anche quella sera,
senza dire parole,
misero le barche in mare:
vita dalle mani di Dio.
Formulare un progetto educativo scout, attivit� specifica della Comunit� Capi, implica l'apertura su un orizzonte vastissimo dove si stagliano realt� che investono la vita di tutti gli uomini. Prima di decidere, quindi, quale sar� il colore delle tendine del nostro salotto o il tipo di piastrella del bagno al piano superiore, � importante stabilire dove e perch� costruire la nuova casa. Nessun quadro pu� essere bello se le figure non si collocano su un sfondo appropriato. Anche noi prima di proporre una "tecnica" di progettazione ci dedichiamo alla realizzazione di questo sfondo.
1. Il mondo non � fatto a caso: infatti un sapientissimo progetto divino, che passa anche attraverso di noi, lo sta costruendo momento dopo momento: n� la complessit� della vita, n� i suoi drammi, possono oscurare questo grande disegno. Scopo primo di un progetto educativo � quello di mettersi in sintonia con la progettualit� del mondo, aiutando i nostri ragazzi a scoprire il loro cammino personale. L'educazione appare come l'arte di aiutare a scoprire che la vita � finalizzata, � significativa, ha valore, � una chiamata, una vocazione.
2. La singola persona (nel nostro caso lo scout) costituisce il principale punto di riferimento dell'azione educativa. "Il progetto � per la persona e non la persona per il progetto" il che significa che organizzare una vita di gruppo � una specie di manovra di avvicinamento, di approssimazione, a servizio di una realt� pi� grande costituita dall'insieme delle singole persone. L'antica e oggi talvolta contestata affermazione secondo cui educare vuoi dire tirar fuori quello che c'� dentro, rettamente compresa, rimane sostanzialmente valida. Aiutare ogni singolo scout a realizzare se stesso, ad esprimere la propria identit� personale, a valorizzare i propri talenti, ad affrontare le fasi della propria vita per crescere in "et� e grazia", tutto ci� costituisce la mappa di riferimento sulla quale appoggiare la nostra bussola.
3. L'esperienza educativa del passato sta a fondamento della capacit� di vivere in modo pieno il momento presente e di affrontare le grandi sfide educative del futuro. L'esperienza quando � stata positiva o quantomeno maturata nella riflessione permette una sufficiente previsione di quello che potr� accadere. Questo non toglie che il futuro rimane per noi sostanzialmente misterioso: educare significa anche, e soprattutto, coraggio, ottimismo, rischio, fiducia. Una progettazione eccessiva e convulsa, talvolta, maschera ]a sfiducia, l'inesperienza, la paura del rischio, il pessimismo.
4. Lo scautismo non pu� e non deve costituire un mondo a s� nel grande mondo reale. Anche qui, "lo scautismo � per l'uomo e non l'uomo per lo scautismo". Ci� significa che il metodo � valido nella misura in cui aiuta gli scout a valorizzare aspetti comuni alla vita di tutti gli uomini. Occorre una sostanziale apertura di mente per praticare la vita scout con impegno, senza pensare che sia l'unica strada possibile. Nasce da qui lo stimolo ad apprezzare altre innumerevoli formule educative. Nessuna stima, comunque, per le improvvisazioni pedagogiche, per le mode ideologiche e per lo stato di abbandono nel quale intere generazioni vengono lasciate.
5. E' importante, in questa rassegna di principi fondamentali, mettere in luce quali sono gli elementi caratteristici dello scautismo senza dimenticare che la realt� sociale e la cultura hanno conosciuto, in questi anni, signif�cative evoluzioni. Ci� vuoi dire che l'aggiornamento, da non confondersi con il culto della novit�, costituisce un'espressione di vitalit� e la garanzia di una validit� per il futuro. Caratteristica prima del movimento scout � l'impegno per una educazione completa, integrale e armoniosa della persona. Per completa, integrale e armoniosa intendiamo qui il raggiungimento di un equilibrio dinamico tra mente e corpo, sessualit� e amore, capacit� riflessiva e abilit� manuale, autonomia e socializzazione, capacit� critica e scoperta della fede, coraggio e tolleranza. Il contatto diretto con la natura, la valorizzazione delle doti personali, il senso del gruppo, l'espressione corporea, la dimensione ludica della vita, la capacit� di contemplazione e il servizio rimangono, pur nelle forme pi� svariate, elementi caratterizzanti lo scautismo. Per certi aspetti lo scautismo ha preannunziato alcuni degli elementi che stanno alla base della grande rivoluzione pedagogica del tempo contemporaneo. Ma anche lo scautismo, come tutti i movimenti che hanno una tradizione, rischia di fossilizzarsi negli stereotipi con la tendenza a privilegiare le forme sui contenuti.
6. I singoli capi sono implicati psicologicamente in ogni attivit� riferita ai ragazzi del gruppo e quindi ogni progettazione implica una revisione di vita dei singoli componenti della Comunit� Capi. Per una corretta progettazione l'esperienza non basta: occorre cultura e capacit� di pensare. La Comunit� Capi � in grado di proporre un autentico progetto nella misura in cui la capacit� di lavorare insieme � sostenuta dall'apporto critico delle idee.
Quest'apporto implica capacit� di ascolto, di dialogo, vaporizzazione dei talenti personali, tempestivit� nell'esecuzione e senso del limite. Una comunit� capi conflittuale o composta da giovani chiusi nel solo recinto dello scautismo o, infine, presenti con fini divergenti rispetto al servizio educativo, � destinata a partorire dei progetti irrealizzabili o a sottoporsi ciecamente al leader di turno. Esperienza e cultura sono elementi freddi se manca il calore e l'entusiasmo degli ideali. Allora, parafrasando la sentenza del Maestro, ... perch� non accendiamo il fuoco sulla terra?
7. La progettazione comune e l'impegno a condurla con realismo e determinazione permettono di sviluppare il valore di una testimonianza collettiva e non soltanto personale dei capi. Ci� costituisce anche un modello politico particolarmente efficace nei confronti dei genitori adulti e nei confronti dei ragazzi che vedono la vita sociale come possibile, positiva e feconda. Anche nell'ambito prettamente spirituale la Comunit� Capi � un modo di essere chiesa-comunione e un segno particolarmente vivo dell'azione dello spirito. Si tratta, infine, di vivere e far vivere la vita in pienezza e, con l'aiuto di Dio, lasciare questo mondo migliore di come l'abbiamo trovato.
Se usiamo correttamente la Progressione Personale non dovremmo avere dubbi che il "Lupetto-Coccinella" comincia a farsi questa mentalit� progettuale se ha ben presente le tappe che sta percorrendo, cos� come lo Scout-Guida prende coscienza del concetto di progettualit� se viene abituato (ad esempio) a preparare bene l'impresa, a condurla a termine, a documentaria e a farne memoria per i posteri della Squadriglia.
[Una comunit� chiusa nel solo recinto dello scautismo � destinata a partorire dei progetti irrealizzabili .. perch� non accendiamo il fuoco sulla terra?]
In branca Rover-Scolte, invece, dove la Progressione Personale non � identificabile a gradi di avanzamento, si dovrebbe riconquistare la dimensione della auto-progettazione personale (ad esempio il taccuino personale dove annotare l'ultimo passo compiuto e fissare il successivo).
Solo se si riesce ad avere in Comunit� Capi educatori che sappiano progettare, auto-guidare e verificare se stessi (Progetto del Capo) potremo avere garanzie che il Progetto Educativo di Gruppo sar� un qualche cosa di concreto (a partire dall'analisi della situazione, dell'attuazione, del momento della verifica e della successiva rielaborazione).
Ora, a scelta, secondo le tue esigenze, potrai proseguire nella lettura. Nel successivo capitoletto in quattro paragrafi � proposta una sintesi dell'argomento che eventualmente potrai integrare leggendo anche il successivo contributo.
Un progetto educativo potr� esplicarsi nei momenti o fasi che seguono:
Queste righe non vogliono sostituirsi all'esperienza e alle attivit� dei diversi gruppi, bens� intendono aiutare all'orientamento della vita di gruppo. Procederemo dunque per sintesi.
b. In secondo luogo gli obiettivi dovranno riguardare le opportunit� offerte
dall'ambiente stesso, dalle persone concretamente in gioco. In fondo la scommessa
educativa nasce da una fiducia sul valore delle persone e non solo da problemi che si
devono risolvere.
c. La Comunit� Capi dovr�, in questa fase di individuazione di obiettivi, considerare attentamente il ruolo e il peso del gruppo scout all'interno dell'ambiente in cui � collocato. Il gruppo pu� costituire un segno, una testimonianza o, se si preferisce,
potrebbe essere "sale della terra e luce del mondo".
d. E' compito delle diverse branche cercare di individuare gli obiettivi che potremmo definire "ristretti", ma � anche importante che ci sia un coordinamento interno e
qualitativo, cio� una unanimit� nel perseguire in modi diversi e creativi gli identici
obiettivi di gruppo.
Le verifiche possono essere di tre tipi. La verifica parallela � quella che si esercita mentre si agisce e che in fondo pi� che sui progetti scritti si radica sulla coscienza. La verifica intermedia, � quella che si pratica in momenti cruciali nei quali � possibile valutare il frutto delle attivit� correggendone opportunamente la direzione. La verifica finale � quella che si intraprende alla fine dell'anno o del triennio di attivit� previste dal progetto.
Idealmente la verifica dovrebbe iniziare con un delicato mea culpa e terminare con un deciso rendimento di grazie.
Un progetto educativo potr� esplicarsi nei momenti o fasi che seguono:
Prima di intraprendere qualsiasi lavoro di analisi, � doveroso anzitutto definire quali sono le informazioni che si desiderano ottenere attraverso tale ricerca.
Nel nostro caso si tratta essenzialmente di chiedersi quali sono le informazioni da raccogliere per riuscire ad impostare seriamente il progetto dell'esperienza scout o, se si preferisce, quali sono le situazioni che maggiormente ci interpellano come educatori scout.
I comportamenti del mondo giovanile cos� come sono generalmente descritti dagli studi degli specialisti possono risultare a volte lontani dalla nostra esperienza e quindi di limitata utilit� per la realizzazione di un progetto educativo, cos� come pu� verificarsi che altre abitudini da noi annoverate tra le negativit� possano tranquillamente passare inosservate se non "indossate" dagli appartenenti al movimento scout.
L'analisi della realt� relativa ai ragazzi osservata attraverso la lente di una Comunit� Capi, bench� parziale, focalizzer� aspetti o comportamenti molto pi� pertinenti alla stesura di un progetto finalizzato all'attivit� scout e insieme consentir� alla Comunit� Capi stessa di svolgere un efficace esercizio di approfondimento del metodo. (Quali sono le virt� umane che vogliamo fare acquisire attraverso il metodo scout? La riflessione su interrogativi come questo, nei documenti ufficiali, viene per lo pi� citato sotto la denominazione d� formazione ricorrente o permanente).
Ad esempio, il fatto che alcuni ragazzi abbiano difficolt� ad usare oltre al linguaggio
verbale anche il linguaggio dell'espressione corporea, quello dei gesti, del canto o
del silenzio, non costituisce in assoluto un "problema" del mondo giovanile, ma noi
sappiamo di quanta ricchezza godiamo quando riusciamo a scoprire e conoscere questi aspetti
della nostra natura umana. E se l'attivit� scout � fatta anche di scenette, bivacchi,
cerchi di gioia, veglie, rispetto del silenzio, ..., ne consegue che l'abitudine ai
comportamenti stereotipati, l'imitazione dei messaggi o dell'umorismo televisivo, la
chiassosit� siano da annoverare tra ci� che urgentemente conviene modificare per
realizzare una migliore qualit� di scautismo.
[Alle difficolt� espressive dei ragazzi conviene ovviare modificando i
comportamenti stereotipati.]
E' vero che talvolta una parte di quei ragazzi che al bivacco non riesce ancora ad esprimersi con originalit� va anche male a scuola o che ve n'� un'altra che vive in una realt� di particolare disagio, ma noi non saremmo educatori scout se tradissimo la loro richiesta di fare scautismo con una proposta dal sapore di doposcuola, di catechismo o da centro di interesse per l'animazione del tempo libero. E se condividiamo l'idea che lo scautismo non pu� essere frainteso con l'interezza della vita, e che l'attivit� non � in grado di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione della persona ed insieme riuscire a consolidare l'acquisizione di ogni virt�, dobbiamo iniziare il lavoro del progetto educativo con un'analisi il pi� possibile pertinente alle potenzialit� di un nostro intervento.
Certamente vi sono diversi metodi per orientare l'analisi, alcuni dei quali possono essere costruiti a partire dall'osservazione dei ragazzi del gruppo, quasi come se una lente si posasse sul fazzoletto di terra della sede scout, del luogo del campo, dell'uscita o del percorso della route. Altri possono invece riferirsi agli ambiti di vita dei ragazzi, famiglia, scuola, parrocchia, territorio, altre attivit� del tempo libero.
Per quanto riguarda il primo metodo ulteriori approfondimenti possono essere intrapresi sovrapponendo alcuni filtri, che a titolo di esempio, possono essere individuati nei quattro punti di B.P. (formazione del carattere, salute e forza fisica, abilit� manuale, servizio del prossimo), negli articoli della Legge scout o nella formula della Promessa.
Ogni Comunit� Capi potr� certamente costruire un metodo a misura delle proprie esigenze, ma difficilmente potr� rinunciare a selezionare la ricerca senza correre il rischio di un conseguente disorientamento.
Tra i percorsi praticabili abbastanza agevolmente, pu� esservi quello che muove dall'osservazione dei comportamenti dei ragazzi nel corso dell'attivit� scout. Coscienti che non tutto potr� essere rilevato attraverso una tale osservazione, questo metodo consente per� di focalizzare ci� che � pi� attinente con lo specifico del nostro servizio.
L'analisi, naturalmente, come gi� anticipa il titoletto di questo paragrafo, non pu� limitarsi solo a quegli aspetti problematici della vita dei ragazzi (che attraverso la nostra azione educativa vorremmo con-durre al cambiamento): dall'osservazione sar� invece essenziale ricavare tutti quei dati che si ritengono utili per progettare insieme al ragazzo il suo cammino di crescita (progressione personale), quindi non soltanto problemi o comportamenti negativi, ma anche, e soprattutto, pregi, virt� e punti di forza. In quest'ottica il problema sar� allora riconosciuto come ci� che ostacola l'acquisizione di precise virt� umane mentre per opportunit� si intenderanno i punti di forza o leve educative sulle quali far crescere la proposta.
Dopo questa prima ricognizione della realt�, si pu� proseguire cercando di cogliere gli stessi comportamenti o le stesse situazioni dall'osservatorio della vita quotidiana del ragazzo per completare il quadro di analisi e comprendere eventuali coerenze o incoerenze. Interpretare i dati raccolti pu� voler dire, a questo punto, esprimere un giudizio di sintesi e comunicare con chiarezza la nostra posizione. L'ultima operazione relativa all'analisi potrebbe essere quella di sintetizzare i problemi e le opportunit� a cui dare risposta o con le quali comunque rapportarsi. A titolo di esemplificazione qui di seguito � proposta la griglia di analisi di un ipotetico progetto educativo.
Nella prima colonna sono state annotate alcune situazioni rilevate nel corso dell'attivit� scout, nella seconda le medesime situazioni vengono rilevate nella quotidianit�; la terza colonna � compilata con alcune osservazioni tese a spiegare tali comportamenti, nella quarta vengono espressi in sintesi problemi od opportunit�.
[Divenendo protagonista della propria crescita il ragazzo si sottrae all'incoerenza comportamentale.]
LETTURA IN AMBITO SCOUT | LETTURA NEL QUOTIDIANO |
I ragazzi hanno voglia di stare assieme senza per�
dover mettersi troppo in discussione.
Si adattano alle situazioni e non le vivono con spirito critico, alternando momenti di entusiasmo a momenti di disimpegno. |
C'� un'incoerenza di comportamenti che varia a
seconda delle circostanze in cui si trovano (famiglia, scuola, scout).
Di fronte ad alcune situazioni si trovano in difficolt� a scegliere e preferiscono spesso una soluzione di compromesso. |
Alcune difficolt� di accettazione dei portatori di handicap inseriti nel gruppo. | Il fatto che spesso arrivino ai gruppi scout richieste di questo genere forse dice che i normali ambiti di vita non favoriscono gli handicappati e non mostrano particolari attenzioni solidaristiche. Rover e scolte del gruppo svolgono servizio extrassociativo anche presso centri per handicappati ed emarginati in genere. |
Grande entusiasmo per le attivit� all'aria aperta. | Molti tra i ragazzi occupano le loro domeniche libere andando in montagna con uno stile molto vicino a quello dell'uscita scout o praticando attivit� in natura. |
Poca puntualit� alle attivit�; andirivieni generale da uscite e campi. | Alcuni ragazzi, non residenti nelle vicinanze della sede scout sono dipendenti dai genitori che li devono accompagnare; ad altre attivit� a cui partecipano (sport e corsi di vario genere), la puntualit� viene invece considerata un obbligo e quindi rispettata. |
Poca cura del materiale del gruppo: i ragazzi non sanno riconoscere il materiale che viene loro affidato, lo usano male, non lo sanno riparare, usano molto materiale: ottenendo modesti risultati. | Una maggiore cura viene riservata solo al materiale che � sentito come esclusivamente personale. |
APPROFONDIMENTO | PROBLEMI/OPPORTUNITA' |
Poca capacit� di scegliere e di essere costanti nelle scelte, nel tempo e negli ambiti diversi di vita. | La voglia di stare assieme � un'opportunit�, � la
voglia di amare e di essere amati, di scoprire, di programmare, di
scegliere, di prevedere, di assumere responsabilit�. Difficolt� a coinvolgere il ragazzo in un progetto di autoeducazione. La progressione personale � sempre pi� guidata dal capo e il ragazzo � sempre meno protagonista della sua crescita. |
L'inserimento nelle unit� di ragazzi con problemi di handicap, ha evidenziato la necessit� di approfondire maggiormente le dinamiche delle relazioni interpersonali tra diversi. | Opportunit�: la sperimentazione della possibilit� di convivenza tra i cosiddetti normali e chi ha dei limiti, � impegno per tutti: capi, ragazzi e handicappati nella ricerca dei modi, tempi e competenze necessarie. |
Questo � favorito sia da abitudini acquisite in famiglia, sia dalla vicinanza di luoghi di montagna, sia dalla prassi esemplare dei Capi che, anche al di fuori delle attivit� amano spendere il tempo libero in montagna. | Lo spirito d'avventura � un'opportunit�, � possibile sfruttare questa inclinazione per far crescere autonomia e competenza. |
Evidentemente l'attivit� scout non ha la priorit�
rispetto alle altre occupazioni del tempo libero; non sempre conflitti o disapprovazioni vengono affrontati apertamente, talvolta i ragazzi comunicano un loro disagio disertando gli appuntamenti o giungendovi in ritardo. |
La mancanza di puntualit�, che interessa buona
parte dei ragazzi del gruppo, � di ostacolo per una piena realizzazione
dell'attivit�; � necessario definire maggiormente il bacino d'utenza del gruppo per tener presenti problemi di questo genere anche al momento dell'iscrizione; il problema interroga tutti, ma soprattutto la branca R/S, sulla probabile conflittualit� e slealt� sottesa a tale comportamento |
I ragazzi non mostrano di capire che anche le cose
di tutti sono state guadagnate da qualcuno; non sono partecipi e responsabili; la mancanza di cultura, di idealit� collettive emerge anche in altri comportamenti o prese di posizione. |
La mancanza di cura del materiale comune da parte dei ragazzi costringe il capo ad esercitare un controllo che per taluni versi non si differenzia dalla "protezione" gi� esercitata in famiglia dai genitori, limitando conseguentemente la sfera dell'autonomia. |
I quattro punti di B.P. {formazione del carattere, salute e forza fisica, abilit� manuale, servizio del prossimo), possono essere utilizzati per una riflessione sui valori sottesi alla proposta scout, ma anche verificare se i dati emersi dall'analisi compiuta sono equamente ripartiti rispetto alle diverse voci.
Nella prima colonna sono stati sintetizzati gli elementi
di lettura della realt� pertinenti con un progetto educativo scout; nella
seconda colonna � indicata la riflessione che su tali elementi � corretto
compiere; nella terza colonna vengono evidenziati i problemi e le
opportunit�.
La metodologia
dell'analisi degli ambiti vitali dei ragazzi imporr� alla fine del lavoro di
rispondere a domande tipo: "quali sono le virt� umane che vogliamo far
acquisire?", "in che modo il progetto educativo pu� tener conto di questi
problemi o di queste opportunit�?".
[Analizzando gli ambiti vitali dei
ragazzi si risponde alla domanda: "in che modo il progetto educativo pu� tener
conto di questi problemi e di queste opportunit�?"]
LETTURA DELLA REALTA' | APPROFONDIMENTO | PROBLEMI/OPPORTUNITA' |
I rapporti in famiglia: - sono caratterizzati da una certa immediatezza, confidenza, facilit� di dialogo, spontaneit�; - assenza di entrambi i genitori per cause di lavoro; - scarsit� di dialogo tra genitori e figli; - ruolo educativo talvolta demandato alla televisione; - tendenza ad accontentare le richieste dei figli perch� questi non si sentano inferiori agli altri loro compagni. |
Anche noi cerchiamo di impostare il rapporto
educativo sull'apertura del dialogo e dell'ascolto reciproco senza
imposizioni unilaterali; i ragazzi che non parlano, non hanno niente da dire o stanno parlando altri linguaggi? La relazione tra educatore e ragazzo non pu� essere unilaterale, l'educatore deve accogliere, deve avere capacit� di ascolto; il rapporto fondato sull'ascolto e sul dialogo diventa immagine del rapporto con Dio che noi amiamo e crediamo di poter chiamare Padre e Madre; la mamma che lavora testimonia di avere pari titolo e capacit� di realizzarsi professionalmente; i genitori sono in difficolt� a compromettersi nel loro ruolo educativo nei confronti dei ragazzi: si parla poco, si d� troppo spazio alla televisione, ci si fa sostituire dai regali. |
Il ragazzo abituato in famiglia ad esprimersi
liberamente, ci facilita il compito educativo per-ch� si lascia conoscere
pi� facilmente; la catechesi ha l'opportunit� di legarsi all'esperienza; abbiamo l'opportunit� di scoprire qual � il tipo di relazione che fa scattare la molla dell'interesse; i ragazzi con entrambi i genitori che lavorano fuori casa sono maggiormente preparati allo stile della diarchia; come pure il concetto di pari opportunit� che noi proponiamo attraverso la coeducazione risulta essere in sintonia con l'esperienza vissuta in famiglia; il ragazzo che non � abituato a relazionarsi con l'adulto rappresenta un problema perch� il nostro rapporto educativo si gioca sulla relazione. Ma ci offre l'opportunit� di mostrare una figura diversa di adulto. |
La scuola elementare e media. - propone anche nei programmi disciplinari la centralit� della persona; � strutturata in modo da riuscire ad essere formativa anzich� selettiva; i portatori di handicap sono inseriti con attenzioni e supporti atti a favorirne l' integrazione; - la scuola secondaria � selettiva; - � scarsa la partecipazione delle famiglie agli organi collegiali; - talvolta i genitori si disinteressano del lavoro scolastico dei figli, se non per premiare o punire a fine anno scolastico; - prevale la tendenza a punire i brutti voti con il diniego del permesso di partecipare all'attivit� Scout. |
Nella scuola elementare e media l'attenzione alla
specificit� della persona non � pi� esclusivarnente demandato
all'iniziativa di qualche insegnante particolarmente sensibile. Vige la logica della punizione, del giudizio e la lettura dell'attivit� scout solo in senso ludico. |
La sintonia d'intenti con la scuola ci consente di
attingere informazioni e suggerimenti per affrontare specifiche situazioni
di ragazzi handicappati inseriti nel gruppo. Soprattutto in branca E/G sono molti i ragazzi che non vengono mandati alle attivit� per punizione, questo costituisce un problema in quanto ci ostacola in uno dei principi fondamentali dello scautismo che � quello di favorire le pur minime opportunit� (il 5% almeno!) o, se si vuole, quello di cercare di non spegnere il lumicino fumigante, con un minimo di continuit�. |
Il tempo libero: - sono molte le opportunit� per fare attivit� sportiva; - i ragazzi sono sovraccarichi di tanti e diversi impegni; - sono molte le possibilit� di muoversi, di comunicare, di vedere, di entrare in contatto con persone anche lontane. |
Il ragazzo, inserito nel gruppo sportivo ha
un'opportunit� di relazione diversa da quella della scuola. La possibilit� di fare diverse esperienze consente al ragazzo di misurare se stesso in misura pi� globale, pi� equilibrata; C'� una esposizione a consumare tanta televisione e tanti interessi sporadici e frammentari senza che alcuno venga preso sul serio e portato a termine bene. |
Aderire ad un'attivit�, frequentare liberamente un
gruppo offre occasioni per crescere nella relazione interpersonale sia con
l'adulto allenatore, che con i pari, compagni di squadra. Le diverse opportunit� ed attivit� intraprese, sono segno di curiosit� intellettuale ed aumentano la conoscenza della propria persona. La scarsa abitudine alla perseveranza, mette in crisi il ragazzo quando gli si propone di acquisire una competenza, quando gli si propone di dare un senso alla vita anche con poche cose, di riuscire a tirar fuori molto da cose limitate, di tirai fuori le potenzialit� da ogni pi� piccola esperienza. |
Questo secondo metodo, certamente pi� diffuso, si espone al rischio di generare un'illusione: quella di pensare di poter agire su problemi e ambiti vitali sui quali in realt� non siamo in grado di incidere se non minimamente. Certo, per un Capo la conoscenza relativa agli ambiti di vita dei ragazzi � essenziale, ma potr� essere utilizzata non tanto in sede di programmazione dell'attivit�, quanto nell'ambito della sua relazione personale col ragazzo.
Non dimentichiamo mai che le occasioni educative che abbiamo sono quelle date dall'esperienza scout e che il cammino di crescita che noi proponiamo loro passa solo attraverso le attivit� che fanno assieme a noi.
Anche per la scelta delle priorit� ci si deve dare delle regole. Dopo aver svolto l'analisi della realt�, non potendo ovviamente rispondere a tutti i problemi che essa avr� messo in luce, n� approfittare di tutte le opportunit� che si saranno manifestate, diventer� imprescindibile operare una cernita che terr� conto delle nostre reali risorse, delle nostre capacit� personali e del tempo a nostra disposizione. Questo ci porter� a privilegiare forse dei problemi che non sono in assoluto i pi� gravi, ma che potranno essere risolti con un discreto grado di probabilit�. Lo stesso varr� a proposito delle opportunit� su cui fare leva: andranno scelte quelle che pi� facilmente si legano allo specifico delle attivit� scout, senza seguire necessariamente il consenso della maggioranza e tenendo conto delle attuali competenze del capo che non potranno certo svilupparsi in modo istantaneo.
In queste poche righe � stata svelata la semplicit� dello
scautismo!
Ad una Comunit� Capi non � richiesto d'aver
competenze da laureati nel campo dell'educazione o dell'insegnamento.
Attuato un primo esame di ci� che abbiamo in casa e di ci�
che vogliamo acquistare, per stabilire cosa potremo gustare sar� necessario
interrogarsi su cosa sappiamo cucinare.
Il men� potr�
anche comprendere qualche piatto sperimentale, ma senza esagerazioni!
Certo, l'educare � un'arte che non ha nulla a che vedere con
la scuola di cucina.
E' pur vero per� che il cambiamento,
ossia la strategia mirata a far s� che l'uomo divenga sempre pi� uomo, passa
attraverso la relazione tra ci� di cui l'altro ha bisogno e ci� che io gli posso
dare, vive nell'equilibrio tra ci� che � pi� difficile da conquistare e che
perci� richiede fatica, attesa, solitudine, e ci� che invece scaturisce da un
incontro significativo, da un rapporto, da una scoperta incontenibile.
Non � difficile stabilire le priorit� sulle quali costruire
gli obiettivi del progetto educativo ed ogni Comunit� Capi, ancora, come per i
criteri sui quali impostare l'analisi, formuler� le domande che riterr� pi�
appropriate. Ad esempio:
[Dopo aver svolto l'analisi della realt�, diventer� imprescindibile operare una cernita che terr� conto delle nostre capacit� personali e del tempo a nostra disposizione.]
Dopo aver evidenziato le priorit�, per costruire gli obiettivi � necessario chiarire bene che l'obiettivo per essere verificabile deve consentire di constatare e verificare il cambiamento nei ragazzi, quindi, non ci� che deve fare l'educatore, ma ci� che vogliamo venga conquistato dai ragazzi. Quindi per obiettivi si intende non ci� che deve fare l'educatore, ma ci� che vogliamo venga conquistato dai ragazzi.
Per formulare obiettivi concreti, raggiungibili e verificabili, potr� provare a rispondere a queste domande:
Gli obiettivi concreti potrebbero essere, ad esempio, quelli formulati con una frase che esprime in modo chiaro ed il pi� possibile inequivocabile ci� che si vuole realizzare. Forse pu� apparire superfluo, ma talvolta si deve constatare come taluni significati che al momento vengono sottintesi risultando ai presenti molto chiari, nel tempo e col variare della composizione della Comunit� Capi, corrono il rischio di essere fraintesi con qualcosa di sostanzialmente diverso. Medesima sorte spetta purtroppo anche alle allusioni, le quali, pur con regolare domicilio nello 'scautese' corrente, si prestano ad ostacolare la chiarezza.
Qui di seguito viene proposto un elenco di obiettivi
ricavati da alcuni progetti educativi attualmente in vigore.
Tutti dicono cose importanti da realizzare ma alcuni di essi
possono essere considerati concreti, altri invece rappresentano delle
astrattezze. Provate ad identificare con una crocetta quelli che secondo voi
sono gli obiettivi concreti.
Saper riconoscere le formule astratte � forse pi�
semplice che esprimersi senza nominare alcuna astrattezza ed in questo caso si
potrebbe accettare l'astrattezza alla condizione di farla seguire dalla
descrizione dei comportamenti che ci attendiamo di vedere quale prova del
raggiungimento dell'obiettivo.
Certo, non tutti gli
obiettivi consistono in comportamenti da acquisire, perch� non tutto si pu�
osservare, e non tutto � traducibile in comportamenti, come pure non sarebbe
realistico aspettarsi di vedere solo i risultati "compiuti". Il cammino di
crescita si traduce in una promessa, in una iniziativa di impegno quotidiano
della ragione e della volont�. Per questo motivo verranno, e a pieno titolo,
considerati come risultati positivi tutti i tentativi, i propositi, le
intenzioni tese a mostrare tale volont�. Di seguito sono indicati alcuni esempi
di obiettivi riferiti alle priorit� scelte nel paragrafo precedente:
a. Promuovere l'autonomia. Ad esempio, ma non solo: capacit� di vivere all'aperto con sicurezza e competenza: partecipare alle attivit� con un equipaggiamento appropriato, saper attenersi alle norme, partecipare alle uscite in natura nonostante le avversit� atmosferiche o climatiche.
b. Rispetto degli orari e partecipazione piena alle attivit�.
c. Formazione al controllo dei consumi. Ad esempio, ma non solo: cura e rispetto del materiale comune: costruire piccoli attrezzi per contrastare la mentalit� dell'acquisto come unica condizione per avere; dimostrare di comprendere il valore del materiale di cui dispongo (non uso la giacca a vento per andare a far legna o le maniche del maglione come presine!).
d. Realizzazione della nuova sede.
e. Studio dell'utilizzo del terreno vicino alla sede.
A volte per incontri di questo genere con i genitori potranno essere chiamati capi non pi� direttamente impegnati con l'attivit� del gruppo, a loro infatti, risulter� pi� facile comunicare i valori sui quali il gruppo imposta l'attivit�.
Ecco alcuni esempi di questioni riferite sia all'analisi
che alle priorit� indicate nelle pagine precedenti:
- se
riteniamo che principale causa della mancanza di puntualit� sia quella della
presenza di alcuni ragazzi che per venire devono farsi accompagnare dai
genitori, sar� conveniente regolamentare le iscrizioni accettando
tendenzialmente quelle che rientrano nell'ambito del territorio del quartiere o
della parrocchia;
- se i genitori tendono a punire i
ragazzi negligenti non mandandoli alle attivit� scout, � necessario convincere
le famiglie che lo scautismo non � una semplice attivit� di animazione del tempo
libero dei figli; questo probabilmente favorir� anche la loro partecipazione
alle attivit� all'aperto anche con condizioni meteorologiche sfavorevoli;
- se tra gli obiettivi del progetto educativo abbiamo
considerato la proposta di sistemare alcuni locali per la nuova sede, dovremo
prepararci a gestire tale impresa che verosimilmente comprender� lavori che non
potranno essere affidati solo ai ragazzi e che avranno bisogno anche della
collaborazione dei genitori.
Il ruolo dei capi gruppo nella realizzazione del Progetto Educativo � importantissimo, consiste nel vigilare e talora nell'"obbligare" i capi a realizzare programmi di unit� fedeli al Progetto. Capita talvolta che nel Progetto Educativo si enunci l'importanza della vita all'aperto senza averne poi alcun riscontro nella pratica e nella verifica. Ed ancora, saranno i capi gruppo a prendersi cura che la verifica delle attivit� di unit� venga svolta sugli obiettivi del Progetto Educativo, sui risultati attesi, sulla fedelt� agli impegni da parte dei capi. Inoltre, � loro preoccupazione garantire un sano equilibrio: tra attivit� formative personali vissute nel territorio e attivit� formative di Co.Ca, altri momenti associativi di formazione tra lavoro di Co.Ca di gestione del gruppo e attivit� coi ragazzi. Tutto questo a vantaggio dell'unico vero obiettivo della Co.Ca.: un efficace lavoro educativo verso i ragazzi del gruppo.
In questi ultimi anni si � voluto dare il nome di
Progetto del Capo a quel cammino di formazione personale intrapreso,
probabilmente fin dall'inizio dello scautismo, da ogni capo di "carattere", cos�
come l'avrebbe definito B.P.
La definizione attribuita
comunica, con evidenza, che per essere un educatore non basta attuare un
programma, ma occorre coltivare ad ogni istante la propria creativit�, la
propria persona.
Certo, non sono poche le difficolt� da
affrontare per utilizzare nel migliore dei modi uno strumento di questo genere.
Talvolta, infatti, avvertiamo d'essere disorientati ed il rischio che corriamo �
quello di soffocare in una maglia troppo stretta o al contrario, mentre ci
illudiamo di costruire cos� bene il domani, risultiamo invece estranei al
presente immediato. A volte scadiamo in un presuntuoso personalismo progettuale,
in altre, al contrario, pretendiamo di condividere ogni cosa in Comunit� Capi
quasi che la nostra fosse una comunit� monastica.
La scelta di lavorare con un progetto educativo � sorretta
anche dalla convinzione che non si pu� fare tutto da soli e che la riuscita non
possa mai essere attribuibile al caso, ma sia, al contrario, il risultato di una
conquista.
Se questo � quel che riteniamo valido
proporre ai ragazzi ne consegue che lo stesso debba valere anche per lo stile di
vita del capo. L'avventurarsi nell'impresa del progetto del capo testimonia che
la formazione non � paragonabile ad un corso concluso una volta per tutte o
magari ad un optional riservato a quelli che ei credono di pi�, ma risulta
invece un tutto organico, incorporato con la vocazione stessa di dedicare il
proprio tempo al servizio educativo.
Qualsiasi progetto in s� suggerisce l'idea di un'impresa, di
un cammino, comunica l'intenzione di un movimento, a volte di un cambiamento. Il
metodo del progetto, che gi� conosciamo, risponde ad un'esigenza di razionalit�,
di intelligenza, di volont�. L'atteggiamento di chi lavora ad un progetto �
quello di chi pensa, si prepara, matura le convinzioni per agire, � fedele nel
perseguirle senza ricorrere a gesti immediati di prepotenza o di furbizia. Il
Progetto del Capo deve essere legato al Progetto Educativo per affrontare i
problemi che i capi incontrano nel loro servizio. Infatti, alcuni tra i problemi
che generalmente vengono imputati ai ragazzi, in realt� sono i problemi che
l'educatore avverte nel rapportarsi con loro, riguardano il come del loro stare
assieme. I ragazzi fanno parte della realt�, � l'educatore che deve entrare in
relazione con loro, � lui che deve realizzare quel feeling in assenza del quale
non si genera alcuna comunicazione.
La potenzialit� d'un progetto ben formulato � innanzitutto
quella di riuscire a farei vivere il presente con consapevolezza, di aiutarci a
riconoscere gli atteggiamenti tipici della noia, i comportamenti stereotipati,
gregari, inerti. Il capo deve guidare innanzitutto la sua vita, dal momento che
non ci sar� mai nessuno che potr� dire "io" al suo posto.
Sembra quasi un paradosso ma anche l'oggi deve essere
rispecchiato negli obiettivi del Progetto del Capo. Non possiamo programmare un
futuro a spese del presente, senza rischiare, per tutta la vita, di non essere
n� qui, n� l�.
Il Progetto del Capo si inserisce nella
logica dell'autoeducazione intesa come esercizio della volont� tesa ad una
sempre pi� ragionevole e costruttiva relazione dell'uomo con se stesso, con i
propri simili, con la natura, con il mondo delle cose e con il Mistero che
avvolge di s� ogni cosa.
Con il termine di obiettivi si intende qui sempre parlare dei risultati che si vogliono raggiungere. Nel tempo fissato per la durata del progetto tutte le unit� lavoreranno su tutti gli obiettivi indicati, allo scopo di riuscire a far acquisire capacit� e abitudini conformi alle aspettative. Ci� non esclude che ogni singola unit� potr� lavorare con un programma che prevede anche altri obiettivi, come pure non tutte le esperienze saranno proposte direttamente dal gruppo, a queste infatti si possono aggiungere quelle degli altri livelli associativi.
Durante la verifica i capi dovrebbero saper cogliere la differenza esistente tra il riuscire a fare le attivit� e il riuscire a far acquisire le virt� umane sottese agli obiettivi fissati in partenza. Ogni attivit�, anche quella che passa attraverso l'acquisizione di una competenza, non ha significato se questo avviene senza intuirne i risvolti educativi. La competenza in senso scout avr� significato solo se aiuter� a crescere, se sproner� a prendere coscienza delle proprie doti personali, se metter� alla prova nella relazione con se stessi e con gli altri. Il Capo verificher� le attivit� senza perdere di vista il progetto, cosciente che il suo fare scautismo ha come scopo ultimo quello di mettere i ragazzi di oggi nelle condizioni di reggere, domani, lo sforzo della vita.
Definire gli obiettivi di unit�, tenendo presente il percorso adottato dalla pedagogia scout e cio� dalle tre tappe: scoperta, competenza, responsabilit�, aiuter� il capo a legare maggiormente l'esperienza che propone, con la gradualit� dell'apprendimento e quindi a rispettare i tempi di evoluzione e di progressione personale dei ragazzi.
Il progetto si realizza annualmente attraverso un programma, un calendario, delle attivit�. La verifica potrebbe riguardare tre ambiti: le attivit�, l'azione dei capi, l'impatto sul territorio. La verifica delle attivit� potrebbe essere impostata oltre che sul raggiungimento degli obiettivi anche sull'impegno di parlare anche di altri progressi che, pur non immaginati o previsti, si saranno certamente realizzati. La verifica dell'azione dei capi potrebbe valutare non solo se abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare ma aggiungere, anche qui, ci� che non avevamo previsto ma che abbiamo acquisito anche in termini di maturazione personale, di affinamento dell'arte del capo. Per concludere, alla fine del triennio fissato, potremmo anche fare un bilancio dell'impatto o dei cambiamenti che l'esperienza del gruppo scout ha provocato nei rapporti con le famiglie, con le altre Associazioni del territorio, sull'ambiente.
Nei tempi scanditi dai momenti significativi dell'anno viene verificato lo stato di attuazione del progetto. Anche lo stato di avanzamento dovr� essere verificato rilevando se qualche obiettivo � stato raggiunto o se invece qualche altro deve essere modificato. Ad esempio:
- se avevamo deciso di imparare la meteorologia ma i capi che avevano questa competenza sono usciti dal gruppo, forse converr� cambiare obiettivo, piuttosto che accontentarsi di attivit� svolte in modo approssimativo;
- se il parroco � ricreduto sulla proposta di concederci i locali per la sede, perch� quando � venuto a trovarci in sede si � inorridito per come gli avevamo ridotto quelli che ci aveva dato qualche anno fa, non avrebbe senso far come se nulla fosse accaduto! Ormai, al posto dell'impresa per la nuova sede converr� pensare all'impresa per la risistemazione di quella vecchia se non vorremo ritrovarci a dover indicare come obiettivo prioritario per la comunit� capi, cercare la sede per il gruppo!
All'inizio di ogni anno scout � infine opportuno un momento di "riappropriazione" del progetto educativo, sia per consentire ai nuovi entrati in Co.Ca. di conoscerlo e di approfondirne i contenuti e le priorit�, sia per permettere a tutti di richiamarsi gli obiettivi delineati e puntualizzare le priorit� dell'anno che va a iniziare o, eventualmente, ridefinire l'intero impianto del progetto.
[ Nei tempi scanditi dai momenti significativi dell'anno viene verificato lo stato di attuazione del progetto]
Cos� come avviene nella Comunit� Capi, anche agli altri livelli dell'Associazione la realizzazione degli interventi deve avvenire secondo un agire progettuale. Il progetto da redigere, per�, non sar� pi� strettamente educativo, cosa che rimane possibile solo alle Co.Ca.; avere obiettivi e programmi volti a realizzare i compiti che sono istituzionalmente legati alla struttura propria di quel livello.
Molto spesso, talora erroneamente, si � parlato della necessit� dell'integrazione tra progetti, quando, in realt�, i progetti non sono da integrare dal momento che il Progetto educativo � uno solo.
Prima della riforma (cfr C.G.1988) i capi potevano disporre di proposte, elaborate dai livelli superiori e destinate direttamente ai ragazzi. Ora, invece, questi stessi capi ricevono prevalentemente forma-zione per svolgere sempre con maggiore competenza il loro servizio, cio� per offrire ai ragazzi una proposta pi� qualificata. La Riforma si propose di creare le condizioni affinch� la centralit� della Comunit� Capi non si limitasse ad essere soltanto uno slogan, ma diventasse, gradualmente, la pratica quotidiana dell'Associazione.
Dallo Statuto in vigore � possibile estrarre quali sono i compiti dei livelli e da quali persone o organismi questi compiti devono essere assolti. Come sempre, il rispetto delle regole � la condizione per giocare bene, evitando sovrapposizioni di competenze e la prassi che vede "tutti rivolgersi a tutti" con conseguente ed inevitabile dispersione di energie.
Compito primario del livello di Zona � promuovere la formazione e la crescita delle Co Ca.; a tal fine la Zona stimola ed aiuta le Co.Ca. a realizzare il Progetto Educativo, a confrontare e verificare la loro azione educativa, a realizzare l'aggiornamento e la formazione degli adulti in servizio.
Sono, inoltre, compiti del livello di Zona:
Nell'ambito dei compiti assegnati al livello di Zona, il Progetto di Zona prevede obiettivi specifici in raccordo anche con i Progetti Educativi della Zona stessa.
A questo punto non rimane che affrontare la descrizione della metodologia dei progetti dei livelli superiori.
Questi tipi di progetto (dalla Zona in su...) vengono sovente chiamati educazionali, termine, per�, che citiamo ora tanto per intenderei, ma che non useremo pi� in seguito.
E' bene dire che il metodo progettuale di una Zona o di una Regione � sostanzialmente vicino a quello esposto in precedenza per i progetti educativi delle Co.Ca.
Per questo motivo, in ci� che segue non ripeteremo lo schema proposto all'inizio e poi sviluppato in modo esauriente. Ci limiteremo a fare solo alcune osservazioni sintetiche che mettano in luce le differenze che si verificano nel caso del progetto di Zona. Cercheremo, inoltre, di segnalare alcune attenzioni che ci sembrano importanti.
A differenza della Co.Ca., la Zona e la Regione si appoggiano su un livello che sta sotto (non come importanza!) che � il gruppo. Appare quindi evidente che un Progetto di Zona pu� funzionare bene solo se funzionano bene le dimensioni progettuali dei gruppi.Il primo compito della Zona, allora, � proprio quello di verificare questo aspetto, poich� non � pensabile raccordare i progetti educativi di gruppi (come specificato in precedenza) se questi non esistono o sono fatti male.
Poich� uno dei compiti principali della Zona � curare i collegamenti con gli organismi civili ed ecclesiali presenti nel territorio, occorre verificare qual � la situazione in ogni Zona Scout. Spesso quest'ultima non coincide, ad esempio, con la Diocesi o con la Provincia ed � chiaro che, in questo caso, si devono integrare parti del Progetto di pi� Zone. A volte pu� essere utile pensare le suddivisioni zonali in base all'omogeneit� sociale e culturale di un determinato territorio (questo vale principalmente per le zone molto estese) poich� questo aspetto costituisce la base di un'analisi dei bisogni riuscita.
Qui, a livello zonale pi� che a livello di gruppo, si corre il rischio di allargare troppo il proprio campo di intervento in quanto si viene a contatto con una realt� molto pi� complessa e sfaccettata rispetto a quella del gruppo. Allora occorre sempre tenere presente che l'obiettivo finale di un Progetto di Zona � aiutare le Co. Ca. ed i Capi a realizzare con i loro ragazzi gli obiettivi dell'educazione scout. Solo cos� si rester� fedeli a propri compiti e si avranno maggiori probabilit� di successo.
Quando si fa un Progetto di Zona il lavoro di analisi non deve essere indirizzato ai ragazzi ed ai loro mondi vitali, poich� questo compito spetta alla Comunit� Capi. I soggetti allora, sono i capi stessi, che necessitano di formazione personale e metodologica ed il loro ambiente. I soggetti, per�, sono anche le Comunit� Capi viste nell'insieme; infatti non � sufficiente pensare ai singoli capi da formare poich� ci� non garantisce automaticamente il funzionamento delle Co.Ca. Occorre osservare i meccanismi interni alle Comunit� Capi ed i ruoli favorendone, con il Progetto di Zona, lo sviluppo ed il pieno funzionamento.
E' un filtro indispensabile per limitare solo a ci� che compete il nostro intervento progettuale. Serve allora una grande conoscenza dei compiti cui � chiamata la Zona, unita ad una formazione specifica per i quadri al ruolo (ne parleremo in seguito). Poich�, soprattutto a livello di Zona, � facile cadere nella tentazione di "allargarsi" � bene ricordare che la scelta delle priorit� dipende non dalla gravit� del problema individuato quanto dalla possibilit� di successo nel risolverlo.
Le risorse
Come � gi� stato detto, la verifica delle risorse � un aspetto importante. Tuttavia in una Zona risulta molto pi� difficile poich� c'� una minore conoscenza delle persone e deve loro disponibilit�. Allora diventano necessarie alcune considerazioni: quando si chiedono delle disponibilit� al lavoro in Zona si contattano capi che non hanno, in genere, esperienze al riguardo.
Diventa necessario, quindi, provvedere alla formazione al ruolo di quadro poich� nessuno nasce con questa capacit�. In altre parole, le risorse vanno "coltivate" con pazienza poich� non sono immediatamente disponibili. Anche il processo di ricerca di persone che possano fare i quadri associativi � importante e delicato: qui ci si gioca molto poich� si possono anche fare ottimi progetti, ma se non ci sono quadri "all'altezza della situazione" non si riuscir� a realizzare poi molto. Altre risorse, infine, possono uscire da una migliore organizzazione interna del lavoro di zona. Infatti qui esistono possibilit� di flessibilit� che troppo spesso non vengono utilizzate.
Un obiettivo � definito bene se � verificabile. Nel caso della Zona, in particolare, significa avere chiaramente specificato quello che deve essere raggiunto dalle Comunit� Capi e dai Capi in ognuno degli obiettivi del Progetto.
La stesura del Progetto di Zona parte dalla verifica di quello precedente che viene fatta dal Consiglio di Zona e dall'Assemblea e che serve per individuare i punti rimasti in sospeso, gli obiettivi ancora non raggiunti che devono essere di nuovo presi in considerazione. Durante tutto il periodo in cui si definisce il Progetto, l'organismo centrale � certamente il Consiglio di Zona che � il vero strumento di politica associativa della Zona. Spetta al Consiglio di Zona ed al Comitato organizzare il Convegno di Zona che chiama a raccolta tutti i capi. Il Convegno � un forte momento di confronto e di raccolta dati che deve avere come scopo quello di esprimere richieste, bisogni, linee generali di intervento, nuove sensibilit�, intenti che si trasformeranno in obiettivi nel Progetto di Zona. Un'attenzione da tenere durante il Convegno � quella di evitare che il singolo capo parli come fruitore di attivit� della formazione capi, tralasciando tutte le esigenze che potrebbe esprimere durante una di branca. Occorre che il Convegno sia organizzato in modo da fare percepire chiaramente al capo l'unitariet� dell' intervento della Zona. Successivamente, dopo il lavoro di qualche commissione in grado di organizzare i dati, entra in gioco il Consiglio che cercher� di definire gli obiettivi scegliendo le priorit�. Inoltre decider� tempi e modi per la realizzazione e la verifica. E' un compito difficile poich� si tratta, in qualche modo, di interpretare e scegliere. La stesura definitiva, prima di passare l'ultima volta al Consiglio, � affidata a commissioni di lavoro, pi� agili e concrete. A questo punto si tratta di attuare il Progetto ed � ora che divenivano importanti il Comitato di Zona (formazione capi, organizzazione, sviluppo) e le Branche (aspetti metodologici). Al Comitato spetta l'incarico di organizzare tutto il funzionamento delle strutture, compreso il lavoro del Consiglio e di mantenere i collegamenti con le strutture ecclesiali e civili.
A questo proposito � giusto sottolineare che, una volta completato il Progetto, � opportuno farlo conoscere all'esterno (Diocesi ...) Alle Branche spetta il compito di tradurre gli obiettivi generali scelti in obiettivi metodologici. Quello delle Branche � un ruolo importante che non va sottovalutato, esse costituiscono un ambito in cui il capo si esprime in modo pi� libero e quindi sono un luogo in cui pu� manifestarsi la creativit� e la tendenza all'innovazione che sono (o dovremmo dire "erano"?) tipiche dello scautismo.
Incontriamo proprio qui uno dei problemi pi� grossi, relativi al progettare, di questi ultimi anni: ci sono due tendenze opposte tra le quali � necessario trovare un equilibrio. Da una parte si tende a non riconoscersi negli obiettivi di un Progetto e quindi a porsi fuori da esso proponendone altri. Dall'altra si rischia di diventare solo dei puri esecutori, senza creativit�, senza ascoltare pi� i capi per non aggiustare pi� il tiro sugli obiettivi del Progetto, per non rischiare nulla nell'innovazione metodologica. Ecco perch� le Branche sono strategiche.
In questa breve carrellata dei ruoli non restano che i Settori e l'Assemblea. Quest'ultima ha lo scopo di verificare il Progetto e lo stato di attuazione dei Programmi. Per quanto riguarda i Settori si tratta di pattuglie che escono dagli obiettivi di un Progetto e quindi a quel Progetto sono legati. Hanno un'autonomia ridotta nel tempo, servono per realizzare quelle parti importanti di Progetto per le quali si � verificato che non vi sono risorse sufficienti all'interno del Consiglio e del Comitato.
Come il Progetto Educativo, anche il Progetto di Zona � sottoposto ad una verifica annuale.Solo il Consiglio di Zona ha il potere di fare modifiche consistenti laddove se ne rilevasse la necessit� per tutta la Zona.
Perch� progettare? E' la domanda che mi sono posta quando mi � stato chiesto di preparare questo intervento. Progettare! Questo termine � talmente utilizzato in associazione che rischiamo di non ricordarci pi� il senso originario. Io credo che con la progettazione l'uomo affermi che le cose possono essere costruite secondo obiettivi precisi: che � possibile intervenire sulla realt� e modificarla indicando come questa dovr� essere. L'attivit� di progettazione � esercizio del governo delle situazioni: "guidare la propria canoa nei flutti della vita" tenendo forte il timone tra le mani per riuscire a mantenere la rotta tracciata. Progettare �: affermare che � possibile ridefinire un futuro individuale e collettivo senza lasciarsi sopraffare dal "destino" o dal "caso". Credere che il singolo uomo o popolo non siano vincolati ad un percorso prestabilito ed immodificabile. Essere convinti che, seppur in modi diversi, sia possibile intervenire e mutare le condizioni iniziali della vita.
L'articolo 3 della Costituzione, dopo aver sancito il diritto all'uguaglianza ed alla pari dignit� per tutti gli uomini, afferma che questo va costruito rimuovendo le cause che, di fatto, non ci permettono l'esercizio di tale diritto; afferma cio� che � possibile e necessario intervenire sulle situazioni per mutarle in funzione di obiettivi precisi. Se come umanit� non siamo guidati dal destino, dal caso, dalla fortuna, allora vuoi dire che possiamo davvero cambiare attraverso i progetti le nostre condizioni individuali e collettive di guerra, di fame, di odio e di ingiustizia, ma soprattutto vuoi dire che, quando affermiamo questo, non siamo nel campo delle mere speranze ma nel campo del possibile.
La parola educare deriva da esducere che vuoi dire tirare fuori. L'educatore secondo B.P. � chiamato a far emergere il 5 per cento di buono che c'� in ogni ragazzo, per farlo lievitare. Penso che non esisterebbe nessuna attivit� educativa se non si credesse nella possibilit� di cambiare, di capovolgere le situazioni di partenza, e noi capi scout abbiamo fede che questo possa avvenire partendo anche solo dal 5 per cento.
L'educazione attraverso il metodo scout ha come obiettivo quello di fare imparare ai ragazzi a guidare "la propria canoa", cio� a progettare la propria vita individuandone uno scopo, tracciando una rotta di avvicinamento, ed imparando a mantenerla nelle singole situazioni.
L'attivit� educativa presuppone, allora, di credere nella progettazione non solo come strumento, ma come stile di vita. Gli educatori sono portatori di un messaggio preciso, essi dimostrano:
Queste convinzioni ed intuizioni si collocano in un tempo caratterizzato dall'assenza di progetti, sia di vita individuale che di societ�.
I nostri ragazzi vivono divisi fra mille cose diverse, � il tempo delle esperienze, tutte importanti, ma nessuna fondamentale. C'� una reale incapacit� di cogliere il filo che unisce le tante esperienze (la vita!) dei nostri ragazzi, molte all'opposto l'una dell'altra. Nei nostri clan i ragazzi passano dall'attivit� di servizio alle manifestazioni di indifferenza/intolleranza (anche se solo verbale) nei confronti degli immigrati, dei tossicodipendenti, dei nomadi... dall'esperienza di essenzialit� ed autofinanziamento allo spreco dei soldi non guadagnati, e molto ancora ognuno di voi potrebbe aggiungere. I genitori non sono esenti da questo atteggiamento, troppo presi dal proprio protagonismo (realizzazione professionale, spazi individuali, partner sbagliato, ecc...) o dai nuovi problemi che l'assenza di lavoro sta provocando in molte famiglie, vivono una vita tra i mille impegni che non riesce a testimoniare priorit� oggettive. Manca il filo che guida le esperienze della vita e che permette agli individui, progettando il passo successivo, di crescere e costruirsi la propria storia; storia che non � la somma di fatti diversi ma l'evolversi della persona attraverso esperienze anche diverse, che trovano senso una nell'altra.
Il crollo del muro di Berlino ha definitivamente distrutto le poche immagini di societ� che ci eravamo costruiti. E' crollato il mito del comunismo reale, come societ� giusta su cui riversare il sogno di uguaglianza di tutti gli uomini; � crollato il mito del capitalismo, come societ� capace di rispondere ai bisogni di libert� individuale. Non esistono pi� modelli di riferimento ed occorrerebbe progettarne di nuovi, individuando rapporti sociali, forme di stato e di economia capaci di rispondere ai bisogni di questa nostra umanit�. Ma siamo fermi al palo, incapaci di progettare un futuro con gli elementi che abbiamo. Ci vengono proposte in questo caso soluzioni parziali o frammentate su singole questioni, che non essendo dentro un progetto globale rischiano di essere in opposizione l'una all'altra. La legge sull'immigrazione, quella sulle pensioni, le riforme elettorali: gocce, pillole, rispetto al bisogno di una seria, necessaria attivit� di progettazione di un modello di societ� nuova.
Mi chiedo dove stia andando l'associazione in questo momento e provo a fare un'analisi rispetto al mondo educativo (quello dei nostri gruppi) ed a quello educazionale (di tutte le strutture che operano a supporto dell'attivit� educativa).
Davanti ad una societ� in crisi di progetti, troppo spesso i nostri gruppi si ripiegano in se stessi, quasi a voler difendere dei confini, che non esistono, tra il dentro ed il fuori dell'associazione. Il mondo con i suoi problemi e il disagio dei nostri ragazzi entra nelle nostre unit�, ma i nostri progetti si fermano sulle soglie delle nostre sedi, contribuendo cos� all'immagine di frammentazione della vita che hanno i nostri ragazzi. Infatti se la nostra attivit� non costituisce collegamenti tra la famiglia, la scuola, il tempo libero, ma diviene uno dei tanti momenti, non fa che affermare che � possibile vivere separati dentro se stessi. A questo punto mi chiedo se sia possibile progettare in educazione senza cogliere la necessit� di globalit�. 0 meglio, � possibile chiamare attivit� educativa qualcosa che non riesce a cogliere le persone nella loro interezza, nella loro globalit�?
Molti capi da sempre affermano che non possiamo arrivare dappertutto e che il nostro ruolo � l'educazione. Questa affermazione � verissima rispetto a chi pensa ad uno scautismo factotum, in grado di risolvere da solo tutti i problemi. Lo � un poco meno se significa affermare che l'educazione dei giovani pu� prescindere dalla vita stessa dei nostri giovani. Distoglierli, cio�, dal loro quotidiano, invitandoli ad una sfida con se stessi che non � capace di tenere i piedi nella realt�. Quanti sogni, quante speranze nate nei nostri clan non reggono l'impatto con un quotidiano assai diverso?
Io credo che oggi siamo chiamati, comunque, ad un ruolo nuovo: quello di essere un luogo in cui sia possibile una progettazione unitaria. E' diventato fondamentale cogliere:
Credo che anche la nostra associazione stia soffrendo al suo interno del momento poco progettuale che stiamo vivendo. Alcuni segnali, che provengono dalle strutture che sono al servizio dell'attivit� educativa dei nostri capi, meritano di essere verificati.Mi sembra sempre pi� evidente lo sbilanciamento che l'associazione vive tra l'essere ed il dover essere: dalle nostre Co.Ca. in cui il dover essere allontana sempre pi� i capi dal costruirsi la propria autorevolezza passo dopo passo, rendendoli incerti ed insicuri, facendoli sentire inadatti al compito educativo, in quanto troppo lontani dall'immagine ideale di capo che l'associazione propone, ai grandi messaggi dei progetti nazionali o regionali, dove il progetto � troppo lontano dalla realt� dei capi e rischia di essere ancora una volta un invito a "dover essere", pi� che una serie di percorsi attraverso cui mutare la realt�.
Mi sembra inoltre che l'associazione stia teorizzando la progettazione, allontanandola sempre pi� dalla prassi. Tanti discorsi, tanti approfondimenti, tante valutazioni teoriche che non trovano poi concretezza nell' attivit� educativa. Stiamo diventando i teorici dell'educazione? I nostri capi riescono a tradurre da soli il materiale, gli stimoli, le ricchezze che i vari livelli associativi producono? Chi � in grado di ricostruire il ponte tra quotidiano e speranza, che sembra essersi interrotto?
Alcune di queste istanze erano riposte nella riforma delle strutture, voluta prima di tutto per rendere pi� facile l'attivit� di progettazione che dalla Co.Ca. ai comitati di zona, regionali e nazionali trovava difficolt� ad esprimersi attraverso la forte organizzazione di branca. Se da una parte questo � avvenuto, dall'altra c'� da chiedersi come mai l'associazione sembra non riesca a ritrovare i fronti su cui spendere le proprie energie? Quasi che i bisogni dei nostri ragazzi non riescano pi� ad esprimersi con forza attraverso la vita in associazione ed in essa, poi, produrre quella riflessione metodologica e quell'impegno politico che da anni ci ha caratterizzato.
Io credo che alcuni aspetti della riforma delle strutture siano stati travisati o mal interpretati da chi � stato chiamato a gestirla. Il rafforzamento della progettazione delle Co.Ca. non ha mai significato che le branche dovessero essere chiuse. Nessun buon Capo Gruppo penserebbe mai che lavorare bene in Co.Ca. presupponga questo. Eppure oltre la met� delle nostre Zone in questi anni hanno annullato (o ridotto a pura organizzazione di attivit� per ragazzi) la vita di branca tagliando cos� i ponti, di fatto, con le istanze educative pedagogiche e metodologiche che i capi portavano tradizionalmente all'associazione. Anche l'attivit� delle branche nazionali, anzich� sviluppare all'interno di un unico progetto la riflessione sul metodo e sugli strumenti, � rimasta al palo, non permettendo cos� a tutta una serie di intuizioni di essere ritradotte in materiale su cui i nostri capi potessero attingere nel quotidiano delle loro attivit� educative.
Altra domanda che mi sembra sia andata crescendo in questi ultimi anni � se esiste la differenza tra il modo di progettare di una Co.Ca. e quello con cui si progetta una Regione o una Zona. lo credo di no, ma il nodo mi sembra piuttosto un altro, � possibile che siano identici progetti che hanno referenti diversi (ragazzi, capi) con bisogni diversi? Su questo abbiamo molto da lavorare nella prassi. Merita infatti domandarsi se le nostre strutture quando stendono i loro progetti abbiano chiaro che l'educazione � lo sfondo su cui lavorare e che questa non pu� essere assente, ne deve, per�, essere l'obiettivo diretto.
Questa fotografia rischia per� di non cogliere alcuni particolari che mi sembra diano un' immagine diversa, segnali che mostrano che il lavorare per progetti pu� essere vissuto in associazione. Forse sono segnali deboli, molto spesso legati a singoli capi o realt� locali che per� potrebbero essere dei battistrada, dei sintomi che qualcosa si sta muovendo. Esistono capi, comunit� capi e strutture associative varie, che sono riuscite a progettare il proprio intervento educativo, cogliendo la globalit� in cui si collocava e le potenzialit� che poteva esprimere.
A Firenze dal lavoro di Eugenio Banzi e di una Co.Ca. � nato negli anni '80 il primo centro operativo dell'Agesci per l'obiezione di coscienza. Il progetto Arcobaleno non solo ha tentato di individuare risposte possibili per un territorio in cui forte era il bisogno di accoglienza del disagio, ma ha saputo unire a questo un progetto di proposta di servizio per i rover e le scolte, e si � proposto come riferimento per altri progetti di comunit� di accoglienza che, successivamente, sono nate dallo scautismo in altre realt� italiane.
A Roma la Zona Salario ha progettato e sostenuto l'intervento di servizio dei rover nel campo nomadi presente nel proprio territorio, ponendosi assieme ad altre realt� del volontariato come interlocutore nei confronti del Comune.
A Palermo, a Gela, a Casal di Principe i capi si interrogano ed interrogano l'associazione su come possa essere progettato l'intervento educativo con il metodo scout in situazione di forte disagio e marginalit�; quali aggiornamenti metodologici siano necessari, quale supporto educativo indispensabile.
E ancora diversi potrebbero essere gli esempi di realt� associative che, con notevoli sforzi, stanno lavorando affinch� l'intervento educativo sia frutto di progettazione condivisa, che partendo dai bisogni sappia costruire un futuro nuovo.
Credo che le nostre strutture oggi siano chiamate a rafforzare il patrimonio associativo, razionalizzando le esperienze fatte in un cammino di formazione quadri, affinch� tutti coloro che oggi si trovano ad iniziare un percorso di quadro in associazione non si trovino a dover ricominciare da capo sulla propria pelle.
Infine, io credo che come associazione siamo chiamati ad una maggior consapevolezza del ruolo che giochiamo nella costruzione di una nuova societ� italiana: il richiamo costante ai bisogni dei giovani e la nuova progettazione pedagogica. Per far questo, occorre che le Co.Ca. tornino a progettare sui problemi quotidiani dei ragazzi, rimettendo in moto la sperimentazione educativa e l'elaborazione metodologica come risposta ai bisogni veri delle giovani generazioni. Occorre che l'associazione torni a dare spazio a queste tematiche, facendo funzionare le strutture che si � data su questi temi.
Infine, vorrei concludere con uno scritto di Baden-Powell che mi sembra sintetizzi meglio di qualunque altra parola lo spirito che guida la progettazione educativa.
Se dovessi suggerire un motto per aiutare i Capi nel nostro lavoro, potrebbe essere: "Guarda lontano e... sorridi". Ci sono due modi per scalare una montagna. C'� chi sale su diritto seguendo il sentiero fatto dagli altri o indicato nella guida: tiene gli occhi bassi su quel sentiero, per non perderlo: la sua idea � di farcela ad arrivare in cima. C'� invece un altro tipo di alpinista che � ugualmente ansioso di arrivare in cima, ma che guarda pi� lontano. Guarda avanti a s� ed in alto e vede le varianti che, a causa di frane, ecc., si possono fare rispetto al sentiero preesistente e varia il suo percorso in conseguenza. Di quando in quando si ferma a guardare attorno a s� per rendersi conto della vista spettacolosa che ad ogni passo si apre e si dispiega dinanzi a lui; cos� il suo animo si riempie di gioia ed entusiasmo, che rendono leggero il suo compito e gli danno una rinnovata spinta a continuare.
Inoltre, guardando indietro, si rende conto che le colline che ha tanto faticato per superare sono ormai semplici monticelli di talpe ed ha la possibilit� di fare segnali agli altri ancora impegnati nella prima parte della scalata, per dar loro indicazioni ed incoraggiamento. Cos� il secondo alpinista compie la sua scalata con gioioso entusiasmo, anzich�, come l'altro, con un'ascensione tenace, ma seria e faticosa.
Dunque nel nostro lavoro - come del resto in ogni altra attivit� - dovremmo guardare avanti, molto avanti, con grande speranza ed obiettivi elevati, e guardare attorno a noi con gioia e buona volont�;
guardare indietro con gratitudine per ci� che � stato compiuto, e quindi continuare con rinnovato vigore, con pronto spirito d'iniziativa e con pi� larga veduta sulla meta ultima che vogliamo raggiungere, aiutando nel contempo gli altri nel cammino.
Ma quando guardate, guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancor pi� lontano!
(da Headquarters Gazette, novembre 1920).
Il principio fondamentale su cui si regge l'educazione � il valore di ogni singola persona. Questo principio, ormai riconosciuto universalmente, sta prima di ogni discussione, anche se spesso non viene rispettato.
Educare significa fare in modo che ogni persona, 'tiri fuori', pro-muova, realizzi, esprima, quello che �.
Educare significa avere fiducia negli altri, vuoi dire rispettare la natura, i doni delle persone, i loro limiti, la loro cultura, la loro fede religiosa, la loro et�.
Educare � soprattutto l'arte di condurre le 'nuove generazioni' e renderle cos� capaci di affrontare in modo positivo, libero e autonomo, le grandi sfide future della vita, aiutandole a trovare armonia in se stesse, con la natura, con la societ� in cui vivono.
Educare � una forma radicale di protesta contro tutte le forme di oppressione, di manipolazione, di strumentalizzazione degli esseri umani.
Educare significa attribuire al fatto di essere donne o uomini, maschi o femmine, l'identico valore nella innegabile diversit�.
La scoperta di Dio costituisce un elemento fondamentale dell'educazione.
L'educazione � efficace nella misura in cui riesce ad operare un cambiamento nella direzione voluta, � efficace, cio�, quando realizza ci� che si era proposta di realizzare.
In edilizia, un progetto per essere eseguito fedelmente ha bisogno di essere esplicitato: inserito nell'area di costruzione, definito nelle dimensioni, nelle strutture, nella scelta dei materiali, nelle modalit� costruttive, nella previsione dei costi e dei tempi di realizzazione. Il disegno di una realizzazione architettonica contiene tutto quanto deve essere comunicato in cantiere, non una cosa di pi� n� una di meno!
Anche in educazione il progetto deve essere esplicitato, anche in educazione il progetto deve contenere solo ci� che serve per l'azione.
Anche i nostri progetti non devono essere dei trattati di ingegneria, ma strumenti da utilizzare per tutta la durata del "cantiere". Nel caso della costruzione di un muro, per�, il muratore � l'unico artefice della buona qualit� del risultato. In educazione, invece, sappiamo che molteplici sono i fattori che intervengono a determinare la crescita o la non-crescita della persona. Solo chi ha preso in mano in modo autentico la propria vita pu� in qualche modo aiutare gli altri a crescere, ciononostante non potremo mai interpretare l'azione educativa in termini di rapporto meccanicistico di causa-effetto. Le differenze tra i diversi progetti: educativi ed educazionali Si tratta di differenze di destinatari, di contenuti, di formato e quindi di metodologia impiegata nella redazione di ciascuno di essi
Come per il progetto educativo, possiamo immaginare due momenti:
L'analisi della situazione (a) si presenta in campo educazionale pi� complessa e ampia! I semplici dati rischiano di farei perdere nel mondo della sociologia, psicologia, politica. Dobbiamo perci� utilizzare dati gi� aggregati e sintetici che i nostri interlocutori ci offriranno (e noi contribuiremo a farei dare) tramite i Progetti educativi o i Progetti di zona, a seconda dei livelli interessati. La definizione dei problemi e delle opportunit� deve essere fatta con l'ottica della specificit� AGESCI, creando semmai sinergie e attivazione per quei problemi non strettamente educativi, ma che influenzeranno (in modo positivo o negativo) la nostra azione. E' molto importante capire chi parteciper� alla definizione dei problemi e alla scelta delle priorit� perch� questo favorir� la collabora- zione nel momento dell'azione. Infine, la scelta delle priorit� e di conseguenza la determinazione degli obiettivi si articoleranno nelle tre aree principali di competenza di un progetto educazionale:
Le altre fasi (b) (obiettivi, programma, verifica) non cambiano rispetto ai progetti educativi, dal punto di vista della metodologia di progettazione. Forse qualcosa si pu� dire della verifica: Se � gi� difficile "dirsi le cose" in una Comunit� Capi, lo � ancora di pi� a livello quadri; per questo � fondamentale verificarsi offrendo non idee ma dati concreti e reali su sviluppo scout, organizzazione, rappresentanza ...
La differenza tra i progetti non risiede nel metodo con il quale vengono costruiti: il progetto educativo nasce dall'analisi della realt� dei ragazzi del gruppo; i progetti educazionali dalla lettura dei bisogni formativi dei capi rispetto allo scenario socio- ecclesiale del progetto educativo.
Alcuni progetti hanno come punto di partenza l'analisi come individuazione dei problemi e delle opportunit�, altri vengono costruiti a partire dall'individuazione degli obiettivi cui tendere. Per progettare bene � sempre necessario partire dalla lettura della realt�, dall'individuazione di bisogni, problemi ma anche opportunit�, ossia le risorse delle persone e dell'ambiente da valorizzare, da utilizzare positivamente.
Svolgendo l'analisi della realt� � opportuno chiarirsi sul concetto di problema, che � strettamente legato all'idea di cambiamento.
Qual � il concetto di problema che abbiamo?
- il problema � esclusivamente di chi ha bisogno?
- il problema pu� essere anche nostro?
Un esempio forse mi aiuta nella comunicazione.
- I giovani che non parlano non hanno nulla da dire o stanno parlando altri linguaggi?Se il tipo di approccio educativo � basato solo su una proposta di iniziative e di valori, in che modo pu� scattare la molla dell'interesse da parte dell'educando? La relazione educativa � necessariamente asimmetrica (l'educatore e l'educando non sono sullo stesso piano ed � dannoso fingere che lo siano), ma non pu� essere unilaterale, l'educatore deve avere capacit� di ascolto, deve accogliere, deve essere preoccupato del come si sta assieme. �Non basta amare i giovani: bisogna che i giovani capiscano di essere amati�. Se dovessimo andare a vedere i nostri progetti, avremmo conferma che alcuni di essi propendono per la metodologia del problema/opportunit� ed altri per la metodologia dell'obiettivo. La meno utilizzata �, in genere, la metodologia del problema/opportunit�. I progetti che hanno come punto di partenza la definizione dell'obiettivo sono tutti progetti, anche validi sotto certi punti di vista, ma sicuramente pi� staccati dalla realt�.
Il processo di esecuzione si sviluppa in tre fasi: analisi, progetto vero e proprio, realizzazione.
I. Durante l'analisi vengono rilevati i problemi e le opportunit�, si opera un discernimento ed infine li si
ordina secondo una gerarchia di priorit�.
Non dobbiamo coltivare l'illusione di poter intervenire
efficacemente in ogni situazione o su ogni argomento, dopotutto lo scautismo,
occupandosi del tempo libero, � soltanto uno tra i diversi ambiti frequentati
dai ragazzi, rappresenta quindi una delle diverse offerte di educazione. Il
progetto educativo dovr� essere redatto operando delle scelte: �Quali sono i
dati dell'analisi che mi interpellano come educatore scout?�, �Quali potr�
affrontare indirettamente facendomi da tramite con qualcuno pi� preparato?�.
Un orientamento nell'individuazione del nostro "specifico" credo si possa individuare nei 4 punti di B.P.: formazione del carattere, salute e forza fisica, abilit� manuale, servizio del prossimo.
Il Progetto Educativo operer� dunque alcune scelte sugli obiettivi e conterr�, di conseguenza, delle indicazioni di priorit�.
Per realizzare l'analisi: potremmo provare a rispondere a domande di questo genere:
Dopo aver completato l'analisi (che pu� richiedere solo qualche ora o, al massimo, qualche giorno), se essa rivela che il nostro intervento � opportuno, si pu� iniziare il progetto.
II. Per attuare il progetto
vero e proprio si devono individuare gli obiettivi, ossia i risultati concreti
che si prefigge l'educatore. Gli obiettivi andranno formulati in termini
descrittivi, specifici, operativi.
Obiettivi cos� formulati sono importanti almeno per quattro
ragioni.
Un obiettivo formulato in un modo significativo riesce a comunicare l'intento in modo inequivocabile e pi� conciso possibile con tanta chiarezza da escludere malintesi.
Dobbiamo ricordarci che il progetto deve essere comprensibile, ricordarci che la funzione di un obiettivo � di comunicare.
Se lo fa, si pu� essere soddisfatti. Se non lo fa bisogna modificarlo!
Gli obiettivi di un progetto educativo devono esprimere molto bene i risultati "realistici" e "concreti" che si intendono raggiungere, quindi non ci� che deve fare l'educatore, ma ci� che deve fare l'educando.
Parlare di realismo e di concretezza significa avere nella mente l'immagine di un bambino/ragazzo/giovane che oggi, nel corso dell'attivit� scout dimostra di avere gi� raggiunto l'obiettivo in questione.
Le mete devono essere "realisticamente" conquistabili e di questo qualcuno ce ne deve dare testimonianza.
Provando a rispondere alla domanda �che cosa vogliamo ottenere� esprimiamo gi� le modalit� per accertare il successo del nostro intervento: esprimiamo i criteri di verifica, la verifica della nostra azione educativa sar� rilevabile attraverso 'l'osservazione' dei ragazzi mentre fanno qualcosa.
L'obiettivo educativo che descrive un comportamento, un'azione (cose che si possono fare o modi di essere) � rilevabile attraverso l'osservazione e quindi � verificabile.
Gli obiettivi educativi esprimono i cambiamenti desiderati, i risultati attesi.- dicono in modo esplicito ci� che il ragazzo dovr� essere (saper porsi in relazione positiva con se stesso, con gli altri ragazzi e con gli adulti e saper fare (conoscenze e competenze)
Per essere sicuri di aver formulato un obiettivo educativo e non una generica finalit� educativa bisogna provare a rispondere alla domanda: "come far� a riconoscerlo quando lo vedr�, il cambiamento?�
L'obiettivo � una meta concreta alla quale si vuoi far giungere l'educando, per questo deve essere espresso con chiarezza, usando parole che non possono avere molte interpretazioni. Naturalmente durante il cammino di maturazione non andranno considerati in contrasto con i "risultati" i tentativi, le intenzioni, gli atteggiamenti, i metodi, anzi andranno considerati come positive testimonianze di avvicinamento alla meta.
III. La realizzazione del progetto passa attraverso le peculiarit� dello scautismo proprie di ciascuna branca.
Per ogni fascia di et� la crescita della persona avviene secondo un naturale percorso che partendo dalla scoperta giunge alla competenza e alla responsabilit�.
Per ogni branca fare attivit� con il metodo scout significa proporre con creativit� esperienze sui quattro punti di B.P. (formazione del carattere, salute e forza fisica, abilit� manuale, servizio del prossimo).
In questo consiste la Progressione Personale unitaria: personale perch� condizione essenziale di appartenenza al gruppo � l'accoglimento personale dell'esperienza rappresentata dalla proposta scout, unitaria perch� punto di riferimento dell'intero percorso � la Partenza che si caratterizza come momento di scelta a compimento dell'iter educativo proposto dall'Associazione.
E proprio perch� parliamo di Progressione Personale crediamo che l'azione educativa non significher� mai intendere la crescita della persona come un progressivo adattamento della stessa ad un modello ideale di riferimento.
Il modello di riferimento deve esistere, ma deve "reagire" con la libert� del soggetto stesso che � chiamato a divenire sempre pi� persona. Il fine del progetto �, infatti, quel �proprio meglio� che ognuno pu� conquistare. E' l'attuazione di s� che si realizza nella proficua combinazione tra educazione ed autoeducazione, tra la proposta altrui e la scelta propria, tra l'autorit� sociale della tradizione e la libert� personale.
Parlare di verificabilit� degli obiettivi e, quindi, del progetto non significher� immagine di utilizzare un'"unit� di misura" valida per tutti. La complessit� dell'educazione, infatti, non si pu� ridurre a formule ed � quindi naturale che ciascuno venga valutato secondo una misura propria.
L'educazione va ben oltre il "successo" visibile e i "risultati" osservabili; redigere un progetto per obiettivi servir� innanzitutto agli educatori per migliorare in competenza ed intenzionalit�. E' molto importante la costante preparazione e formazione degli educatori, in campo educativo non si improvvisa mai e soprattutto non si improvvisano le persone capaci di educare. A questo proposito mi sembra pertinente ricordare che il Progetto del Capo si radica su questa convinzione, cio� sulla stretta corrispondenza esistente tra la proposta diretta ai ragazzi e l'impegno a non considerare mai concluso il cammino personale.
La non consapevolezza o la non convinzione della
"necessit�" del rigore progettuale ci rende schiavi del contingente,
dell'emergenza, di una concezione occasionale dell'educazione. Ci lega alla
catena degli istanti e ci fa schiavi dell'utile immediato.
Gli obiettivi, quindi, sono utili nel fornire una solida base:
Il tenore di questo mio contributo al vostro convegno sul 'Progettare' � indicato come quello di una "riflessione sapienziale". L'espressione insinua in modo discreto che circa 'il progettare' non si d� solo un approccio scientifico e tecnico ma anche un avvicinamento esperienziale. Sapienza, infatti, indica una "conoscenza del tutto pratica delle leggi della vita e del mondo basata sull'esperienza". Si badi bene, una conoscenza - dunque un esercizio critico dell'intelligenza - e non una pura narrazione di fatti e insieme una conoscenza basata sull'esperienza, cio� un saper interpretare le cose della vita concretamente esperimentate. E ancora, una conoscenza basata sull'esperienza che non si presenta come un sapere che intende restare nell'orizzonte del pratico, ma un sapere orientato a "migliorare l'agire". In questa luce le mie riflessioni lungi dall'essere una teoria sistematica sono pensieri, frutto della mia esperienza..., pensieri contestabili..., pensieri rifiutabili. Una brinata sul masso di granito del lavoro di questo vostro convegno. Viene il sole e se ne va! L'oggetto della "riflessione sapienziale" � lo scautismo tra vita, attivit� e progetti. Evidentemente il titolo � un p� altisonante e un p� generico cos� da lasciarmi un certo spazio. Altisonante, il tanto che basta per poter figurare in un convegno; generico, quel tanto che basta per non costringere troppo chi deve tentare di dire qualcosa sul tema. Tuttavia una cosa il titolo mette in chiaro: progetto non � il nome sintetico dell'esperienza scout o un sinonimo di scautismo, quanto piuttosto il progettare � una dimensione dello scautismo stesso. Certo una dimensione essenziale ma tuttavia non coestensiva di tutta esperienza scout. La nostra "riflessione sapienziale" accoglie la tesi e cerca di dire qualcosa sui rapporti tra il progettare, le attivit� scout e la vita nella sua interezza.
In termini di linguaggio trovo pi� affascinante esprimere
la segreta scansione delle attivit� scout in termini di "ritmo" da imprimere
alle attivit� stesse, piuttosto che la parola "progetto"."Dare ritmo" evoca il
carattere "danzante", "armonico", affascinante e seducente che il complesso
delle attivit� scout deve avere. Progettare pone in primo piano l'applicazione
melodica necessaria per mettere appunto una scansione logica delle attivit� e
per verificarne l'esecuzione.
Pensare e progettare non sono la stessa cosa. Il pensare dice lo sforzo della mente di comprendere i significati dell'esistenza. Progettare dice lo sforzo di mettere in una successione logica plausibile - almeno intuitivamente - delle azioni in vista del cambiamento di una situazione. Questa distinzione va tenuta ben salda, sia per evitare confusioni paralizzanti, sia per istituire un rapporto costruttivo fra i due termini. Basta ritornare con memoria a tutte quelle volte in cui "l'ultima pensata" ha avuto la pretesa di diventare scansione logica di azioni e ricordarsi di quando l'urgenza del progettare ha prodotto azioni vuote di pensieri forti.
Il pensiero comprendente - che non � una faccenda da "pensatori" o da intellettuali - si sforza e insieme gode a comprendere il senso del vivere con onore in questo mondo. Questo sforzo/godimento � di ogni uomo "sotto il sole" e appartiene a ciascuno proprio perch� a ciascuno � dato di vivere. A ciascuno � dato di incontrare nascita e morte, gioia e dolore, amore e odio, giustizia e oppressione... Il campo del pensiero comprendente � di sua natura esposto al rischio che si realizzi una comprensione errata dell'esistenza. Sotto questo profilo l'impegno personale del comprendere trova alcuni luoghi, diversamente vincolanti, a cui riferirsi:
Qui solo una rigorosa comprensione del metodo scout ed una esperienza di capo prolungata mette l'educatore scout nella condizione di divenire abile nel dare il ritmo giusto a questo gruppo di ragazzi, in questo contesto.
Una parola meritano i progetti tematici o culturali. Il "tema" individuato come centro di un progetto � sempre un tema da "accentuare in un frangente". In questo senso non dovrebbe n� fagocitare a s� ogni altro tema; n� dar luogo ad una serie goffa e artificiosa di "sottopunti".
In area educativa l'articolazione del tema e la sua
scansione logica in attivit�, deve essere pensata in ordine alla comprensione
esistenziale del ragazzo. In campo educazionale il progetto tematico � orientato
all'elaborazione della cultura associativa.
Progettare, cio� costruire una ritmata scansione logica di azioni, se traduce in concreto nel disporre ritmicamente delle attivit�. Il reperimento delle attivit�, che il progettare dispone logicamente, � un momento dell'arte del capo scout che precede il progettare ed ha una obiettiva autonomia. B.P. su questo punto � chiaro: � la vita degli indiani, degli esploratori, degli uomini dei boschi il luogo a cui l'educatore scout deve rivolgersi per trovare quelle attivit� capaci di affascinare i ragazzi. Ed ai ragazzi piaceranno perch� "cose dei grandi". Osservare, scovare, strizzare le esperienze degli uomini per tirarvi fuori le attivit� scout, ecco il modo per reperire le attivit� a cui il progettare dar� ritmo e logica. Un progetto si fa con le attivit� che si conoscono e che si sono reperite con certosina pazienza osservando e strizzando la vita degli uomini. E questa � una abilit� che un capo esperto deve avere e deve trasmettere ai giovani capi. Se abbiamo poche attivit� trasformeremo tutte le nostre attivit� in carta crespa.
Nel rapporto fra promessa e progetto viene svelata l'ambiguit� di chi attribuisce al progetto la forza di mobilitare un'esistenza in una direzione. Nessuna sequenza logica di mete e/o tappe, obiettivi e strumenti, seppur rigorosi e condivisa � in grado di muovere una vita. Ci vuole qualcosa di diverso, di pre-progettato, di pre-logico, in grado di mobilitarci nell'esistenza. Nell'immagine dell'infanzia si rivela che cosa � decisivo a muovere l'esistenza verso il suo futuro: la vita si presenta al bambino come una promessa di Rene. La vita � una promessa di bene; ed a partire da questo carattere promettente dell'esistenza si apre lo spazio per il progettare come il dispiegarsi logico-ritmico di quella promessa la quale d� senso ad ogni successo e sostiene nel fallimento. L'enfasi sulla dimensione progettuale ha quasi totalmente oscurato il pi� radicale aspetto di promessa dell'esistenza.
Progetto di coppia; ma la liturgia nuziale dice: "Io prometto" Progetto di Dio; ma il termine di progetto, tradotto pi� precisamente con "disegno" ricorre 10 volte nel Nuovo Testamento, mentre il termine promessa 62 volte (la questione necessiterebbe di una trattazione pi� ampia). Venendo a noi la relazione educativa assume implicitamente la forma della promessa. Nel tempo in cui la vita si mostra al ragazzo esposta al rischio di deludere le promesse iniziali, l'adulto-educatore (dopo l'adulto-geniere) dispiega la propria esistenza di fronte al minore mostrando che le promesse di Bene annunciate, si realizzano "Io mi impegno (cio� ti prometto) a mostrarti che la mia esistenza nella quale si va realizzando fra infinite purificazioni il bene annunciato nel venire in questo mondo, � la tua disposizione perch� fu ne possa attingere liberamente tutte le volte che ti assale il sospetto che la vita sia una promessa mancata. E' in questo spazio (lo spazio della promessa-alleanza) che si colloca il progettare (forma metodica e ritmica) attraverso il quale mostrare, passo per passo, punto per punto, in ogni aspetto, il carattere buono e bello del vivere.
I progetti possono passare di mano in mano, di capo in
capo, ma quella promessa-alleanza che li sosteneva e che li faceva sussistere
nella sostanza della relazione educativa non � passabile ad altri. Certi
abbandoni o cambiamenti di unit� da parte dei capi non sono salvati dalla
continuit� di progetto ma consegnano quest'ultimo alla pratica inutilit�.
In senso pi� generale ed analogico,
vale nel rapporto tra capi-scout, il movimento scout nel suo complesso, la
societ� e la Chiesa. Lo scautismo si impegna/promette che attraverso il suo
metodo i ragazzi e le ragazze diventino buoni cittadini e buoni cristiani.
L'orientamento socio-politico e l'impegno ecclesiale articolatosi in innumerevoli progetti non � deformazione di alcuni, ma cerca di articolare una "promessa" politico-ecclesiale dello scautismo. Non di meno all'interno dell'associazione la reciproca promessa � che qui tutti cercano di fare scautismo con spirito creativo, ma con rigorosa fedelt� alle origini e all'associazione.
Non intendiamo quindi riferirci all'insuccesso a cui sono esposti i progetti mal pensati, senza logica, privi di ritmo, scanditi da attivit� di "carta crespa". L'inadeguatezza di tali progetti va immediatamente rilevata e con risolutezza vanno archiviati evitando patetici accanimenti e il conseguente logoramento di rapporti tra le persone protagoniste della vicenda. Vogliamo riferirei invece a progetti logici e ben ritmati per l'insuccesso dei quali non � possibile rifarsi all'inettitudine dei protagonisti m non in misura limitata. A questo riguardo l'insuccesso ci istruisce almeno in 3 punti:
Mi sembra di poter dire che il progettare implica al suo interno il coraggio di esporsi al fallimento o pi� precisamente di acutizzare il dramma del finire a cui � esposta ogni vita umana. Restare un poco su questo dramma prima di cercarne e trovarne una via d'uscita � doloroso, ma salutare per il raggiungimento della maturit� umana.
La scansione logica delle azioni/attivit� ha propri tempi i quali incrociano i tempi della coscienza. L'esperienza mi fa dire che i tempi di esecuzione di un progetto e la formazione della coscienza hanno forme e tempi radicalmente diversi. Solo accidentalmente coincidono.
I tempi della formazione della coscienza sono determinati dalla crescita fisica-psichica-intellettuale-spirituale e dalla storia personale. I tempi dei programmi sono segnati dagli anni, dalle uscite, dai convegni ... e presuppongono un implacabile procedere.
L'importante, mi sembra, non � cercare acrobatiche
convergenze, quanto prendere atto della legittimit� e insuperabili diversit�
delle due aree. In particolare la verifica dei progetti deve restare ben
ancorata alle azioni e alla plausibilit� logico-ritmica delle attivit�, evitando
intrusioni nell'area della coscienza per valutare la quale valgono altri
indicatori (i cambiamenti vitali) e ha altre sedi (amicizia, direzione
spirituale, confessione ...).
L'idea di "gettare lo sguardo pi� lontano", cos� cara allo spirito scout, contiene certamente un appello alla volont�, ma insieme da anche una tensione irrinunciabile della proposta e, pi� in generale, della vita. Nell'area biologica della giovent� (intesa in senso lato) questa tensione � addirittura una "propulsione fisica".
Sotto questo aspetto, cio� sotto l'aspetto di una tensione audace verso il "pi� lontano", nulla � pi� arido e pesante per i ragazzi e per noi che il progettare. I progetti, anche i migliori, non affascinano, ma hanno la forza di stanare dai nascondigli dell'interiorit� i desideri e i sogni. I sogni, che neppure noi certe volte sappiamo di avere, sono stanati nella nostra interiorit� dagli uomini e dalle donne che incontriamo e da noi come uomini e donne di fronte ai nostri ragazzi. Il carattere affascinante della meta/sogno mostrato dalle persone trasciner� con s� i progetti cos� che sar� bello scoprire che assieme alla meta � affascinante anche l'arrivarci.
Queste strade mi sembra che sblocchino molte situazioni, ma siano in s� ed alla lunga un poco deboli. Un poco di confusione � tolta distinzione educativo-educazionale. Resta il fatto che un buon progetto esige un alto livello di coerenza interna.
INDICE
pag. 1 Presentazione
pag. 2 |
Il Progetto Educativo (Anna Braghini) | |
pag. 28 |
II Progetto di Zona (Fabio Barbieri) | |
pag. 33 |
Perch� progettare? (Tina Italia) | |
pag. 41 |
Educare con un progetto (Anna Braghini) | |
pag. 49 |
Sul "Progettare" una "riflessione sapienziale" (Davide Brasca) |