"Francesco d'Assisi come uomo di pace"

Alessandro Marescotti   Gio 28 Set 95

Sogg : Francesco d'Assisi / mio intervento x CyberConvegno

La storia del Terz'Ordine dei francescani porta alla luce il concetto di OBIEZIONE DI COSCIENZA. La scelta di questi francescani laici era infatti quella di non portare portare armi e di non giurare fedelta' a chi deteneva il potere politico.

Ma cosa era il Terz'Ordine?
Dopo il Primo Ordine (quello dei frati francescani, istituito intorno al 1210), dopo il Secondo Ordine (quello femminile delle clarisse, fondato fra il 1212 e il 1214 da Chiara d'Assisi assieme a Francesco), venne il momento, intorno al 1221, del Terzo Ordine, formato da membri laici d'ambo i sessi. Questi laici facevano parte del movimento di rinnovamento francescano ma operavano "nel mondo, pur senza appartenere al mondo". Essi dovevano "fuggire la vita mondana" e tuttavia il Terzo Ordine era "indistintamente aperto ai preti e ai laici, alle vergini, alle vedove e ai coniugati", scriveva san Bonaventura.

Questi francescani laici entrarono ben presto in conflitto con il potere politico per diverse ragioni in quanto distribuivano i propri beni ai poveri e questo conferiva loro un notevole carisma. Pertanto vennero loro imposte "come castigo, tasse speciali, e al tempo stesso si proibi' ad essi di distribuire i loro beni ai poveri", scrive Giovanni Joergensen. (1)

Seguivano le parole del loro maestro Francesco che diceva: "Se noi possedessimo dei beni saremmo forzati ad avere, al tempo stesso, armi per difenderli". La regola del Terz'Ordine era quindi basata, oltre che sul "restituire ogni cosa ingiustamente acquistata" (e per questo venivano definiti "fratelli penitenti"), sull'impegno di non portare armi (paragrafo 3 della Regola), non accettare pubblici impieghi e non giurare fedelta' alle autorita' civili.

Questo "avere le mani libere" da ogni rapporto con il potere delle armi, della ricchezza e delle istituzioni, rendeva i francescani laici dei veri e propri obiettori di coscienza. E sorgevano problemi con il potere locale: ad esempio a Rimini, nel 1221, il Terz'Ordine contava moltissimi iscritti alla locale confraternita. Racconta Giovanni Joergensen: "Allorché il podestà richiese loro il consueto voto d'obbedienza, con il quale si impegnavano a prendere le armi quando i capi lo avessero comandato, i fratelli penitenti si ricusarono dal giurare, allegando la proibizione, imposta dalla Regola, di prestare giuramento e di impugnare le armi". La Regola del Terz'Ordine conteneva tutti gli impegni che i francescani laici si obbligavano a mantenere, e fra questi c'era l'obbligo di "fare pace con i nemici" (paragrafo 2 della Regola). Questo concetto - che anima il pensiero nonviolento - traspose il "conflitto" fra Terz'Ordine e potere politico su un terreno nuovo e non mancarono casi di riconciliazione. Con questa prassi nonviolenta "i fratelli penitenti - scrive sempre Joergensen - poterono effettuare nelle repubbliche italiane, sempre avide di lotta, un disarmo almeno parziale, e preparare le vie a futuri tempi piu' pacifici. Ancora una volta, era riuscito a Francesco e al movimento suscitato da lui di ammansire e addomesticare i "lupi" del medioevo."

La Regola aveva - nella condotta francescana rigorosamente obbediente ai ministri ecclesiastici - una particolarita': doveva essere osservata in tutto il suo rigore e doveva essere eseguita "anche contro la volonta' dei ministri", si legge nella "Legenda Antiqua". Questa obbedienza diretta alla Regola decideva in ultima istanza se seguire o meno la morale francescana in caso di interferenza da parte della gerarchia ecclesiastica del tempo.
Per Francesco la scelta della poverta', della pace e della nonviolenza erano beni superiori, non negoziabili con le gerarchie e direttamente attingibili dal Vangelo. Non diventavano armi di contestazione dentro la Chiesa ma dovere di testimonianza tersonale e di coerenza dentro il proprio movimento.

"Per Francesco - scrive Joergensen - la regola stava al di sopra dei ministri, e il voto d'obbedienza si faceva alla regola e non ai ministri".
Facendo un paragone un po' strano - e forse per certi aspetti fuori luogo - cio' fa pensare al concetto di obbedienza attualmente adottato all'interno delle Forze Armate italiane: il giuramento di fedelta' dei militari viene fatto rispetto alla Costituzione e non rispetto ai superiori. E pertanto in caso di ordine dei superiori che contrastasse con il giuramento alla Costituzione, il militare oggi ha il diritto/dovere di mantenersi fedele alla Costituzione, anche a costo di disobbedire.

In ultimo un accenno alla nonviolenza in Francesco d'Assisi che anticipa l'attuale morale vegetariana: "Non aveva mai potuto soffrire di veder condurre gli agnelli al macello: quelle bestiole gli rammentavano Gesu' condotto sul Golgota; e sempre aveva cercato, quando aveva potuto, di ottenerne la liberta'", racconta Joergensen. Arrivo' a presentarsi - dopo aver acquistato un agnello destinato al macello - al vescovo di Osimo, nella Marca di Ancona. Comparve in quello strano modo al cospetto di un suo superiore, accompagnato da un animale e compiendo l'ennesimo strappo alle regole del tempo e annunciando quelle novita' che ancora oggi stentiamo a comprendere.

Alessandro Marescotti

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(1) Giovanni Joergensen, "San Francesco d'Assisi", ediz. Porziuncola, Assisi, 1983