Politica dell'azione nonviolenta
Questo è un esame dell' A.S.I.LO. della pace
una proposta di
A.utoformazione S.upportata I.nterdisciplinare
de.LO.calizzata
una particolare università della pace basata
non su lezioni di professori ma sull'impegno, sullo studio personale dello
"studente" che diventa protagonista, a partire dai propri interessi, dalle
proprie scelte ... anche se concordate con un tutor e con una struttura di
supporto.
In particolare questo tratta della teoria di Gene Sharp
così come appare nei tre volumi: "Politica dell'azione nonviolenta".
Non sarà un semplice raccontare quanto ho letto,
piuttosto quanto mi è sembrato importante e quanto mi ha stimolato.
E quanto può essere utile proprio in questo 2003 e nel prossimo futuro.
Non è una conferenza, specialmente in questo caso dei libri di Sharp appunto,
per i quali è importante all'inizio un lavoro personale e di gruppo,
e nel prosieguo tenerli a portata di mano proprio come un manuale per adattare
l'azione alla realtà del momento.
La teoria pragmatica di Sharp non si vuole occupare della nonviolenza
filosofica e personale, delle scelte di vita; e neanche dei conflitti
interpersonali. Per quelli e questi ultimi sono facilmente rintracciabili altri
personaggi di riferimento, non ultima Pat Patfoort.
Sono aspetti presupposti nel suo trattare la "politica dell'azione
nonviolenta" , cioé della nonviolenza "in attività" applicata ai conflitti tra
gruppi +/- grandi, classi sociali eccetera
In effetti Sharp sembra particolarmente impegnato a dimostrare
l'efficacia della nonviolenza
applicata all'azione politica
allestendo un impianto metodologico,
sistematico, scientifico.
Con l'obiettivo di dare dignità
scientifica non ad una fredda teoria astratta, ma alla nonviolenza come è
stata vissuta concretamente nelle lotte di popoli, di gruppi in situazioni
storiche reali di emarginazione, di repressione. Cosa evidente
nella lista degli esempi storici, concreti di lotta nonviolenta,
che ci fornisce Sharp
alcune parole chiave che mi sembrano particolarmente importanti ...
- STRATEGIA - cioé progettualità, programmazione ...
l' azione, la lotta nonviolenta non iniziano e concludono con una singola
manifestazione, con una marcia una volta l'anno. Questi possono essere tasselli
di un piano più grande che ha una certa durata nel tempo.
Vuol dire avere le idee chiare sulle cose
da fare nei diversi momenti lungo lo sviluppo dell'azione.
Anche prevedendo le reazioni, che possono essere anche repressive, all' azione
nonviolenta
- MONOLITISMO - è il maggiore nemico di Sharp che sciorina i problemi
in punti e schemi proprio per evitare semplificazioni riduttive e invece
andare a fondo nelle pieghe delle situazioni scomponendo situazioni
apparentemente irrisolvibili in parti che possono essere affrontare e risolte
singolarmente
- Ad esempio dedica ben un terzo del suo scritto
a smontare la teoria monolitica del potere, citando Gandhi dice :
"in politica, l'uso di questo i metodo si fonda sul principio immutabile
secondo cui è possibile governare un popolo soltanto sino a quando esso
consenta, coscientemente o meno, ad essere governato".
Esiste quindi una servitù volontaria sulla quale si deve far leva per togliere
consenso al potere.
Ora in pochi minuti non è possibile riassumere tutto l'impianto del primo
volume dell'edizione italiana del testo fondamentale di Sharp,
ma è importante almeno citare la teoria dei LOCI del potere, delle singole
piccole realtà di potere così come emergono dalla scomposizione dell'apparente
unitarietà del "potere" come a volte viene disegnato.
L' insieme di queste parti, che sono anche terze parti rispetto a chi fa
l'azione e al potere che la riceve, crea un certo equilibrio che può essere
alterato dalla nostra azione.
Occorre fare attenzione che la perdita di potere di alcuni LOCI, che possono
essere ad esempio un sindacato, un ente locale o altro, non vada a rendere più
forte la controparte
a squilibrare ulteriormente la bilancia del potere in senso sbagliato.
-
la logica scientifica e anti-monolitica di Sharp è impareggiabile anche quando
tratta delle tecniche dell'azione nonviolenta. Spesso utilizziamo solo
una tecnica alla volta, ma il considerare l' esistenza del vasto universo di
tecniche possibili, grazie alla classificazione operata nel secondo volume, può
rendere la nostra azione più aderente alle esigenze delle circostanze, più
vicina alla realtà delle persone coinvolte da una parte o dall'altra
dell'azione, come pure delle parti terze che osservano soltanto.
Affinare la nostra sensibilità sulla percezione della situazione, sulle
emozioni dell' altra parte in conflitto, per determinare quale tecnica possa
essere più vicina alla logica della nonviolenza in questo caso specifico
è un gradino ulteriore nella nostra formazione.
- guardare
- abbiamo detto qualcosa riguardo osservare tutte le parti sulle scena del
conflitto : L'altra parte, le terze parti sulla scena del conflitto cosa
possono fare, dove possono arrivare, i loro vincoli, i loro limiti
- un'altra lezione di Sharp è che si impara dalla Storia -
dalla nonviolenza dei popoli: ad esempio l'episodio delle sito delle scorie a
Scanzano Jonico andrebbe studiato proprio sul tema della nonviolenza
politica che si oppone e vince nei confronti del potere costituito
- - - - - - - -
Per concludere:
Una citazione da un articolo di Nanni Salio:
"Ma perché l'azione nonviolenta collettiva,
su larga scala, sia efficace occorrono altre condizioni: formazione, training,
organizzazione, studio, disciplina, strutture logistiche, come ci insegna Gene
Sharp nella sua opera sempre attuale e fondamentale"
e infine : un problema semmai è come "tradurre" la teoria di Sharp in italiano,
rendere comprensibile la sua importanza ad un pubblico italiano.
Io suggerirei solo un cognome: Capitini.
Ma questa è un'altra storia.
materiali utili
Quaderni Satyagraha: il metodo nonviolento per trascendere i conflitti e
costruire la Pace.
Il Movimento per la Pace ha di fronte a sé il compito di dotarsi, secondo
l'invito di Gene Sharp, di una strategia che porti ad alternative funzionali
agli eserciti e agli armamenti nel compito della difesa, della gestione delle
crisi internazionali e del mantenimento della Pace. In questa ottica sentiamo
impellente l'urgenza di uno strumento di approfondimento e di formazione al
metodo nonviolento.
Satyagraha, il nome scelto per la rivista, esprime
immediatamente il richiamo al paradigma sperimentale, creativo e costruttivo
della nonviolenza gandhiana: Sat è l'essere, la verità intesa non come dogma da
imporre, ma come ricerca, tensione verso la verità; Agraha è il potere della
nonviolenza che agisce nei conflitti per trasformarli e trascenderli verso
realtà di Pace.
La nonviolenza si presenta come metodo sperimentale di una
scienza dei conflitti.
Nel sottotitolo, il riferimento al metodo indica,
secondo l'etimologia del vocabolo greco méthodos, la `via' (hodós) che conduce
oltre (metá) il conflitto, che "lo trascende". Il metodo nonviolento nel porre
l'attenzione sul rapporto mezzi-fini si afferma come una nuova razionalità
nella gestione dei conflitti più efficace delle strategie militari. A partire
dalla consapevolezza che il conflitto di per sé non è distruttivo, il metodo di
approccio al conflitto è decisivo per trasformare in modo nonviolento le realtà
strutturali che generano l'ingiustizia e la guerra.
Alla pubblicazione di una
rivista di approfondimento scientifico della nonviolenza arriviamo con un
ritardo quasi cinquantennale rispetto all'Europa del Nord e agli Stati Uniti,
che hanno avuto come battistrada studiosi come Johan Galtung, Kenneth Boulding
e Gene Sharp. L'Italia ha avuto innumerevoli maestri della nonviolenza
(Capitini, don Milani, Lanza del Vasto, Danilo Dolci, ecc.), ma la loro azione
è stata emarginata dalle grandi istituzioni culturali e ciò ha per lungo tempo
impedito il passaggio a una riconoscimento istituzionale dei Peace Studies,
trattati con diffidenza dal mondo accademico, perché giudicati incapaci di
assumere uno statuto di oggettività e avalutatività che deve sempre
contraddistinguere la ricerca scientifica.
Johan Galtung nella sua magistrale
opera di precursore ha ampiamente confutato questo tipo di obiezioni e ha
delineato con chiarezza i caratteri del paradigma scientifico degli studi sulla
Pace, facendo ricorso all'efficace immagine della prassi medica nei termini del
triangolo diagnosi-prognosi-terapia. Alla fase dello studio e della
conoscenza, segue l'acquisizione di capacità funzionali per intervenire con una
cura appropriata alla malattia, di cui la violenza è la manifestazione
sintomatica.
La distinzione tra violenza diretta e violenza strutturale,
l'indagine sulle cause profonde della violenza radicata nelle culture dei
popoli, i nessi tra conflitto e sviluppo, tra sicurezza e disarmo, il discorso
sulle alternative tra modelli di sviluppo diversi, il legame inscindibile tra
pace e giustizia, la distinzione tra pace positiva e pace negativa,
l'approfondimento teorico del metodo gandhiano per trascendere i conflitti,
sono le tante acquisizioni di un percorso intellettuale da cui non si può
prescindere e che costituirà la base ispiratrice della rivista che intendiamo
realizzare.
"Quaderni Satyagraha" pubblicherà saggi dei maggiori
studiosi di tutto il mondo ma si propone anche di stimolare e promuovere
l'emergere di giovani ricercatori italiani nell'ambito dei Peace Studies. Esce
il primo anno come semestrale, sperando di poter presto assumere la periodicità
quadrimestrale o trimestrale, in rapporto al successo che incontrerà tra i
lettori ed i ricercatori.
Il primo numero (stampato grazie ad un finanziamento
della Regione Toscana e e dell'Associazione Amici di Tolstoj) è stato inviato
come saggio. Abbiamo chiesto di valutare liberamente la validità e l'interesse
di questa pubblicazione e di contribuire all'uscita dei numeri successivi
acquistando la copia ricevuta (versamento consigliato di almeno 15 Euro) o
sottoscrivendo un abbonamento a due numeri effettuando al più presto un
versamento minimo di 30 Euro sul ccp n. 19254531 intestato a "Centro Gandhi -
Associazione per la Nonviolenza ONLUS, L.go Duca D'Aosta, 11 56123 Pisa",
specificando come causale "Acquisto di un numero di Quaderni Satyagraha" o
"Abbonamento per due numeri a Quaderni Satyagraha".
Uomini di pace
Schede bibliografiche su donne e uomini
che hanno contribuito alla cultura della pace
a cura di Peppe Sini
GENE SHARP
Profilo biografico: è nato nell'Ohio (USA) nel 1928. Ha insegnato in diverse
università e dirige istituti e programmi di ricerca per le alternative
nonviolente nei conflitti e nella difesa.
Opere di Gene Sharp: Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1985-1997; quest'opera in tre volumi è un testo di riferimento
fondamentale per chiunque operi in situazioni di conflitto e intenda adottare
le tecniche della nonviolenza o promuovere la teoria-prassi nonviolenta. Di
Sharp in italiano è disponibile anche Verso un' Europa inconquistabile,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989. Opere su Gene Sharp: non conosciamo
monografie in volume; alla sua opera principale fanno riferimento molti autori
che si occupano di peace research.
Indirizzi utili: "Azione Nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona; Edizioni
Gruppo Abele, via Carlo Alberto 18, 10123 Torino.
Stampato in proprio, Viterbo, 11 novembre 1997
Per corrispondenza: via Cassia 114, 01013 Cura di Vetralla (VT)
links utili:
4. MATERIALI. GENE SHARP:
SOMMARIO DEI FATTORI CHE DETERMINANO L'ESITO DELLE LOTTE NONVIOLENTE
[Il brano seguente costituisce l'appendice (pp. 311-313) che conclude il
terzo volume dell'opera fondamentale di Gene Sharp, Politica dell'azione
nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997.
Gene Sharp è nato nell'Ohio (USA) nel 1928. Ha insegnato in diverse
università e dirige istituti e programmi di ricerca per le alternative
nonviolente nei conflitti e nella difesa. Opere di Gene Sharp: Politica dell
'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997; quest'opera in
tre volumi è un testo di riferimento fondamentale per chiunque operi in
situazioni di conflitto e intenda adottare le tecniche della nonviolenza o
promuovere la teoria-prassi nonviolenta. Di Sharp in italiano è disponibile
anche Verso un'Europa inconquistabile, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989]
I fattori che
determinano l'esito delle lotte nonviolente possono essere raggruppati in
quattro classi: fattori legati al sistema sociale, al gruppo avversario, alle
terze parti e al gruppo nonviolento. Quelli legati alla situazione sociale sono
i piu' stabili, entro i limiti in cui normalmente e' costretta ad operare
l'azione nonviolenta. In questo gruppo sono possibili dei cambiamento sul lungo
periodo, ma nel breve arco temporale di una lotta condotta con l'azione
nonviolenta non e' possibile farvi affidamento, tranne in certe circostanze
(cfr. piu' sotto il punto 1.4). La maggior parte dei fattori degli altri tre
gruppi variano moltissimo nel corso della lotta. La natura reale della dinamica
dell'azione nonviolenta non dipende solo da questi cambiamenti, ma li produce
anche, probabilmente in misura maggiore che nelle lotte violente paragonabili.
Quasi tutti questi fattori subiranno continue variazioni durante la lotta;
l'unico problema e' se tali cambiamenti porteranno a un relativo rafforzamento
degli attivistinonviolenti o dei loro avversari.I. Fattori associati alla
situazione sociale
1. Livello del conflitto di interesse tra i due
gruppi.
2. Distanza sociale tra i due gruppi.
3. Grado di
condivisione delle convinzioni e delle norme tra i due gruppi.
4. Grado di
atomizzazione del gruppo di protesta (e in qualche caso delgruppo avversario),
cioe' di isolamento degli individui, con la maggiorparte del potere politico e
sociale condensato in un centro, oppure di presenza di gruppi sociali e
istituzioni ("luoghi" di potere) capaci di esercitare e ritirare il
potere.II. Fattori associati al gruppo avversario
1. Grado di
dipendenza dell'avversario, per le sue fonti di potere, da coloro che possono
ritirare la loro collaborazione e la loro obbedienza.
2. Grado di
disobbedienza che l'avversario puo' tollerare senza mettere seriamente in
pericolo la sua posizione di potere; quanto minori sono il non conformismo e il
dissenso normalmente consentiti, tanto maggiore sara' la sfida quando si
manifesteranno.
3.Grado di convinzione dell'avversario e dei suoi normali
sostenitori della correttezza e della giustificazione dei mezzi di repressione
usati controgli attivisti nonviolenti.
4. Mezzi di controllo, compresa la
repressione, che l'avversario puo' usare nel tentativo di sconfiggere la sfida
nonviolenta.
5. Periodo di tempo massimo durante il quale l'avversario
puo' continuare a mantenere la sua posizione e il suo potere di fronte
all'azione nonviolenta.
6. Grado di efficienza con cui gli agenti della
repressione, gli amministratori e altri collaborano o meno con l'avversario,
sia mediante una deliberata inefficienza sia con l'ammutinamento.
7. Grado
e tipo di sostegno o di opposizione nel gruppo avversario per la politica e la
repressione attuate contro il gruppo nonviolento, con riferimento alla
popolazione in generale, distinta da La nonviolenza contro la guerra:
istruzioni per l'uso Peppe Sini10 aprile 1999 agenti speciali, aiutanti,
ecc.
8. Valutazione dell'avversario sul futuro del movimento, sulle
sue possibilita' di vittoria o di sconfitta, e sulle conseguenze di
entrambe.III. Fattori associati a terze parti
1. Grado nonviolento.
3. Grado in cui le terze parti passano da una posizione di e della simpatia
di terze parti per l'avversario e per il gruppo ario o al gruppo
nonviolento.
2. Livello di importanza non coinvolgimento a un sostegno
attivo, o di noncollaborazione, o di ostruzionismo nei confronti di uno dei
gruppi contendenti.
4. Grado in cui ciascuno dei gruppi in lotta sara'
aiutato od ostacolato dalla noncollaborazione o dall'ostruzionismo.IV.
Fattori associati al gruppo nonviolento
1. Possibilita' e capacita' di
organizzare l'azione nonviolenta o di agire spontaneamente a livello di gruppo
secondo i requisiti dell'azione nonviolenta.
2. Grado di convinzione degli
attivisti nonviolenti e del gruppo di protesta sulla correttezza della loro
causa.
3. Grado di fiducia nell'azione nonviolenta esistente tra gli
attivistino nviolenti e nel gruppo di protesta in generale.
4. Scelta
delle tecniche di azione nonviolenta, soprattutto se sono simboliche o
comportano la non collaborazione o l'intervento diretto, e se sono alla portata
degli attivisti nonviolenti.
5. Livello di fondatezza della strategia e
della tattica scelte o accettate per la lotta.
6. Richieste del gruppo
nonviolento che rientrino o meno nella sua capacita' di conseguirle.
7.
Capacita' relativa degli attivisti nonviolenti di mettere in pratica il metodo
nonviolento in quanto influenzati, per esempio, dalla loro passata esperienza o
dalla loro comprensione del metodo stesso.
8. Livello di disciplina
accettata spontaneamente nel gruppo nonviolento, cosicche' i piani sono attuati
efficacemente, con il massimo di chiarezza e di unita' nell'azione.
9.
Numero di attivisti nonviolenti, considerati rispetto alla qualita'
del movimento e al meccanismo mediante il quale si vuole ottenere
il cambiamento.
10. Grado di aiuto o di intralcio agli attivisti
nonviolenti dato dal gruppo di protesta, nel cui interesse essi possono
agire.
11. Equilibrio tra il livello di terrore che l'avversario puo' e
vuole esercitare e il livello di determinazione ad agire (indipendentemente
dalle sanzioni) dovuto al superamento della paura, al coraggio e
alla disponibilita' ad accettare la sofferenza come prezzo del cambiamento.
12. Durata del periodo di tempo durante il quale gli attivisti
nonviolenti riescono e sono intenzionati a continuare l'azione.
13.
Capacita' degli attivisti nonviolenti di mantenere nonviolenta la lotta.
14. Capacita' degli attivisti nonviolenti, in circostanze normali,
di mantenere aperte e non segrete le loro azioni.
15. Presenza e qualita'
di qualche tipo di leadership efficace, formale o informale, oppure capacita'
degli attivisti di agire uniti con disciplina e con strategia, tattica e
tecniche scelte con intelligenza senza un gruppo dirigente chiaramente
distinguibile.
16. Grado di abilita' degli attivisti nonviolenti nel
ricorrere a quelle azioni e a quegli atteggiamenti che possono aiutare a
convertire l'avversario.
17. Livello di controllo degli attivisti
nonviolenti e del gruppo di protesta in generale sulle loro fonti di potere,
oppure livello di controllo esercitato su di esse dall'avversario.
Come abbiamo gia' messo in evidenza, la maggior parte di questi
fattori, soprattutto negli ultimi tre gruppi, e' potenzialmente soggetta a
notevoli e continue variazioni nel corso della lotta condotta con l'azione
nonviolenta. L'esito e' quindi determinato dalla direzione e dall'ampiezza di
questi cambiamenti. Il grado in cui questi fattori sono sottoposti,
direttamente o indirettamente, al controllo dei membri del gruppo di protesta
e' sproporzionatamente alto nell'azione nonviolenta rispetto ai fattori
che influenzano l'esito delle lotte che usano tecniche violente.
*
L'azionediretta nonviolenta: una sintesi in nove punti
Per una prima
informazione una utile sintesi è offerta dal fondamentale lavoro di Gene Sharp,
Politica dell'azione nonviolenta, vol. I, alle pp. 132-133, che qui
riassumiamo: "E' opinione comune che l'azione nonviolenta possa portare alla
vittoria solo in tempi molto lunghi, più lunghi di quelli necessari alla lotta
violenta. Ciò può essere vero in alcuni casi, ma non è necessariamente sempre
così (.). Esaminando e correggendo i pregiudizi nei confronti dell'azione
non violentasiamo spesso in grado di farne risaltare con più evidenza le
caratteristiche positive:
I. (.) questometodo non ha niente a che vedere
con la passività, la sottomissione e la codardia; queste devono essere
prima rifiutate e vinte, proprio come in un'azione violenta.
II. L'azione
nonviolenta non deve essere messa sullo stesso piano della persuasione verbale
o puramente psicologica (.); è una sanzione e un metodo di lotta che comporta
l'uso del potere sociale, economico e politico e il confronto delle forze in
conflitto.
III.L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'uomo
sia fondamentalmente "buono", ma riconosce le potenzialità umane sia al "bene"
che al "male" (.).
IV. Coloro che praticano l'azione nonviolenta non
sono necessariamente pacifisti o santi; l'azione nonviolenta è stata praticata
il più delle volte e con successo da gente "qualsiasi".
V. Il successo di
un'azione nonviolenta non richiede necessariamente (sebbene possa esserne
facilitato) basi e princìpi comuni o un alto grado di comunanza di interessi e
di vicinanza psicologica tra i gruppi in lotta (.).
VI. L'azione nonviolenta
è un fenomeno occidentale almeno quanto orientale (.).
VII. L'azione
nonviolenta non si basa sul presupposto che l'avversario si astenga
dall'uso della violenza contro i nonviolenti, ma prevede di dover operare, se
necessario, contro la violenza.
VIII. Non c'è nulla nell'azione nonviolenta
per prevenire che venga usata tanto per cause "buone" quanto per
cause"cattive", sebbene le conseguenze sociali in quest'ultimo caso siano molto
diverse da quelle provocate dalla violenza impiegata per lo stesso
scopo.
IX. L'azione nonviolenta non serve solo nei conflitti interni
a sistemi democratici, ma è stata largamente praticata contro regimi
dittatoriali, occupazioni straniere e anche contro sistemi totalitari".
* Le tecniche della nonviolenza
Il più ampio repertorio di
tecniche della nonviolenza è costituito dal secondo volume della fondamentale
opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta: 2. le tecniche, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 1986. Sharp descrive 198 tecniche di
azione nonviolenta.
L'elenco proposto da Sharp è organizzato nel modo
seguente:
1. tecniche di protesta epersuasione nonviolenta, comprendenti
dichiarazioni formali, forme di comunicazione rivolte a un pubblico piùvasto,
rimostranze di
gruppo, azioni pubbliche simboliche, pressioni su singoli
individui, spettacoli e musica, cortei, onoranze ai morti, riunioni pubbliche,
abbandoni e rinunce.
2. Tecniche di noncollaborazione sociale, comprendenti
ostracismo nei confronti delle persone, noncollaborazione con
eventi, consuetudini ed istituzioni sociali, ritiro dal sistema sociale.
3.
Tecniche di noncollaborazione economica, comprendenti a) i boicottaggi
economici: azioni da parte dei consumatori, azioni da parte di lavoratori e
produttori, azioni da parte di mediatori, azioni da parte di proprietari e
negozianti,
azioni di natura finanziaria, azioni da parte di governi; b) gli
scioperi, tra cui gli scioperi simbolici, scioperi dell'agricoltura, scioperi
di gruppi particolari, scioperi normali dell'industria, scioperi limitati,
scioperi di più industrie, combinazioni di scioperi e blocchi economici (tra
cui l'hartal, ed il blocco economico).
4. Tecniche di noncollaborazione
politica, comprendenti rifiuto dell'autorità, noncollaborazione di cittadini
col governo, alternative dei cittadini all'obbedienza, azioni da parte di
personale governativo, azioni governative interne, azioni governative
internazionali.
5. Tecniche di intervento nonviolento, comprendenti
intervento psicologico, intervento fisico, intervento sociale, intervento
economico, intervento politico.
Un bel libro sulle tecniche della
nonviolenza è ancora quello classico di Aldo Capitini, Le tecniche della
nonviolenza, di recente ristampato da Linea d'Ombra Edizioni, Milano.
*
L'addestramento alla nonviolenza
Citiamo da Aldo Capitini (Le tecniche
della nonviolenza, p. 127): "Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e
la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali
percui è necessaria questa parte sono queste:
I. l'attuazione della
nonviolenza non è di una macchina, ma di un individuo, che è un insieme fisico,
psichico e spirituale;
II. la lotta nonviolenta è senza armi, quindi c'è
maggior rilievo per i modi usati, per le qualità del carattere che si
mostra;
III. una campagna nonviolenta è di solito lunga, e perciò è utile un
addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
IV. la lotta
nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici: bisogna già sapere che cosa
sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con
tutto il loro peso;
V. le campagne nonviolente sono spesso condotte da
pochi, pochissimi, talora da una persona soltanto; bisogna che uno si
sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino
staccato dalla famiglia".
*Alcune schede da L'Abate (a cura di),
Addestramento alla nonviolenza
Sull'addestramento alla nonviolenza in
italiano c'è un buon manuale, a cura di Alberto L'Abate, Addestramento alla
nonviolenza, Satyagraha Editrice, Torino 1985; il libro ha per sottotitolo
"introduzione teorico-pratica ai metodi", ed in effetti affianca ad alcuni
saggi analitici anche una serie di esercizi pratici e due utili appendici, una
sul teatro politico di strada, ed una di brevi schede su vari aspetti della
nonviolenza.
Riportiamo qui in sintesi alcune schede dal libro curato da
L'Abate.
* I quattro princìpi fondamentali dell'azione diretta nonviolenta:
1. definite i vostri obiettivi; 2. comportatevi con onestà ed ascoltate
bene; 3. amate i vostri avversari; 4. date agli avversari una via d'uscita.
* Sei mosse strategiche dell'azione nonviolenta: indagate; negoziate;
educate; manifestate; resistete; siate pazienti.
* Quattro
suggerimenti pratici: siate creativi; preparate i vostri partecipanti;
comunicate; controllate gli eventi.
* Presupposti validi della nonviolenza:
1. i mezzi devono essere adeguati ai fini; 2. rispettare tutte le forme di
vita; 3.trasformare le opposizioni piuttosto che annientarle; 4. ricorrere a
creatività, spirito, amore; 5. mirare a cambiamenti incisivi.
* Risposta
nonviolenta alla violenza personale: 1. formulate con chiarezza i
vostri obiettivi; 2. non lasciatevi intimorire; 3. non intimorite; 4. non
abbiate timore di affermare ciò che è ovvio; 5. non comportatevi da vittime; 6.
cercate di tirar fuori la parte migliore della personalità del vostro
avversario; 7. non bloccatevi al cospetto della violenza fisica; 8. continuate
a parlare e ad ascoltare. La comunicazione è il fulcro della nonviolenza.
*
Indicazioni procedurali per la discussione e l'azione nonviolenta: 1. nella
discussione praticate il giro degli interventi; 2. condividete le abilità
e praticate la rotazione delle responsabilità; 3. valorizzate i sentimenti; 4.
lavorate insieme in modo cooperativo; 5. incontratevi anche separatamente; 6.
incontratevi in piccoli gruppi; 7. usate il metodo del consenso nel prendere le
decisioni.
* Piano di lavoro per una campagna di lotta
nonviolenta
Preliminarmente:
- chi vuole partecipare ad una campagna di
lotta nonviolenta deve essere disposto a condividere rigorosamente gli
obiettivi, i metodi e la disciplina collettiva, che devono quindi
essere preliminarmente discussi fin nei minimi dettagli affinché sia chiaro a
tutti per cosa ci si impegna e come: una lotta nonviolenta ha delle regole
rigorose e richiede ai partecipanti un impegno serio, una adeguata
preparazione, convinzione e condivisione, coerenza e disciplina, capacità
critica e creativa, rispetto per gli altri.
I. conoscere:
-
informarsi
- raccogliere documentazione
- studiare
II. definire
gli obiettivi:
- obiettivi finali ed intermedi
- tempi
dell'iniziativa
- risorse finanziarie ed umane
- organizzazione e
compiti
- interlocutori da coinvolgere
- strumenti di verifica periodica
edi eventuale ridefinizione degli obiettivi
III. iniziative e loro
gradualità:
- rendere note le proprie richieste/proposte
- notificarle
agli interlocutori specifici
- diffondere l'informazione alla società in
generale
- protestare contro l'ingiustizia
- agire contro
l'ingiustizia
- mantenere sempre aperta la comunicazione.
* Il Manuale
per l'azione diretta nonviolenta di Walker
Uno strumento di lavoro a
nostro avviso insuperato è il breve testo di Charles C. Walker, Manuale per
l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982.
Ne riportiamo il sommario: 1. Preparazione. 2. Lancio di unprogramma
costruttivo. 3. Aspetti generali del metodo. 4. L'addestramento. 5. Il piano
dell'azione. 6. I preparativi dell'azione. 7. Studio della situazione legale.
8. Messa a punto di una disciplina collettiva. 9.Sviluppo di una campagna di
propaganda. 10. Raduno dei partecipanti. 11. Inizio dell'azione. 12.
Come fronteggiare le rappresaglie. 13. Mantenere la vitalità del movimento. 14.
I dirigenti. 15. Quando la lotta si prolunga.
La politica dell'azione nonviolenta (tre volumi,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1997). I punti salienti del lavoro di
Sharp sono i seguenti: la nonviolenza politica si basa su una diversa teoria
del potere, che ha avuto modo di dimostrare la sua efficacia nel corso della
storia in svariati e numerosi casi, in ogni latitudine e sotto ogni tipo di
governo, democratico e/o totalitario, compreso il nazifascismo; i casi di
studio sono talmente significativi che soltanto una pigrizia intellettuale,
un permanere di concezioni teoriche errate, una narrazione storica miope e
un insieme di interessi contingenti e limitati hanno impedito sinora che le
tecniche e i metodi della nonviolenza si diffondessero piu' di quanto e'
gia' avvenuto. (Nanni Salio)
indice
volume primo : potere le lotta
capitolo 1
la natura e i controllo del potere
politico
- QUAL È LA NATURA
FONDAMENTALE DEL POTERE POLITICO?
- LE
RADICI SOCIALI DEL POTERE POLITICO
- le fonti del potere
- autorità
- risorse umane
- capacità e conoscenza
-
fattori indefinibili
- risorse materiali
- sanzioni
- queste fonti dipendono dall'obbedienza
- PERCHÈ GLI UOMINI OBBEDISCONO?
- le
ragioni sono varie e molteplici
- abitudine
- paura delle sanzioni
- obbligo morale
- il bene comune della società
- fattori superumani
- legittimità degli ordini
- interesse personale
- identificazione psicologica con il governante
- zone di indifferenza (e margine di tolleranza)
- mancanza di fiducia in se stessi da parte dei sudditi
- come il governante ottiene la collaborazione dei propri funzionari ed
agenti
- l'obbedienza non è ineluttabile
- IL RUOLO DEL CONSENSO
- l'obbedienza è essenzialmente volontaria
- il consenso può essere ritirato
- un cambiamento psicologico: dalla sottomissione passiva al rispetto di sé
e al coraggio
- la presa di coscienza da parte dei sudditi che il
sistema si regge sul loro consenso
- la formazione di una ferma
volontà di ritirare la collaborazione e l'obbedienza
- VERSO UNA TEORIA DEL CONTROLLO NONVIOLENTO DEL
POTERE POLITICO
- controlli tradizionali
- autolimitazione
- misure istituzionali
- attivazione di mezzi violenti più forti
- teorizzatori del ritiro dell'appoggio
- l'effetto politico della noncollaborazione
- ostruzionismo burocratico
- la noncollaborazione popolare
- verso un metodo di controllo del potere politico
Capitolo Secondo
La base strutturale per il controllo dei
governanti
- La struttura della società influenza le possibilità
di controllo
- Il ruolo dei LOCI diffusi di potere nel controllo del
potere politico
- I LOCI di potere pongono dei limiti al potenziale di potere del
governante
- attacchi deliberati ed effetti non intenzionali possono
indebolire i LOCI del potere
- altri fattori possono influire sui
governanti, ma non controllarli
- le forme delle istituzioni sono secondarie rispetto
all'effettiva distribuzione delpotere
- forti LOCI del potere possono controllare i tiranni
- la distribuzione dei LOCI del potere può giovare alla tirannia
- l'effettiva distribuzione dle potere può infuire sulle forme
istituzionali del governo
- il controllo del potere politico come risultato della
forza intrinseca
- implicazione di questa
analisi per il controllo del potere politico
- le costituzioni non sono sufficienti per controolare il potere del
governante
- anche il semplice cambiamento dei governanti è
insufficiente a stabilire un controllo duraturo
- la distribuzione del
potere è essenziale per un controllo duraturo
Capitolo Terzo
L' azione nonviolenta : una forma attiva di lotta
- Caratteristiche dell' azione nonviolenta
- un particolare tipo di azione
- motivi, tecniche e azioni di lotta
- idee sbagliate da correggere
- un tipo di lotta trascurato
- esempi del passato
- alcuni esempi storici dell'antichità
- la diffusione della lotta nonviolenta prima di Gandhi
- esempi degli inizi del XX secolo
- il contributo di Gandhi
- lotte contro i nazisti
- le insurrezioni civili in America Latina
- rivolte contro regimi comunisti
- lotte per i diritti civili in America
- uno sviluppo che continua
- alla ricerca di un approfondimento
volume secondo : le tecniche
Capitolo Quarto
Le tecniche di protesta e persuasione nonviolenta
- Dichiarazioni formali
- Forme di comunicazione rivolte ad un pubblico più vasto
- Rimostranze di gruppo
- Azioni pubbliche simboliche
- Pressioni su singoli individui
- Spettacoli e musica
- Cortei
- Onoranze ai morti
- Riunioni pubbliche
- Abbandoni e rinunce
Capitolo Quinto
Le tecniche di noncollaborazione sociale
- Ostracismo nei confronti delle persone
- Noncollaborazione con eventi,consuetudini e istituzioni social
- Ritiro dal sistema sociale
Capitolo Sesto
Le tecniche di noncollaborazione
economica
1. I boicottaggi economici
- Azioni da parte di consumatori
- Azioni da parte di lavoratori e produttori
- Azioni da parte di mediatori
- Azioni da parte di proprietari e negozianti
- Azioni di natura finanziaria
- Azioni da parte di governi
Capitolo Settimo
Le tecniche di noncollaborazione economica
2. Gli scioperi
- Scioperi simbolici
- Scioperi dell'agricoltura
- Scioperi di gruppi particolari
- Scioperi normalidell'industria
- Scioperi limitati
- Scioperi di più industrie
- Combinazioni di scioperi e blocchi economici
Capitolo Ottavo
Le tecniche di noncollaborazione politica
- Rifiuto dell'autorità
- Noncollaborazione di cittadini col governo
- Alternative dei cittadini all'obbedienza
- Azioni da parte di personale governativo
- Azioni governative interne
- Azioni governative internazionali
Capitolo Nono
Le tecniche di intervento nonviolento
- Intervento psicologico
- Intervento fisico
- Intervento sociale
- Intervento economico
- Intervento politico
Conclusione
Appendice. Le forme di azione nonviolenta in Italia dal 1945 ad oggi di Matteo
Soccio
Elenco delle tecniche
volume terzo: la dinamica
Capitolo Decimo
Le basi dell'azione nonviolenta
- Affrontare il potere dell'avversario
- Rischi e varianti nell'azione nonviolenta
- Liberarsi dalla paura
- Cause sociali dei cambiamenti di potere
- La leadership in una lotta nonviolenta
- La preparazione di una lotta nonviolenta
- Azione aperta e segreto nella lotta nonviolenta
- Elementi fondamentali di una strategia nonviolenta
- L'ultimatum
Capitolo Undicesimo
La sfida scatena la repressione
- Porre fine alla sottomissione
- Polarizzazione iniziale seguita da uno spostamento di potere
- Il problema iniziale dell'avversario
- La repressione
- Perseveranza
- La necessità della sofferenza
- Di fronte alle brutalità
Capitolo Dodicesimo
Solidarietà e disciplina per combattere la
repressione
- La necessità della solidarietà
- Neutralizzare la repressione
- L'avversario preferisce la violenza
- Necessità di una condotta nonviolenta
- Come la violenza può indebolire il movimento
- Sabotaggio e azione nonviolenta
- Altri modi per cadere nella violenza
- La necessità della disciplina
- Sviluppare la disciplina nonviolenta
- Il rifiuto di odiare
- La repressione è inefficace
Capitolo Tredicesimo
Il jujitsu politico
- Conquistare l'appoggio di terze parti non ancora schierate
- Far nascere dissenso e opposizione nel campo dell'avversario
- Sviluppare il sostegno e la partecipazione del gruppo di protesta
- Repressione meno dura e contro-nonviolenza
Capitolo Quattordicesimo
Tre strade per ottenere il successo
- La conversione
- Accomodamento
- Coercizione nonviolenta
- Una conclusione vittoriosa
Capitolo Quindicesimo
La ridistribuzione del potere
- Effetti sul gruppo nonviolento
- La diffusione del potere e il metodo nonviolento
Conclusione
Appendice
Sommario dei fattori che determinano l'effetto delle lotte nonviolente