di Davide Melodia
In una società violenta, la violenza comporta dei rischi, ma la nonviolenza ne comporta di più. Prima di tutto perché è fraintesa, restando, nell'idea dei più, la politica di chi è debole, arrendevole, non combattivo, alieno da ogni forma di lotta.
Molti si sono fermati al concetto della "resistenza passiva", che è stata superata sin dalla fine dell' '800 in Sud Africa da Gandhi, con il "satyagraha", che è l'adesione alla verità - da cui procede la forza della nonviolenza.
Da qui nasce la "resistenza attiva nonviolenta".
La nonviolenza si trova ed opera fra i due estremi della rassegnazione e della violenza.
Dall' incomprensione al rischio il passo è breve.
L'insulto, l'offesa e la diffamazione del nonviolento la seguono come un'ombra.
E sono pochi coloro che cercano di capire, e, quando lo fanno, rispettano il nonviolento.
Applicando nella vita e nella lotta politica la nonviolenza ho corso molti rischi, e mi sono reso conto che, ogni volta che la mia azione corrispondeva alla verità, la paura non esisteva.
Ma, sia per natura, che per auto-educazione e per principio, non mi sta bene di correre dei rischi che non ho accettato né scelto personalmente.
Quando mi ritraggo da una situazione pericolosa, non si tratta mai di timore, ma del fatto che quella situazione non l'ho cercata io.
E se non l'ho cercata, ho sicuramente avuto le mie buone ragioni.
Esempio: Le marce antimilitariste nonviolente, durante le quali abbiamo subito l'aggressione di reazionari, di nemici politici o di polizia male informata, non siamo fuggiti, non abbiamo chiesto scusa, non siamo venuti a compromessi, abbiamo subito percosse . . . arresti e processi. E siamo stati sempre assolti per avere dimostrato di avere alti ideali e di non avere esercitato alcuna violenza.
E tutto questo perché partecipare era una nostra scelta, nella consapevolezza dei rischi che una marcia antimilitarista in una società militarista comporta.
Ci sono fior di documenti e una storia che provano quanto sopra.
Gli infiltrati, durante una manifestazione dichiaratamente e coerentemente nonviolenta in ogni suo aspetto e momento, si possono scoprire, isolare e neutralizzare, per cui il confronto si svolge fra i nonviolenti ed i veri avversari che si vogliono contestare.
E non è facile neppure per i peggiori mezzi di comunicazione di stravolgerne i contenuti.
Gli infiltrati, durante una grande manifestazione di massa, che è parzialmente nonviolenta, sono difficilmente individuati, difficilmente isolati, difficilmente neutralizzati, e provocano lo scontro, giustificando le cariche delle forze dell'ordine e le aggressioni dei reazionari. Così facendo gettano il discredito su tutta la manifestazione - anche quando questa ha i più alti valori - ed allontanano il raggiungimento degli obiettivi dei partecipanti coerenti.
In tali casi cerco forme alternative di contestazione.