STOP ALLE MINE, MA NON TUTTI CI STANNO
di Annachiara Valle in: SEGNOSETTE N.33/34 - 5/12 ottobre 1997
Ad Oslo raggiunto l'accordo per la messa al bando delle mine anti-uomo.
Il no di Usa, Cina, Russia e India. Italia capofila del disarmo
Una vittoria a metà. Senza l'approvazione degli Stati Uniti e
assenti Cina, Russia e India, 400 delegati di quasi cento Paesi
del mondo hanno raggiunto un accordo per la messa al bando
definitiva delle mine anti-uomo. Il Trattato votato per
acclamazione a Oslo lo scorso 17 settembre sara' siglato formalmente a Ottawa nel mese di dicembre. Proprio il Canada si e' fatto promotore della serie di incontri che hanno portato 89 nazioni a impegnarsi contro la produzione, la vendita, l'uso e lo
stoccaggio dei micidiali ordigni che ogni anno causano la morte o la mutilazione di milioni
di persone di persone. Washington ha inutilmente chiesto di
escludere dal bando le mine anti-uomo disseminate attorno alle mine anticarro, oltre che gli ordigni disseminati al confine tra
le due Coree. Gli statunitensi chiedevano inoltre di poter uscire
dal trattato in caso di guerra contro qualche Paese straniero.
Al no dei delegati gli americani hanno deciso di ritirarsi dalla Conferenza. Sebbene manchino alla firma alcune grandi potenze, i
promotori della campagna contro le mine anti-uomo hanno commentato
con entusiasmo l'esito della Conferenza. "Abbiamo vinto", hanno
dichiarato. "O meglio ha vinto il mondo". L'Italia si è
presentata all'appuntamento di Oslo avendo già approvato in uno
dei due rami del Parlamento una legge per il bando della
produzione delle mine. Un passo in avanti notevole che fa passare
il nostro paese dal banco dei maggiori imputati a quello delle
nazioni capofila del disarmo. Dopo la firma del Trattato a Ottawa
dovrebbe cosi' finalmente arrestarsi un'attività che ha lasciato
finora sul pianeta piu' di 110 milioni di ordigni. Un numero in
crescita continua visto che la velocità di deposizione è infinitamente maggiore a quella di rimozione.
Così anche il prezzo delle due operazioni ha un rapporto impari. Una mina costa
solo tre dollari per chi la produce e 25 per chi la acquista. Ma rimuoverla dal terreno può significare spendere tra i 300 e i mille dollari.
Con la velocità attuale l'Organizzazione mondiale della sanità stima che occorrerebbero mille e cento anni prima di aver eliminato tutte le mine già disseminate. Per ancora lungo tempo le popolazioni dei paesi più colpiti -soprattutto Afghanistan, Bosnia, Cambogia e Mozambico -- continueranno a fare i conti con questa minaccia che ruba i terreni agricoli e attenta
continuamente alla loro vita.
Attualmente in queste quattro nazioni una famiglia ogni 20 ha già almeno una vittima da mine. In un caso su dieci si tratta
di bambini. In Cambogia il 22 per cento delle famiglie ha dovuto
lasciare la propria casa per via delle mine e le popolazioni
nomade dell'Afghanistan devono subire ogni anno una strage di bestiame per un danno pari a tremila dollari. Meta' dei campi
coltivabili è stato abbandonato perché troppo pericoloso. E
quando le famiglie cercano da sole di bonificare il terreno quadruplica il rischio - già alto - di incidente.
Se gli 89 paesi riusciranno a fare le pressioni necessari il bando
delle mine anti-uomo potrebbe essere approvato presto dalle
Nazioni Unite. Lo stesso segretario generale Kofi Annan, nel suo messaggio a Oslo, ha detto chiaramente che questo è un fronte sul quale l'organismo dovrà lavorare in futuro. Se non bastassero le ragioni umanitarie a spingere verso una bonifica dei terreni
minati si potrebbe ricordare che lo sminamento sta diventando un
vero affare economico. Per i prossimi mille e cento anni un
"esercito" di benefattori o di affaristi potrà dedicarsi a questa attivita'. Un business nel quale -secondo quanto riferisce
Emergency - i privati italiani si stanno inserendo a pieno titolo.
"Mille dollari per bomba", scrive l'associazione, "tanto per non lasciar cadere la grande tradizione nazionale in questo settore".