L' associazione nazionale produttori armi e munizioni che aderisce
al Wfsa, un ente internazionale che raggruppa 13 paesi e 32
associazioni per fare fronte comune contro la disinformazione e
la politica anti-armi in tutto il mondo, è seriamente preoccupata
di quanto potrebbe accadere alla conferenza dell'Onu sul
controllo delle armi da fuoco prevista per il prossimo anno. I
rischi, in effetti, non sono pochi, sia per il settore della
caccia minacciato da un "ambientalismo estremo e disinformato",
sia per quello delle armi corte e lunghe da tiro e da difesa,
messo sotto accusa ogni qual volta un onesto cittadino si
trasforma in giustiziere per difendere vita e proprietà.
I paladini del colpo in canna rivendicano l'universalità del
secondo emendamento alla costituzione americana: "essendo
necessaria alla sicurezza di uno stato libero una ben organizzata
milizia, non si potrà violare il diritto dei cittadini di
detenere e portare armi". Da oltre vent'anni, attraverso le
riviste specializzate, si battono per la liberalizzazione del
porto d'armi; i ragionamenti sono sempre gli stessi e di una
semplicità estrema. Li abbiamo sentiti enunciare in filmetti
sanguinolenti e noiosi, eppure mai come oggi sono tornati
d'attualità.
Secondo i più affermati teorici del partito dei giustizieri "non
si può trascurare che nella vita accada talvolta di doversi
confrontare con persone che vogliano negare i diritti dei
cittadini. A volte sono i governi tiranni, altre volte i
criminali. La migliore tutela è chiaramente l'autodifesa. Il
fatto che una società sia armata non è indice di inciviltà, ma
piuttosto segnala quanto quella società sia matura e in grado di
autogestirsi soprattutto quando, come in Italia, le forze
dell'ordine non sono in grado di tutelare adeguatamente il
territorio".
Le statistiche ovviamente supportano le tesi: ben il 37 per cento
degli italiani sarebbe favorevole alla formazione di ronde
armate. Anche le richieste in campo legislativo sono sempre le
stesse: facilitazione ed estensione del diritto di possedere e
portare armi da fuoco e acquisto delle munizioni senza limite
alcuno per mettere fine allo scandalo che solo un cittadino su
1.500 è autorizzato a girare armato per difesa personale.
Anche i nemici giurati della lobby delle armi e di tutto
l'indotto che le circonda sono sempre gli stessi: i giornalisti,
gli intellettuali, i giuristi, i magistrati e una parte del mondo
politico. L'altra sta con la lobby e non solo per motivi
ideologici. Infatti la produzione armiera italiana viene al
secondo posto nel mondo dopo quella statunitense. Cifre da
capogiro: 350.000 fucili, 150.000 pistole e 100.000 lanciarazzi.
Senza contare quella militare, i milioni di proiettili, le
tonnellate di esplosivo e gli accessori: giubbetti
antiproiettile, fondine, gas lacrimogeni etc. Il 70 per cento di
tale produzione è destinato all'esportazione mentre
l'importazione si aggira sull'8 per cento.
Dai tempi della cosiddetta emergenza l'opinione pubblica è sempre
stata convinta che in Italia la vendita delle armi fosse
rigidamente regolamentata per quantità e qualità offensiva. E per
questo motivo le prese di posizione dei nostrani Charles Bronson
sono sempre state considerate amenità di un gruppo di fanatici
svitati. Purtroppo le cose sono cambiate e forse è il caso di
riconsiderare il fenomeno in tutta la sua pericolosità. Perché se
è vero che il numero di persone autorizzate a portare armi è
relativamente basso, è altrettanto vero che le licenze per la
detenzione in casa sono decine di migliaia. Al punto che è sorta
una linea commerciale definita "difesa abitativa" che include
anche gli esercizi commerciali.
Ma con quali armi si difendono oggi gli italiani? Con un
kalashnikov per esempio. Alla modica cifra di 1.700.000 lire, è
possibile acquistarne uno di fabbricazione ungherese. La
pubblicità consiglia di usarlo anche per la caccia al
"cinghialotto nostrano" o per divertirsi al poligono. E non è
l'unica arma da guerra in vendita nelle armerie. Sotto la voce
"ex ordinanza" sono state considerate armi comuni da sparo quelle
dismesse dai vari eserciti, ma quotidianamente usate da ogni
banda armata che si rispetti (Kennedy è stato assassinato con un
fucile italiano della prima guerra mondiale).
L'ex blocco dell'est ha mandato in pensione quel tipo di
kalashnikov, sostituendolo con uno assolutamente identico ma con
il bossolo allungato di qualche millimetro, ed ecco che il
famigerato fucile d'assalto è stato parificato alla doppietta del
nonno. Certo il caricatore è stato ridotto ed è stato eliminato
il tiro a raffica ma, a parte il fatto che non è affatto
difficile ripristinare le funzioni, rimane intatta la
pericolosità di un'arma precisa e potente, in grado di fregarsene
altamente di ogni tipo di blindatura. E non è sempre vero che si
tratti di armi considerate obsolete come dimostra il caso della
carabina M1 di fabbricazione americana, caldamente consigliata
per proteggere il tinello, che è ancora in dotazione all'arma dei
carabinieri. Il calibro .30 carbine è in grado di uccidere un
malfattore, trapassare una parete e uccidere un familiare o un
vicino. Ed è il caso di sottolineare che si tratta di uno dei
meno potenti.
C'è da chiedersi dove abbia guardato la sinistra mentre venivano
approvate leggi tanto sconsiderate. E la faccenda non si limita
al settore "ex ordinanza". I fucili a pompa in dotazione alle
forze di polizia di tutto il mondo sono a disposizione del
pubblico e sono in vetta alle classifiche di vendita. Ultimo, in
ordine di arrivo il Ris-K che la pubblicità indica come omologato
per "law enforcement purpose" dal ministero degli interni russo.
Le forze dell'ordine usano questo tipo di fucili perché sono in
grado di esprimere un alto volume di fuoco con effetti
devastanti. Per esempio ridurre a colabrodo un'automobile con
tutti i suoi occupanti.
Un altro settore in espansione è quello degli sniper.
Quelli che hanno terrorizzato la popolazione dell'ex Jugoslavia
gongolerebbero di gioia se potessero avere a disposizione quelli
in vendita nelle nostre armerie. Ben più precisi, potenti,
normalmente in dotazione alle polizie e dotati di ottiche di
altissima precisione. Anche a raggi infrarossi per il tiro
notturno. Ovviamente l'uso è riservato alla caccia agli ungulati
ma restano comunque armi di inusitato potere offensivo come
dimostra il documentario di Marco Bechis (Garage Olimpo) girato
in Bosnia dove uno sniper locale illustra l'uso di uno di questi
gingilli.
Ma il vero scandalo riguarda le armi corte. Il vecchio caro
revolver alla Clint Eastwood è ormai relegato a una piccola
schiera di irriducibili appassionati. Oggi vanno di moda le
cosiddette pistole da combattimento. Semiautomatiche concepite
per l'uso militare e di polizia, con caricatori che variano dai
12 ai 17 colpi. L'uso consigliato è ovviamente la difesa
abitativa. Insomma è possibile acquistare la Berretta in
dotazione alle nostre forze dell'ordine, con l'unica differenza
che il bossolo è più corto di 2 millimetri. Ma la potenza è
praticamente la stessa.
L'Fbi, dopo accurate verifiche, ha scelto per i propri agenti
pistole semiautomatiche calibro 40 Smith & Wesson per il forte
potere di "arresto" del proiettile. Ebbene in Italia sono a
disposizione di chiunque voglia essere armato come un agente
federale. Ancora una volta si tratta di armi estremamente
pericolose, esagerate per l'uso difensivo e che necessitano di un
addestramento particolarmente accurato per evitare di scaricare
una raffica di proiettili a casaccio, con effetti che si possono
ben immaginare. Per ovviare a questi inconvenienti è nata una
nuova disciplina sportiva, il tiro dinamico, che consiste in una
sorta di percorso di guerra dove gli "atleti" ingaggiano
conflitti a fuoco con sagome riproducenti il cattivo di turno. E'
lo stesso identico addestramento riservato agli agenti di polizia
ed è molto lontano dal concetto di poligono basato sulla mira. Il
tiro dinamico, in realtà, forgia tiratori in grado di districarsi
in ogni situazione di scontro armato.
Di fronte a questi dati si può tranquillamente affermare che in
Italia un blocco sociale benpensante, onesto, lavoratore e
profondamente convinto della necessità di autodifendersi ha
provveduto a munirsi di armi sofisticate e potenti. Rispetto a
quel che si pensava qualche anno e fa e ai relativi stili di
vita, molte cose sono cambiate. E' perciò arrivato il momento di
comprendere e monitorare seriamente il fenomeno con l'obiettivo
di limitare il commercio delle armi. Diventa una battaglia molto
importante ed è necessario soprattutto impedire la
liberalizzazione del porto d'armi, obiettivo irrinunciabile del
partito dei giustizieri e della sempre più potente lobby che
sostiene le ragioni dei produttori e dei commercianti.