L'Europa in marcia
Forgiata la forza di difesa europea, complementare alla Nato
FRANCESCA COLESANTI
L' Europa della difesa è da oggi una realtà, sulla carta. I
Quindici, riuniti ieri a Bruxelles nelle vesti dei loro ministri
della difesa e degli esteri, hanno dato il via - definendo modi,
tempi ed effettivi - alla forza di reazione rapida progettata
nemmeno un anno fa al vertice europeo di Helsinki. Un obiettivo
ambizioso che dovrebbe, almeno nelle intenzioni, dare corpo e
fungere da braccio "armato" ad una mente, ad una immagine (finora
un fantasma), quella della politica estera dell'Unione europea.
L'Italia contribuirà con un totale di 12.000 uomini (19.000 se si
considerano le riserve) a una forza di 60.000 uomini (100.000 in
totale), che dovrebbe essere pronta ad intervenire a partire dal
2003, per un periodo massimo di un anno , in operazioni di
peacekeeping e peacemaking in Europa, nel bacino
mediterraneo, fino al Medio Oriente e al Caucaso. Alla conferenza
dei ministri, in cui sono stati formalizzati i contribuiti dei
singoli stati, l'Italia ha messo a disposizione anche 230
carabinieri, 4 brigate dell'esercito, 19 unità navali, 22 aerei
ed elicotteri della marina e 46 aerei da combattimento.
Contribuiti analoghi o leggermente superiori, arriveranno da
Francia, Germania e Gran Bretagna; una partecipazione via via più
ridotta è stata assicurata dagli altri paesi fino ad arrivare ad
una presenza quasi nulla di quelli neutrali come l'Austria o la
Finlandia; la Danimarca non parteciperà sotto alcuna forma.
Ma, nemmeno a dirlo, i distinguo e le precisazioni sono numerosi
e sostanziali e il primo a rilevarli è lo stesso Javier Solana,
vale a dire il massimo rappresentante della politica estera e di
difesa comune dell'Europa: "Si tratta di un primo passo molto
importante", dice; e subito aggiunge: "ma molta strada resta
ancora da fare per permettere alla Ue di effettuare in modo
autonomo le missioni più rilevanti". E ancora: "esiste un deficit
di capacità strategiche e tattiche" che sarà necessario eliminare
e che richiederà "ulteriori sforzi di bilancio". Solana ha quindi
concentrato l'attenzione sulle sfide future, in particolare
l'eliminazione delle lacune esistenti in campo strategico e
nell'intelligence militare e la creazione delle strutture
permanenti per la gestione delle missioni a guida Ue. Da ultimo,
nientemeno che la conclusione degli accordi fra Ue e Nato.
Perché il problema principale sollevato dall'esistenza stessa
della Forza di reazione rapida riguarda proprio la convivenza con
l'Alleanza atlantica, problema che da qui a Nizza (vale a dire
nemmeno tre settimane) dovrebbe essere se non risolto, quanto
meno definito in modo più preciso. A poco serve infatti la
dichiarazione tranquillizzante, dovuta e necessaria in un giorno
come questo, formulata dal segretario generale della Nato, George
Robertson, cioè che "la forza di reazione rapida europea sarà
complementare e non un doppione dell'Alleanza". E' chiaro infatti
che tra i Quindici convivono esigenze e speranze del tutto
dissimili: da quelle tradizionalmente di rivalsa provenienti da
Parigi fino a quelle ricalcate sulla fedeltà più strenua di
Londra. Robertson, non a caso ex ministro della difesa di sua
Maestà, ha in testa proprio l'euroscetticismo britannico quando
si affretta a sottolineare che "ciò di cui stiamo parlando è
creare una forza multinazionale europea in grado di essere
mobilitata in missioni (umananitarie o di pace) nelle quali la
Nato ha scelto di non essere coinvolta". Una forza quindi che non
agisce di propria iniziativa, ma di riflesso, quando la Nato,
ovvero gli Stati uniti, le permette di agire. Tanto per chiarire
meglio a coloro che si fossero illusi, Robertson ha precisato:
"Stravolgono la verità quelli che parlano di un esercito europeo,
sotto la bandiera europea, con divise e distintivi europei". Il
che spiega l'approvazione di Washington, dopo le esitazioni
iniziali, al progetto europeo. Gli unici a preoccuparsi davvero
sono in realtà i paesi membri dell'Unione che non fanno parte
della Nato e i paesi membri della Nato che non fanno parte
dell'Unione.
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