di Luca Mainoldi in SEGNOSETTE N. 31/32 -
21/28 settembre 1997
ARMI U.S.A. VENDESI
Dopo vent'anni, l'amministrazione Clinton ha revocato
l'embargo sulla vendita di armamenti sofisticati all'America
Latina. Dietro la decisione, il generale calo della domanda di
armi e la crisi dell'industria bellica americana
La recente decisione dell'amministrazione Clinton di revocare
l'embargo sulla vendita di armamenti sofisticati all'America
Latina pone interrogativi sugli equilibri strategici in
quest'area del mondo.
Facciamo un passo indietro. Alla fine degli anni settanta il
presidente Jimmy Carter decise di sospendere ogni fornitura di
armi di nuova generazione alle dittature latino americane,
colpevoli di pesanti violazioni dei diritti civili. Per ragioni
di equilibrio strategico questo embargo colpì anche quei paesi
(in verità assai pochi) relativamente democratici. Il vuoto
lasciato dai produttori americani fu parzialmente colmato da
inglesi, francesi, italiani, israeliani e sovietici (ora russi e
ucraini) che si disputarono un mercato del valore di 10 miliardi
di dollari. Parallelamente crescevano, grazie all'aiuto dei
produttori citati e degli stessi Usa, le industrie belliche
locali, brasiliana, argentina e cilena, che si avvantaggiarono
del business della guerra Iran-Iraq. Infine, alcuni fornitori, in
particolare gli israeliani, oltre ad agire in base a logiche
commerciali operavano per procura dei servizi americani - vedi la
storia del Nicaragua di Somoza e poi dei Contras anti-sandinisti
- in tutti quei casi in cui gli Usa volevano aiutare un proprio
alleato regionale ma non potevano farlo direttamente per le
limitazioni poste dal Congresso.
Questa situazione è destinata a mutare con il ritorno in forze
dei produttori statunitensi nel mercato delle armi latino
americano.
Alla base di questo cambiamento della ventennale politica
americana nella regione, la lobby delle armi pone l'accento sui
radicali progressi fatti in termini di democratizzazione e di
rispetto dei diritti umani registratisi negli ultimi anni nei
paesi interessati.
In realtà la contrazione della domanda mondiale di armamenti
costringe i vari produttori a non tralasciare nessun mercato,
anche quello meno ricco o gravido di pesanti conseguenze
politiche.
Questo è soprattutto vero nel caso degli aerei da combattimento
e infatti sono state soprattutto la Lockheed Martin (produttrice
del F16) e la Mc Donnel Douglas (F18) che hanno spinto per
riaprire il mercato latino americano ai produttori Usa. Esempio
sintomatico della capacita' di lobbing dei due colossi che si
sono creati negli Usa nell'industria militare dopo un periodo di
fusioni e razionalizzazioni che ha portato a concentrare la
maggior parte delle capacità aerospaziali americane nella
Lockheed Martin e nella Boeing (che ha inglobato la Mc Donnel
Douglas).
I primi paesi che dovrebbero to buy american sono il Cile e il
Brasile che hanno l'esigenza di comprare rispettivamente 15 e 70
veivoli militari.
Inoltre Washington è intenzionata ad accordare lo status di
alleato privilegiato all'Argentina per invogliarla ad accodarsi
ai suoi vicini nell'aggiornare il proprio arsenale con mezzi
americani.
Il punto di forza americano è dato dall'importanza politica
dell'acquisto (una sorta di patente di affidabilita' concessa
dall'unica superpotenza rimasta) e soprattutto dai crediti
agevolati concessi nell'ambito del sistema Fms (Foreing military
sales). Dal punto di vista tecnico, invece, francesi (con il
Mirage 2000.5) e svedesi (con il Gripen commercializzato con il
contributo inglese) propongono macchine più moderne (ma anche
più costose e difficili da gestire) delle concorrenti industrie
americane, che in pratica offrono le versioni meno sofisticate di
aviogetti concepiti 25-30 anni fa.
Sul piano strategico la mossa dell'amministrazione Clinton
accende una competizione sfrenata in un mercato che era
stagnante, con serie conseguenze sugli equilibri strategici di
una regione che non è ancora completamente pacificata e nella
quale permangono forti diseguaglianze sociali. Si pensi al
conflitto fra il Perù e l'Ecuador, alla guerriglia che è
presente in alcuni paesi, al narcotraffico e non ultima la
corruzione (tra l'altro, che ruolo giocheranno le bustarelle
nelle scelte dei nuovi aerei?).
Gli stessi analisti americani sostengono che il denaro impiegato
nell'acquisto di nuovi armamenti potrebbe essere impiegato per
programmi atti ad alleviare le condizioni delle popolazioni più
povere; sottolineando così che è da lì che viene la vera sfida
alla pace.
Di recente, la nuova politica statunitense è stata criticata
dall'ex presidente brasiliano Sarney che vi vede un tentativo di
destabilizzare il Mercosur (l'Unione doganale fra Brasile,
Argentina, Uruguay e Paraguay) attraverso "la strada più
condannabile, quella della rottura dell'equilibrio strategico
della regione (...) inoculando il germe della divisione e della
sfiducia" (Le Monde, 24 agosto 1997); dando voce al sospetto
che gli Usa vogliano ridimensionare il ruolo del Brasile e del
Mercosur, sostituendoli con un'espansione del Nafta (l'accordo di
libero scambio fra gli Usa, Canada e Messico, cui si e' associato
il Cile).