Voci e volti della nonviolenza. 13: DAVIDE MELODIA
- Subject: Voci e volti della nonviolenza. 13
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 14 Mar 2006 13:28:42 +0100
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedì de "La nonviolenza è in cammino"
Numero 13 del 14 marzo 2006
In questo numero:
1. Davide Melodia
2. Davide Melodia: I quaccheri e il pacifismo
3. Davide Melodia: Non parlare di nonviolenza
4. Davide Melodia: A Gino Vermicelli
5. Davide Melodia: Ciò che è mancato nel 1999
6. Davide Melodia: I rischi della nonviolenza
7. Davide Melodia: Rivoluzione nonviolenta
8. Davide Melodia: Educare le forze dell'ordine alla nonviolenza
9. Davide Melodia: Contro la violenza
10. Davide Melodia: La forza e il rispetto
11. Davide Melodia: Solidale con Susanna Thomas
12. Davide Melodia: In dialogo con Eugenio Morlini
13. Davide Melodia: Firme per l'educazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine
14. Davide Melodia: Pensieri intorno alla vicenda genovese di Susan Thomas
15. Davide Melodia: L'esperienza dei quaccheri, in sintesi
16. Davide Melodia: Se...
17. Davide Melodia: Per trasmettere i valori della nonviolenza
18. Davide Melodia: Due parole sui quaccheri
19. Davide Melodia: Un ritorno all'età della pietra
20. Davide Melodia: Quale risposta al terrorismo
21. Davide Melodia: Un minuto di silenzio
22. Davide Melodia: Sulla disobbedienza civile
23. Davide Melodia: Risposta nonviolenta al terrorismo
24. Et coetera
1. DAVIDE MELODIA
Dopo aver riproposto ne "La domenica della nonviolenza" n. 64 del 12 marzo
2006 una selezione degli interventi di Davide Melodia apparsi su "La
nonviolenza è in cammino" dalla fine del 2001, riproponiamo qui una
selezione dei suoi interventi apparsi sul nostro foglio precedentemente.
Davide Melodia e' deceduto pochi giorni fa.
2. DAVIDE MELODIA: I QUACCHERI E IL PACIFISMO
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 107]
Il pacifismo nonviolento quacchero è nato, come il senso della giustizia,
dell'uguaglianza fra gli uomini, del rispetto di tutte le culture e delle
religioni, la difesa dei diversi, degli emarginati, dei carcerati, dei
malati, gli interventi nelle zone calde del mondo per tentarvi la mediazione
o iniziare la ricostruzione, dal principio fondamentale che gli Amici
(Quaccheri) portano alle sue estreme conseguenze: in ogni persona vi è un
tanto di Dio (seme, scintilla: "that of God in every one"). Il tutto
partendo da un altro principio: la luce interiore (di Cristo), la cui
ricerca non è fine a se stessa, né è finalizzata alla salvezza, o alla
pura elevazione spirituale.
Come di fatto è accaduto, il fondamentale spiritualismo quacchero non si è
risolto in misticismo distaccato dal mondo, ma in un impegno (commitment)
socio-religioso senza soluzione di continuità.
Mentre molte comunità locali di Amici vivono la loro fede intorno al culto
silenzioso e ne traggono linfa per una attività filantropica simile a
quella diaconale delle chiese evangeliche, i gruppi che sanno tenere
contatti regionali, nazionali e internazionali sono coinvolti in una o più
attivita' sociali di grande significato e respiro: vedi il Quaker Peace &
Service, con una decina di diramazioni nel campo della pace e dei diritti
umani, fra cui quella che sostiene gli obiettori di coscienza in vari paesi
e quella che organizza campagne internazionali per l'obiezione fiscale alle
spese militari, quella che invia operatori sociali o esperti in Iraq,
Israele o ex-Jugoslavia per aiutare i più deboli e dialogare con i più
forti; o il Quaker Council for European Affairs, che segue con occhio
critico e nonviolento gli incontri del Consiglio d'Europa e del Parlamento
Europeo, e informa tutti gli interessati di cio' che fanno o non fanno sul
piano della pace e dei diritti umani, mediante il bollettino Around Europe
(Bruxelles), invitando chi puo' a intervenire. Ad esempio a fare pressioni
affinche' il diritto all'obiezione di coscienza venga finalmente discusso,
votato e inserito nella European Convention. L'elenco, schematico,
riempirebbe almeno un fascicolo di 10 pagine.
Ma queste attività verso l'esterno provengono di solito da una notevole
coerenza interiore e personale. La schiacciante maggioranza degli Amici ha
sempre rifiutato di partecipare a qualsiasi conflitto fin dal 1651, quando
George Fox rifiutò un incarico militare che i Puritani gli offrivano (altri
avevano già preso le distanze dall'esercito cromwelliano), e, passando
dalla famosa Declaration to Charles II (gennaio 1661) in cui "l'innocuo e
innocente popolo di Dio chiamati Quaccheri" si dichiarava contrario ad ogni
guerra vuoi per i regni di questo mondo che per il regno di Dio, ha
resistito ai richiami di guerra delle Colonie inglesi contro i francesi o
gli indiani, non ha partecipato militarmente alla rivolta delle Colonie
d'America contro l'Inghilterra, né alla Guerra di Secessione... su su fino
alla I e alla II Guerra Mondiale, alla Guerra di Corea ed a quella del
Vietnam.
Non solo non vi ha partecipato, ma non ha ispirato alcun giudizio o
condanna, in quanto credente nella santita' della vita, data da Dio: in
questo ed altri aspetti della tolleranza quacchera verso l'Altro, non c'e'
spazio per tribunali e per condanne, e la distanza dal moralismo, puritano o
non, e', sul piano storico e di principio, insuperabile.
3. DAVIDE MELODIA: NON PARLARE DI NONVIOLENZA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 109]
Se non ami la vita, la gente,
la folla variopinta,
la liberta' degli altri,
la follia degli altri,
non parlare di nonviolenza.
Se non sei cittadino del mondo,
amico dei neri, dei gialli, di tutti,
non parlare di nonviolenza.
Se non denunci confini,
barriere, nazionalismi,
patrie, bandiere, galere,
non parlare di nonviolenza.
Se non ti opponi ad eserciti di ogni colore,
a corpi separati, consacrati,
ubriachi di potenza,
non parlare di nonviolenza.
Se non ti rivolti contro il verticismo,
il centralismo, l'autoritarismo,
non parlare di nonviolenza.
Se non contesti il sacro che nasconde il vero,
il dio in terra che nasconde il cielo,
il consumismo che risucchia il sangue
dei dannati della terra,
non parlare di nonviolenza.
Se non ti getti nel folto della mischia,
come la dinamite nel pozzo di petrolio
per spegnere l' incendio,
pronto a perir con esso,
non parlare di nonviolenza.
O, se ne parli,
di' che stai favoleggiando
intorno a qualche cosa
che non sai.
4. DAVIDE MELODIA: A GINO VERMICELLI
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 120. Questi versi, datati Verbania 25
maggio 1998, Davide Melodia ha scritto in saluto ed omaggio a Gino
Vermicelli, eroe della Resistenza]
Te ne sei andato in silenzio.
La discrezione era un "valore"
in una persona come te.
Dall'alto della tua statura,
fisica e morale,
guardavi il mondo e gli uomini
come un "signore",
nel senso piu' pieno della parola.
Del tuo passato, intenso, coraggioso,
prezioso, nella Resistenza e nell'agone politico,
non parlavi
se non invitato a farlo.
Meditavi, piuttosto, di norma,
intorno al futuro degli altri:
un futuro di pace,
nella giustizia.
Avevi preso le armi
per allontanare l'Ingiustizia
e l'orrore nazi-fascista,
ma senza sete di sangue.
Quando altre forme di resistenza,
non armata incontrasti per via,
con la consueta apertura mentale
ascoltasti attentamente e con rispetto
e cogliesti quanto piu' potevi
sul piano del disarmo,
dell'intermediazione,
del dialogo fra eguali.
Un nonviolento ha trovato naturale
venire al tuo funerale,
e renderti omaggio
come un compagno di viaggio.
A rivederci, non so dove, ne' quando,
per lottare questa volta insieme,
per la liberta' dalla violenza,
dalla menzogna, dalla meschinita'.
5. DAVIDE MELODIA: CIÒ CHE È MANCATO NEL 1999
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 161]
Caro Peppe, ecco la mia risposta a "Ciò che è mancato".
Ciò che è mancato per interrompere quella sporca guerra e tutte le altre,
è stato il coraggio della nonviolenza, e questo per il grave jato che
esiste, anche in noi, fra teoria e pratica.
Lo stesso vale per l'amore verso il prossimo: la traduzione in azione.
Credere ha vari livelli. Quello della applicazione pratica della teoria è
il livello più alto.
In un breve appello su "Riforma" avevo proposto di andare in tanti a fare
interposizione. Silenzio.
Di fatto, per svolgere un simile compito, partendo da una fede tetragona,
occorre: un punto di riferimento, persona o gruppo; un coordinamento rapido
e deciso di tutti i gruppi nonviolenti; una volontà di ferro per operare la
mediazione nonviolenta, partendo dai vertici responsabili del conflitto, e
contattando la base dei vari schieramenti, per trovare punti di accordo,
possibilità di rinunce, riconoscimento dei diritti dell'altro (nessuno ha
tutta la ragione o tutto il torto); per costruire la pace, per ricostruire
la fiducia e il paese ferito, per inventare la collaborazione fra diversi.
E' mancata alla nostra base la riunificazione delle varie formazioni
nonviolente per avere un unico punto di partenza e un obiettivo comune, è
mancata la disponibilità e l'appoggio di partiti politici.
Non è escluso che un qualche appoggio sarebbe emerso da qualche parte se
noi avessimo rappresentato una forza reale e morale affidabile e coerente.
Noi siamo stati "ciò che è mancato di più".
E manca ancora, dalla Macedonia alle estremità del mondo.
La nonviolenza è timidamente in cammino.
6. DAVIDE MELODIA. I RISCHI DELLA NONVIOLENZA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 173]
In una società violenta, la violenza comporta dei rischi, ma la nonviolenza
ne comporta di più. Prima di tutto perché è fraintesa, restando,
nell'idea dei più, la politica di chi è debole, arrendevole, non
combattivo, alieno da ogni forma di lotta.
Molti si sono fermati al concetto della "resistenza passiva", che è stata
superata sin dalla fine dell'800 in Sud Africa da Gandhi, con il
"satyagraha", che e' l'adesione alla verità, da cui procede la forza della
nonviolenza.
Da qui nasce la "resistenza attiva nonviolenta".
La nonviolenza si trova ed opera fra i due estremi della rassegnazione e
della violenza.
Dall' incomprensione al rischio il passo è breve. L'insulto, l'offesa e la
diffamazione del nonviolento lo seguono come un'ombra. E sono pochi coloro
che cercano di capire, e, quando lo fanno, rispettano il nonviolento.
Applicando nella vita e nella lotta politica la nonviolenza ho corso molti
rischi, e mi sono reso conto che, ogni volta che la mia azione corrispondeva
alla verità, la paura non esisteva.
Ma, sia per natura, che per autoeducazione e per principio, non mi sta bene
di correre dei rischi che non ho accettato né scelto personalmente.
Quando mi ritraggo da una situazione pericolosa, non si tratta mai di
timore, ma del fatto che quella situazione non l'ho cercata io. E se non
l'ho cercata, ho sicuramente avuto le mie buone ragioni.
Esempio: Le marce antimilitariste nonviolente, durante le quali abbiamo
subito l'aggressione di reazionari, di nemici politici o di polizia male
informata: non siamo fuggiti, non abbiamo chiesto scusa, non siamo venuti a
compromessi, abbiamo subito percosse, arresti e processi. E siamo stati
sempre assolti per avere dimostrato di avere alti ideali e di non avere
esercitato alcuna violenza.
E tutto questo perché partecipare era una nostra scelta, nella
consapevolezza dei rischi che una marcia antimilitarista in una società
militarista comporta. Ci sono fior di documenti e una storia che provano
quanto sopra.
Gli infiltrati, durante una manifestazione dichiaratamente e coerentemente
nonviolenta in ogni suo aspetto e momento, si possono scoprire, isolare e
neutralizzare, per cui il confronto si svolge fra i nonviolenti ed i veri
avversari che si vogliono contestare. E non è facile neppure per i peggiori
mezzi di comunicazione di stravolgerne i contenuti.
Gli infiltrati, durante una grande manifestazione di massa, che è solo
parzialmente nonviolenta, sono difficilmente individuati, difficilmente
isolati, difficilmente neutralizzati, e provocano lo scontro, giustificando
le cariche delle forze dell'ordine e le aggressioni dei reazionari. Così
facendo gettano il discredito su tutta la manifestazione - anche quando
questa ha i più alti valori - ed allontanano il raggiungimento degli
obiettivi dei partecipanti coerenti. In tali casi cerco forme alternative di
contestazione.
7. DAVIDE MELODIA: RIVOLUZIONE NONVIOLENTA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 174]
Circa la possibilità o meno di una rivoluzione nonviolenta, per trasformare
il mondo da una immane trappola negativa per l'umanità in un luogo vivibile
e positivo, pur essendo un sognatore, un utopista da sempre, sono costretto,
prendendo terra, a dire quanto segue: la rivoluzione nonviolenta non può
aver luogo se non parte dal cuore dell'essere umano.
E da quel cuore il più delle volte insensibile, parte, se si rende conto di
avere toccato il fondo.
E non basta.
Gli Stati Uniti, i massimi inquinatori e disequilibratori del mondo, sono
vicini alla saturazione, stanno toccando il fondo, ma non cambiano rotta,
anzi, eleggono al timone un marinaio ultra-inquinatore, e ultra-militarista.
Lo scudo stellare insegna.
In queste condizioni la rivoluzione nonviolenta è lontana nel tempo.
È una promessa "nel mediato".
Ma per essa il nonviolento, ecologista e umanista, deve operare: è per lui
come una "Terra Promessa" che un giorno dovrà conquistare, attraverso i
suoi figli e nipoti, ma senza colpo ferire.
E dovrà, in mancanza di una cassa di risonanza continua, oggi, operare in
prima persona, dando l'esempio, in tutti i campi, dovunque può "essere" in
modo nonviolento, nei rapporti sociali, nella prevenzione e nella soluzione
dei conflitti, nella difesa dei diritti umani, nella difesa degli equilibri
naturali, nella giustizia sociale e legale, "nell'immediato".
Questo modo di essere e di operare del nonviolento, nell'immediato per il
mediato, dando l'esempio col massimo possibile di coerenza interiore e di
visibilità esteriore, è il suo precipuo dovere.
"Pensare globalmente" sta alla visione mediata di un mondo di pace, quanto
"agire localmente" sta al vivere coerentemente, in anticipo, qui e subito,
la visione, e far sì che in un domani non lontano la si traduca, per ciò
stesso, in realtà.
Senza un manipolo di operatori nonviolenti, coerenti, pazienti e costanti
oggi, non ci sara' nessuna rivoluzione nonviolenta domani.
Il sottoscritto fa parte, credo, di tale manipolo.
8. DAVIDE MELODIA: EDUCARE LE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 185]
Se le autorità preposte alla preparazione delle forze dell'ordine per
assolvere ai loro compiti istituzionali, accetteranno la proposta di
educarle alla nonviolenza, come propongono movimenti nonviolenti, esponenti
politici e "semplici cittadini", il vantaggio per la pace sociale e per il
prestigio del nostro Paese sarà enorme.
Prima di tutto non vi sarà il rischio che poliziotti, carabinieri ed altri
elementi addestrati a fronteggiare problemi pubblici, situazioni
particolarmente difficili, manifestazioni vivaci, siano spinti, sia dai
comandi che dalle proprie convinzioni, ad intervenire con la forza, causando
danni fisici, sociali e morali ai manifestanti ed a se stessi.
In secondo luogo, conoscendo principi e prassi dei nonviolenti, saranno in
grado di distinguerli dai violenti.
In terzo luogo, saranno capaci di separarli essi stessi dalla parte
violenta.
In quarto luogo, daranno un esempio straordinario e storico, nella
situazione attuale, facendo crescere questo Paese nella stima degli altri,
stima di cui abbiamo tanto bisogno.
La nonviolenza, laddove e quando fosse assunta dalle nostre forze
dell'ordine, e venisse correttamente applicata nei casi di necessità,
rappresenterebbe sicuramente una "aggiunta morale" alla loro forza, e
meriterebbe il rispetto del popolo, lasciando nel buco nero della storia la
paura.
9. DAVIDE MELODIA: CONTRO LA VIOLENZA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 187]
La nonviolenza, da Gandhi a Martin Luther King a Capitini, ha significato
molto più che il rifiuto della guerra.
Sebbene questa sia il massimo esercizio tragico della violenza, ed al
momento rappresenti una enorme e distruttiva realta' in vari continenti, è
ancora solo una parte della violenza contro cui ci ergiamo.
Essa può precedere, accompagnare o seguire una serie di violenze
organizzate, può provocarle, tradurle in atto, sommarle.
Talvolta, mentre altre forme di violenza si abbattono su vittime di ogni
categoria umana, e non solo, la guerra e' latente e cova tra le file delle
Forze Armate dei Paesi che le addestrano per la "Difesa della Patria".
E così, mentre le forze finalizzate alla violenza armata si preparano
all'uopo, altre cento, sotto forma di potere politico, economico, religioso
esercitano, ovunque hanno ottenuto spazio di manovra, la loro distruttiva e
comunque coercitiva capacità.
- Abbiamo quindi forme di violenza che occupano ogni modulo educativo per
formare o deformare le coscienze dei discenti;
- abbiamo forme di violenza sociale che stravolgono la natura stessa degli
organismi sindacali, politici, della giustizia e dei diritti umani;
- abbiamo forme di violenza nel monopolio dell'informazione.
Per non parlare di quelle forme di violenza che, sfruttando a fondo le
risorse di Paesi tecnologicamente sottosviluppati, li portano ad abissi di
debito economico tali da renderli schiavi dei Paesi ricchi.
Ed ecco diffondersi, a motivo della violenza iniziale prodotta dai Paesi
forti, problemi insolubili di fame, di sete, di disoccupazione, di degrado
ambientale e sociale di intere comunità umane.
Dalla violenza delle nuove forme di colonialismo, di imperialismo militare,
economico e culturale, procedono le ondate inarrestabili delle emigrazioni e
le conseguenti reazioni di chi nega ai profughi, ai perseguitati, ai
disperati ogni elemento di diritto, di asilo, di educazione, di libertà.
Ad antiche forme di violenza se ne sono sostituite altre, che comportano
egualmente pena di morte, persecuzioni, torture, prigionia, genocidi,
schiavitu' - visibili e invisibili - attuati sia in Paesi che si considerano
civili sia in Paesi che sono considerati barbari.
Questi e mille ulteriori atti di violenza su adulti e bambini, anche questi
ultimi sottoposti a emarginazione, a prigionia, a tortura, all'uso delle
armi, al lavoro minorile, e in modo particolare soggetti alla pedofilia,
sono e devono essere oggetto della nostra lotta nonviolenta.
10. DAVIDE MELODIA: LA FORZA E IL RISPETTO
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 191]
La forza, di per sé, è un elemento neutro, e non avendo ovviamente una
personalità, né una volontà propria, dipende da chi la usa e da come la
usa. Ed usare la forza per una attivita' normale, lecita, come il lavoro, o
lo sport, non crea problemi.
I guai sorgono quando la forza, che è come un oggetto, viene usata per fare
violenza a qualcuno, a un gruppo sociale, ad un popolo.
Allora la forza diviene in un certo senso la longa manus dell'intento
violento, quasi una complice involontaria.
La violenza ha la capacità di fare del male, di aggredire, anche senza
l'uso della forza, e questo è un motivo ulteriore per non confondere forza
e violenza.
Ogni valutazione va fatta, insomma, tenendo ben presente il grado di
responsabilità di tutto e di tutti.
Il nonviolento non rinuncia alla lotta violenta perché teme di battersi, ma
perché vuole liberare la lotta dalla violenza, così da fare della lotta
uno strumento di crescita e di ricerca della verità, della giustizia e
della libertà senza portare dolore e distruzione, come accade a tutto ciò
che passa per la violenza.
Il nonviolento non rinuncia alla lotta quindi, ma si adopera a separare i
due elementi-momenti di forza e violenza, tenendoli ciascuno al proprio
posto, accuratamente.
Usando la forza in modo serio, consapevole, responsabile, costruttivo, il
nonviolento lascia agli esseri umani il piacere di usufruire della forza,
laddove e quando essa serva quale strumento positivo, riconoscendo in essa
un dono della natura, degno di essere, non di scomparire.
Ma anche qui, come in tutti gli aspetti della nonviolenza, la forza, essendo
uno strumento, per quanto prezioso, deve venire usato senza esaltazione.
Ogni strumento deve servire per raggiungere un fine.
È quindi il fine che va tenuto costantemente in vista, nella considerazione
che merita. E il fine che il nonviolento si prefigge, a sua volta, non va
raggiunto con qualsiasi mezzo, bensì con i mezzi che gli sono omogenei.
I mezzi a disposizione del nonviolento, nella occasione di una lotta per
ottenere giustizia, o altro obiettivo degno di una lotta, sono molteplici.
Devono però avere radici nel profondo della coscienza di chi si accinge
alla lotta. Ad esempio, il rispetto. Questo elemento, che ovviamente fa
parte del bagaglio culturale del nonviolento (usiamo il termine ben sapendo
che nessuno lo è perfettamente, ma aspira e tende ad esserlo), non è
fondato semplicemente sul vecchio adagio "rispetta per essere rispettato",
ma parte dalla profonda convinzione che l'Altro è un essere umano come te,
che l'Altro ha dei valori come li hai tu, che l'Altro è figlio dello stesso
Creatore, che l'Altro ha gli stessi diritti che hai tu.
E se il rispettare non è una formalità, bensì una esigenza della tua
anima, quella di "trarre dall'Altro il meglio di sé", e per il nonviolento
quacchero "trarre dall'Altro l'eterno che è in lui", non può non trovare
una risposta positiva nell'Altro.
E' difficile resistere ad una mano tesa.
E infine : l'Altro non è il nemico. È diverso, certo. È educato alla
violenza, forse. Ma è un essere umano.
Sta a te fargli scoprire la sua umanità, se qualcuno gliel'ha fatta perdere
di vista.
Il "nemico", per il nonviolento, non esiste. Gandhi, ad un Lord inglese che
gli disse: "Cristo ci ha insegnato: ama i tuoi nemici", rispose: "io non ho
nemici".
11. DAVIDE MELODIA: SOLIDALE CON SUSANNA THOMAS
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 193. Susan Thomas, studentessa
nonviolenta quacchera americana, era stata arrestata in occasione del G8 a
Genova]
La notizia della giovane studiosa quacchera americana, Susan Thomas, e'
tanto incredibile quanto grave.
I Quaccheri, ovvero la Società Religiosa degli Amici, sono, fin dal
Seicento, impegnati in attività di pace e di solidarietà umana, che hanno
rari riscontri anche in seno al Cristianesimo, di cui è un ramo.
Il suo principio che "ognuno deve rispondere al seme divino che è in
lui/lei" fa del quacchero il migliore amico del prossimo, in cui riconosce
lo stesso seme divino, ed a cui non può nuocere in alcun modo.
Sono onorato di fare parte di tale ramo, da quasi venti anni, in quanto con
esso ho approfondito il significato dell'amore, del perdono, del rapporto
col prossimo, ed ho riscoperto le radici vere della nonviolenza.
Sono solidale con Susan Thomas, che non può avere né effettuato né
disegnato alcuna violenza a Genova durante il G8. Sono disposto ad offrire
una eventuale collaborazione alla difesa, o testimonianza sulla fede che
condividiamo.
12. DAVIDE MELODIA: IN DIALOGO CON EUGENIO MORLINI
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 194. La nota redazionale introduttiva
a questo testo così recitava: "Davide Melodia ci ha trasmesso per
conoscenza una sua lettera a Pasquale Pugliese nella quale risponde alla
lettera di don Eugenio Morlini che abbiamo pubblicato l'altroieri. Davide,
Pasquale, Eugenio, sono tutti amici della nonviolenza impegnati in
molteplici iniziative di pace e di solidarietà]
Io, prigioniero in Africa sei anni, non ho avuto esperienze così profonde,
perché nel '40-'46, non avevo fatto ancora la scelta nonviolenta. Ma
qualcosa, in piccolo, prima e durante tale scelta definitiva trova riscontro
nelle parole di don Eugenio.
E concordo nel fatto che la nonviolenza non dà risultati certi, che non è
un toccasana, che non risolve tutti i casi, e che è quasi piu' difficile da
applicare nel nostro "benedetto" Occidente che tende ad essere impenetrabile
e insensibile ai valori superiori.
E tuttavia è una via per arrivare al cuore dell'uomo, per fargli ritrovare
la sua origine divina. Dobbiamo insistere con amore e pazienza per vivere
questa via e renderla feconda.
Grazie ancora, e Dio la benedica.
13. DAVIDE MELODIA: FIRME PER L'EDUCAZIONE ALLA NONVIOLENZA DELLE FORZE
DELL'ORDINE
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 201]
Alle molte proposte e risposte che giungono da varie parti, e che "La
nonviolenza è in cammino" diffonde, e che ci confortano, desidero
aggiungere la seguente.
Ai proponenti l'educazione alla nonviolenza per le forze dell'ordine
italiane, suggerisco di scrivere la suddetta proposta, rivolta al capo dello
Stato e per conoscenza a chi ha il compito istituzionale di prendere tale
decisione - Parlamento compreso - anteponendola ad un "modulo per raccolta
di firme" di sostenitori della proposta, il tutto on line, con l'aggiunta
di moduli da sottoscrivere per iscritto ai tavoli di raccolta, per chi non
lo fa mediante computer.
Le nostre autoritè sono talvolta sensibili a documenti recanti un numero
elevato di firme di persone più o meno importanti, quando tali documenti
esprimono una volonta' diffusa, che impegna i firmatari, in quanto pongono
nero su bianco.
Nel nostro caso i proponenti, ed i responsabili sostenitori della proposta,
sono per ora in ordine sparso, anche se di notevole spessore culturale e
politico.
Necessita raccogliere in primis le loro firme, da apporre in calce al
documento, sì da rappresentare per tutti una garanzia di serieta' e di peso
sociale, nonche' di fattibilità laddove la raccolta di firme raggiunga lo
scopo che i proponenti si prefiggono, e cioé: una legge che permetta di
portare i valori e la prassi della nonviolenza nelle Accademie di Polizia e
dei Carabinieri, e di inaugurare un periodo di pace intelligente tra il
popolo, che esprime finalmente sempre e liberamente i suoi desiderata, e le
forze dell'ordine, che sono in grado di fare applicare la legge, senza dover
usare la forza bruta.
14. DAVIDE MELODIA: PENSIERI INTORNO ALLA VICENDA GENOVESE DI SUSAN THOMAS
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 202]
Quando abbiamo appreso la notizia dell'arresto della giovane studentessa
quacchera americana, insieme ai teatranti di strada austriaci, alla fine del
convegno genovese dei G8, arresto operato dalle forze dell'ordine italiane,
al primo attimo di incredulità è subentrata l'amarezza per la tendenza
della nostra polizia a fare spesso di ogni erba un fascio. Cosa dimostrata
del resto ampiamente durante molti dei suoi interventi nei confronti dei
dimostranti anti "globalizzazione liberista".
La totale assenza di cultura religiosa extracattolica, e la non conoscenza
dei principi, della prassi e della storia della Comunità Quacchera, dal
nome ufficiale di Società Religiosa degli Amici, ha reso possibile
purtroppo il grave errore di valutazione verso la giovane quacchera.
Il fatto di essere nata, vissuta, educata nella atmosfera religiosa dei
Friends, ne ha fatto una portatrice del loro messaggio di amicizia verso
l'Umanità, e di rispetto dell'Altro, perché in esso vive, come in ciascuno
di noi, una scintilla divina, e quindi le Creature devono vivere in armonia,
in pace, in collaborazione fra di loro.
Per questo non v'è quacchero, che sia impegnato seriamente nella sua
particolare scelta cristiana, che non operi per la pacificazione fra gruppi
in dissidio, che non contribuisca in qualche modo alla mediazione fra popoli
in conflitto, che non intervenga, direttamente o indirettamente, per il
recupero, morale e materiale, di gruppi umani che hanno sofferto guerre e
violenze.
Nei limiti delle loro possibilità, che sono, non per i mezzi, ma per la
volontà, superiori al loro numero.
E Susan Thomas condivide tutto questo.
Tutti sanno ormai che il grave errore delle forze dell'ordine era già fatto
in partenza, prendendo gli strumenti di lavoro dei teatranti per oggetti di
offesa.
Qualcosa di simile era già accaduto nel 1976 a La Maddalena, dove fu
arrestata tutta la Compagnia di Teatro di Strada di un famoso gruppo
americano del tempo, che aveva voluto accompagnare con le sue sceneggiate
all'aperto la Marcia Antimilitarista Nonviolenta nel suo ultimo atto in
Sardegna.
Nel caso presente, la reazione generalmente intelligente e rispettosa della
stampa italiana, e i numerosi interventi di quaccheri italiani e stranieri,
e di molte personalità della cultura e della politica, hanno certamente
influito sull'atto finalmente saggio della magistratura italiana
nell'operare la scarcerazione dei teatranti e dell'amica quacchera.
Ma l'espulsione dal nostro Paese di ciascuno di loro getta una macchia scura
su tale decisione, e mi auguro che, a parte le proteste e le reazioni degli
avvocati e dei non quaccheri, sia Susan che i suoi sostenitori non si
lascino trascinare dallo spirito di condanna morale e di rivalsa.
Nei brevi contatti avuti con la madre di Susan e con i suoi correligionari
americani, mentre lei era in carcere, è emerso soltanto il perdono e la
preghiera, perché Dio illuminasse chi la deteneva ingiustamente.
Questo, del perdono e del tenere in considerazione le ragioni dell'Altro, è
uno degli elementi che dà alla pace la speranza di "essere". La vendetta
non può darla.
15. DAVIDE MELODIA: L'ESPERIENZA DEI QUACCHERI, IN SINTESI
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 209]
Dopo la sua esperienza spirituale diretta, nel 1647, in cui aveva sentito
una voce che gli diceva : "C'e' qualcuno che è in grado di rispondere alla
tua condizione, cioé Gesu' Cristo", la sua angoscia per non avere ancora
trovato risposta alla sua ricerca della verità religiosa, George Fox si
dedicò all'approfondimento del rapporto con Cristo e con Dio.
Nel frattempo predicava quanto aveva appreso di questo rapporto, poneva le
basi di una futura organizzazione, che cominciò a prendere forma concreta
già dal 1648, con vari nomi, fra cui quello ufficiale che resiste a
tutt'oggi: Società Religiosa degli Amici, chiamati "quaccheri", cioé
"tremanti".
Le tappe del suo cammino furono: la certezza che "ognuno deve rispondere al
seme di Dio che è in lui (o lei )", che ciò è garanzia di una continua
"presenza divina", che ogni creatura può fruire della "luce interiore".
E non solo, perché se l'Altro, come me, ha in sé un tanto di Dio, non ho
diritto di nuocergli in alcun modo, non posso odiarlo, non posso muovergli
guerra, né se crede in modo diverso, né se non crede.
E, poiché sia George Fox che l'assoluta maggioranza degli Amici facevano
sul serio, altri principi e conseguenti azioni furono praticati
nell'Inghilterra del tempo, come nel Continente Europeo e nel Nuovo Mondo,
quali: l'uso del "tu" verso chiunque, anche verso i superiori nella scala
sociale, la pratica di "non togliersi il cappello" davanti a nessuno, per
sottolineare l'uguaglianza delle creature di fronte a Dio e agli uomini.
La scelta coerente della "pace" e del rifiuto delle armi, anche laddove
fosse necessario per difendere la fede cristiana, ebbe gravi conseguenze sul
piano politico e religioso, pagato da molti quaccheri con dure persecuzioni,
carcere e perfino con la vita, in Inghilterra e in America.
A poco a poco, col progredire della civiltà, con leggi di tolleranza e con
il lento ma sicuro cammino della democrazia, le persecuzioni cessarono, ma
sia durante queste che dopo, gli Amici furono tenacemente fedeli ai loro
principi, che li portarono ad essere dovunque - insieme ai mennoniti ed
altri movimenti pacifisti - i precursori della "nonviolenza", individuale e
collettiva.
Poco noti dal punto di vista religioso, spesso confusi con gli "Amish", che
pure sono pacifisti, sono un pò più noti sul piano del loro irenismo, che
non si ferma al rifiuto della guerra, del militarismo e della violenza.
Da oltre tre secoli, dovunque sono potuti intervenire, prima, durante e dopo
conflitti fra due o più gruppi etnici, religiosi o nazionali, hanno operato
con sapienza, umiltà e costanza, per la riconciliazione, per la ricerca
dell'equilibrio, del rispetto reciproco, della formula equa per le parti in
causa.
Sono diventati maestri di mediazione, di ricostruzione morale e non solo, di
intervento positivo fra diversi.
Il loro modello di culto è il raccoglimento in circolo, in silenzio fino a
quando uno o più degli Amici presenti non senta di dover dire qualcosa che
sente profondamente in quel momento, generalmente in poche parole.
Il tutto senza un sacerdote o un pastore, senza letture ufficiali, senza
canti o preghiere preordinati. Questo tipo di culto, che è uguale a quello
dei primi tempi, si chiama "culto non programmato". È seguito ancora in
Europa, e perfino in Italia.
Negli Stati Uniti c'è pure questo culto silenzioso, ma prevale quello
"programmato", sotto la guida di un pastore, quacchero, ma, a parte la
forma, non cambia nella sostanza.
Che è: la ricerca di un diretto rapporto con Dio, senza mediatori, nella
comunione dei fratelli in fede.
Liberi da dogmi, da riti, da formule liturgiche, e da solenni edifici di
culto, senza gerarchie ecclesiastiche, oltre alla spiritualita' ed alla
attività sociale, anch'essa svolta senza squilli di trombe, amano e curano
la semplicità, la serietà, la coerenza.
In altre parole: l'armonia con se stessi, con gli Altri e con Dio.
16. DAVIDE MELODIA: SE...
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 212]
Se, negli eventi di Genova, al di fuori degli Incontri tra i G8, coloro che
hanno usato violenza lo negano, sono colpevoli due volte.
È vero che in molti casi vi è stato, da una parte e dall'altra, l'effetto
di "trascinamento", che di norma la violenza induce. Ma la responsabilità
dell'atto violento sta tutta in chi la compie.
E chiunque abbia operato violenza, e si permette di accusare le vittime vere
di essa, di diffamarle, è colpevole tre volte.
Questa mia dichiarazione, decisamente "moralistica", riguarda chi si è
comportato da violento, e, dopo, da mentitore, indipendentemente dalla parte
in cui si trovava.
Sarà difficile che la magistratura riesca ad avere tutti gli elementi e
tutta la forza necessaria a giudicare correttamente e giustamente i
colpevoli, senza riguardo alla loro collocazione politica, o alla loro
posizione nella scala sociale.
So che sta facendo del suo meglio, ma, soprattutto chi generalmente non ha
voce, o l'ha molto flebile, dovrà fare di tutto per raccogliere,
controllare e vagliare le testimonianze e per farle giungere in tempo a
quella magistratura. E dovrà farlo, sollecitamente, perché l'esito dei
giudizi che si avranno a conclusione dei processi, sarà "storico" e
pesante.
La nonviolenza deve fondarsi sulla verità.
17. DAVIDE MELODIA: PER TRASMETTERE I VALORI DELLA NONVIOLENZA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 219]
Generalmente, quando si vuole essere ascoltati, da una classe, dal pubblico,
dai lettori, bisogna usare discrezione e rispetto. È difficile essere
ascoltati quando questi due elementi mancano, e l'eccessiva stringatezza
può dare spazio al loro contrario.
Ora, specialmente quando ci si rivolge a dei giovani, per indicare loro un
percorso o per sottolineare degli errori, guai ad essere drastici, rigidi,
irriguardosi. Anche quando e se loro, i giovani, sono rudi e arroganti, noi,
che lo fummo (arroganti), dobbiamo non esserlo, altrimenti non ci
ascolteranno. E guai a dire loro: noi abbiamo esperienza. Non va detto. Va
dimostrato, con l'esempio.
Possiamo essere nel vero, nel giusto, nell'indiscutibile, ma se non abbiamo
rispetto per loro, non ci ascolteranno.
Il rispetto effettivo verso il prossimo, anche verso chi secondo noi
sbaglia, è la prova che abbiamo imparato qualcosa dalla nonviolenza.
Il concetto evangelico della "verità secondo amore" significa che non si
può affermare una verità, spesso di per sé dura, senza un rispetto
amorevole per chi deve ascoltarla. Altrimenti cade nel vuoto, o torna
indietro... E poi, se io voglio essere rispettato, perche' mai non devo
rispettare l'altro?
L'altro è un giovane carico di energia, che vuole scaricare in una azione?
Prima rispettalo e poi prendilo da parte. Sta seguendo una bandiera che lo
esalta? Rispettalo. Segue un capo che lo galvanizza? Rispettalo. Segue una
bandiera esaltante, che altri hanno portato fino al sacrificio? Rispettalo.
È stato educato alla lotta pura e dura? Rispettalo. Ha scoperto un ideale
per cui battersi, e lo fa in un modo che non corrisponde al suo significato
più profondo? Rispettalo.
Parla di nonviolenza, di disobbedienza civile, senza averne ancora afferrato
il senso più vero e l'applicazione più giusta? Rispettalo e dagli
l'esempio, se lo sai dare.
Perché non solo è attraverso questo rispetto, che hai per lui, che il
giovane puo' ascoltarti e seguirti, ma perché non puoi aspettare che
diventi adulto perché colga a volo, nelle tue parole vere e rigide, il
messaggio che vuoi trasmettergli.
Abbiamo bisogno adesso della forza, dell'energia e della passione del
giovane bene intenzionato. La storia non può attendere.
18. DAVIDE MELODIA: DUE PAROLE SUI QUACCHERI
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 220]
Questo ramo del Cristianesimo è nato dalla intuizione e dalla operosità di
George Fox, fin dal 1648, un anno dopo che egli aveva trovato la certezza
che ogni creatura può avere un diretto rapporto con Dio, sia perché ha
dentro di sé una scintilla divina, sia perché può coltivarla nella
meditazione silenziosa del culto.
L'estrema semplicità della formula religiosa della Società Religiosa degli
Amici, chiamati Quaccheri, cioé "tremanti" (quakers) - epiteto dato in
carcere da un giudice a Fox, che gli aveva detto di "tremare di fronte alla
parola di Dio", ed anche perché nei primi tempi la profonda intensità
della meditazione portava alcuni fedeli a tremare - non poteva piacere né
ai cattolici, con le loro chiese solenni, la liturgia, i sacramenti, il
sacerdozio, la gerachia ecclesiastica, né ai protestanti, che pur con
maggiore semplicità, erigono chiese, e nel culto hanno inni, letture
bibliche, preghiere, sermoni, e due sacramenti.
Per un rapporto diretto con Dio, secondi i quaccheri, tutto ciò non è
assolutamente necessario. Di qui una persecuzione ingiustificata e
incredibile nel Vecchio Continente e nel Nuovo, portata avanti per oltre un
secolo, da cristiani verso cristiani.
Ma da molto prima che le persecuzioni avessero fine, i quaccheri hanno
svolto, sempre e dovunque, un'opera "filantropica" - oggi diremmo
"sociale" - di grande respiro.
Con una sensibilità, una dedizione ed un tempismo straordinari, per oltre
tre secoli, anche lontano dalle loro comunità, in varie parti del Mondo,
hanno portato il verbo e i frutti della pace, della mediazione, della
solidarietà, dell'assistenza morale e materiale, della ricostruzione,
dell'educazione, arrivando nei luoghi dove la tensione può sfociare in
conflitti aperti, per impedirli, per renderli meno atroci, per ridare
speranza.
Dalla guerra di Crimea alla guerra franco-prussiana, dalla guerra di Spagna
alla prima e alla seconda guerra mondiale, e dopo ciascuna, i libri bene
informati di storia li trovano affaccendati come e più della Croce Rossa,
nel loro piccolo, a curare le ferite più profonde di popolazioni senza
speranza, Italia compresa.
È una Società religiosa che coniuga il massimo di spiritualità al massimo
di attività concreta di solidarietà umana.
Fatica ad esistere nei paesi latini, dove la cultura e la mentalità
religiosa non si ritrova nel Culto Silenzioso quacchero e in una serie di
convegni di meditazione, di confronto e di lavoro, con una organizzazione
altrettanto semplice, fatta di comitati, di cento comitati, di mille
iniziative...
Ma il suo messaggio, di pace e di fraternità, e la sua originale ricerca
del divino, questi passano, ed in Italia, dopo vari alti e bassi, un gruppo
solido esiste, a Bologna, e centinaia di quaccheri e simpatizzanti
sparpagliati nella penisola ci sono, e piu' di un sito e di e-mail possono
dare e danno informazioni a chi le chiede...
19. DAVIDE MELODIA: UN RITORNO ALL'ETA' DELLA PIETRA
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 226]
Occorre sempre deprecare la violenza, ed in particolare quella da cui non ci
si può difendere, cioé il terrorismo.
Ognuno ha diritto di difendere le proprie ragioni, ma mediante il dialogo,
gli strumenti della ragione e della democrazia.
La nonviolenza, intesa nel suo totale significato, è al presente lo
strumento principe, fondato e sulla ragione, e sulla solidarietà, e sulla
forza morale, e sui sentimenti superiori, nel rispetto dell'altro, dei
diritti dell'altro, della vita dell'altro, delle cose dell'altro, degli
spazi dell'altro, atto a risolvere i gravi problemi della società umana.
Il terrorismo, metodo perfezionato nella modernità, è psicologicamente,
culturalmente e socialmente un bieco ritorno all'Età della Pietra. Del
cuore di pietra.
20. DAVIDE MELODIA: QUALE RISPOSTA AL TERRORISMO
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 229]
Di fronte al terrorismo, sin qui, individui, gruppi e governi hanno adottato
modi diversi di ritorsione e di vendetta, altrettanto e più violenta del
terrorismo stesso, coinvolgendo degli innocenti, e provocando ulteriori
violenze e ritorsioni.
La risposta armata assomiglia molto alla pena di morte, su vasta scala.
La risposta razionale e socio-religiosa, fondata sulla giustizia, la
solidarietà e l'assistenza, quale forma suprema di prevenzione - ai
disperati che intendono, ricorrendo alla violenza del terrorismo, punire i
colpevoli della loro miseria - raramente adottata, e quasi mai
tempestivamente, è di per sé sacrosanta.
Ma - di fronte al terrorismo su scala bellica (non guerra), testé applicato
da feroci sconosciuti contro i simboli della potenza economica e militare
degli Stati Uniti - sia la prima risposta violenta, sia la seconda, "di
giustizia", non possono bastare.
Se è vero che quest'ultima forma di terrorismo con effetti esponenziali,
"di massa", ha motivazioni, portata e finalità "nuove", anche le risposte
che il mondo deve dare devono essere teoricamente e praticamente "nuove".
La risposta della giustizia preventiva deve esserci comunque, ma per essere
creduta e rispettata, per avere un impatto deterrente, per arrivare al cuore
e alla mente non solo dei popoli oppressi, o perseguitati o tenuti in non
cale dalla civiltà tecnologica avanzante, globalizzante, pianificante, ma
anche dei suoi presunti "vendicatori", deve fare un salto di qualità.
E qui, anche se ne sento la necessità e l'urgenza, non ho la soluzione.
Altri, spero, la potrà elaborare.
21. DAVIDE MELODIA: UN MINUTO DI SILENZIO
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 232]
È certamente doveroso avere momenti privati di riflessione sul problema
della strage terroristica operata alle Torri Gemelle del Trade Center di New
York, ed uno collettivo, breve ed intenso, ovunque sia possibile attuarlo.
Alcuni non possono farlo pubblicamente, ma molti potrebbero farlo alla fine
della lettura di questo brano on line.
Non solo per la strage di New York.
Ogni giorno, come ben sappiamo, muoiono migliaia di bambini in tutto il
mondo, specialmente nelle parti povere di esso, per denutrizione, per
mancanza di cure mediche e di medicine, per esaurimento fisico e psicologico
a causa del lavoro minorile, per cause belliche, epr rivolte e repressioni,
insieme ad adulti...
Per questi, per coloro di cui, colpevolmente, dimentichiamo quotidianamente
di raccoglierci in silenzio, e per quelli che nel recente passato sono morti
o hanno sofferto a causa di violenze umane, ivi compreso lo sfruttamento,
dedichiamo almeno un minuto di seria meditazione, qui ed ora.
Ed a proposito della eventuale risposta al terrorismo, che richiede risposte
nuove, diverse dalla forma militare, e più incisive e reali della risposta
di giustizia - che se non e' preventiva a nulla vale - affinché si fermi la
mano del terrorista "vendicatore", occorre che il popolo o lo stato di cui
costui è il braccio armato e impazzito, lo disconosca, lo convinca a non
operare in suo nome.
Ma perché ciò avvenga occorre un oceano di solidarietà, giusta, corretta,
amicale, tempestiva, al contempo formidabile e umile.
Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo mettere la parola fine alla per
molti versi splendida avventura del consorzio umano su questo pianeta.
22. DAVIDE MELODIA: SULLA DISOBBEDIENZA CIVILE
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 235]
La disobbedienza civile parte, di norma, quando è seria, coerente, compresa
dal disobbediente, e comprensibile per l'avversario e per la gente, dal
singolo.
Perché? Perché è il singolo, possibilmente convinto nonviolento, che non
concorda con i contenuti di una certa legge, che considera illiberale, e
decide di lottare contro di essa.
Tale singolo non la ripudia con leggerezza, e non disobbedisce tout court,
né a quella legge né tantomeno a tutto il codice, ma si batte contro la
forma e il contenuto di quella legge iniziando con scritti, dibattiti,
convegni, dimostrazioni, con confronti e proposte nelle sedi opportune,
affinché sia cambiata o superata.
È qui che comincia il travaglio per trascinare altri a lottare al suo
fianco, prima sul piede legale, poi perfino su un piano di violazione di
quella legge, pronto, in prima persona, o con altri, a pagare il prezzo
della disobbedienza a quella legge.
Se lo arrestano non oppone resistenza, non insulta, non spacca tutto. Dal
carcere fa sentire in qualche modo la sua voce, e continua a seminare i
valori che lo hanno spinto a disobbedire.
Non è quindi una disobbedienza generale, né generalizzata, non è
chiassosa né confusa, non è violenta, né verso le persone fisiche né
verso le cose.
È una disobbedienza civile, e intelligente, che cerca, in modo
relativamente anomalo, di costruire qualcosa di moralmente e socialmente
più alto di ciò che si vuole imporre alla comunità - non di distruggere.
So che c'è poco tempo per tradurre una tale disobbedienza civile
nonviolenta da individuale a popolare, ma non si può avviarsi ad una
mobilitazione contro le aspirazioni e le intenzioni belliche di certi Paesi
e gruppi politici e sociali senza la dovuta preparazione.
Se la disobbedienza civile non avrà basi profondamente serie e intimamente
connesse con la nonviolenza, può essere spazzata via e dai violenti e dalla
calunnia.
23. DAVIDE MELODIA: RISPOSTA NONVIOLENTA AL TERRORISMO
[Da "La nonviolenza è in cammino" n. 247. Sono estratti da due lettere di
Davide Melodia]
Quale che sia il livello di terrorismo attuato da un gruppo violento, contro
qualsiasi obiettivo, e quale che possa essere la conseguenza in termini di
distruzione e di morte, la risposta dei nonviolenti si sviluppa con il
medesimo spirito.
E cioé: non scendere sul piano della violenza come i terroristi, evitare la
vendetta, cercare di non provocare una crescita irrefrenabile della
violenza, da una parte e dall'altra.
Non coltivare l'odio, ed invece ipotizzare un raffreddamento degli animi,
prevedere incontri di mediazione, scoprire le cause profonde della violenza
terroristica, mettere in campo operazioni di sostegno ai Paesi poveri, fare
giustizia dove giustizia non c'è.
Far sì che i Paesi, dal cui seno sono nati i terroristi, li disconoscano e
li isolino essi stessi.
*
Né "con i vendicatori" (sedicenti) della miseria del Terzo Mondo, i
terroristi, né "con i vendicatori" della civiltà opulenta occidentale, gli
specialisti anti-terrorismo più armati e potenti dei primi, capaci di
coinvolgere col richiamo emotivo il Primo, il Secondo, parti del Terzo e del
Quarto Mondo, mediante i loro mass-media planetari.
Ma "con la nonviolenza", per una giustizia sociale ed una giustizia
economica mondiale e riparatrice, la cui totale assenza è la causa remota
di questa forma subdola, invisibile, vile e spietata di guerra.
Diamo un esempio ai giovani di una scelta fra le ragioni della forza e la
forza della ragione, seguendo la seconda, così da prendere il sentiero
della verità anziché quello della menzogna militarista.
24. ET COETERA
Davide Melodia, amico della nonviolenza, infaticabile costruttore di pace,
era nato a Messina nel 1920, figlio di un pastore evangelico socialista e
pacifista; fratello di Giovanni Melodia (1915-2003, antifascista, deportato
a Dachau, segretario nazionale dell'Aned, testimone e studioso della Shoah);
prigioniero di guerra nel 1940-'46; maestro elementare, pastore evangelico
battista, maestro carcerario, traduttore al quotidiano "Il Giorno", pittore,
consigliere comunale e provinciale, dirigente dei Verdi; pacifista
nonviolento, segretario del Movimento Nonviolento (1981-'83), segretario
della Lega per il Disarmo Unilaterale (1979-'83), membro del Movimento
Internazionale della Riconciliazione, vegetariano, predicatore evangelico,
dal 1984 quacchero. Ma questa mera elencazione di alcune sue scelte ed
esperienze non ne rende adeguatamente la personalità, vivacissima e
generosa. È deceduto a Verbania l'8 marzo 2006. L'ultima delle opere di
Davide Melodia è Introduzione al cristianesimo pacifista, Costruttori di
pace, Luino (Va) 2002.
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 13 del 14 marzo 2006
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