1198
AGESCI
SCAUTISMO ED ESPERIENZA DI CHIESA
l'assistente ecclesiastico degli scouts
AE
ELLE DI CI
TORINO 1985
ISBN 88-01-15800-9
cm. 12,5 x 19,5 pagine 221
Presentazione
La figura del prete ha già in sé una poliedrica ricchezza: egli è «uomo di Dio per gli altri». Si colloca tra due poli: Dio e l'uomo. Ora, Dio è colui che è al di là di ogni nostra rappresentazione: sempre «al di là». L'uomo, plasmato dalle mani di Dio, è un «mistero». Cosa sai tu del fratello che ti è accanto? Conosci il suo volto, alcune sue abitudini, il suo stile di azione e il suo modo di reagire. Ma cosa sai del suo «cuore», cioè del centro intimo del suo essere, dove egli è lui e non un altro, dove si gioca il suo destino? Solo Gesù sapeva «cosa c'è nel cuore dell'uomo»!
Eppure il prete come «uomo di Dio» è chiamato ad entrare nell'intimità dell'Altissimo. Come «uomo degli altri» è chiamato a diventare il confidente, l'amico, la guida spirituale dei fratelli. A lui, e spesso solo a lui, si apre uno spiraglio attraverso il quale può gettare uno sguardo verso il «cuore». A lui la grande responsabilità di aiutare il fratello di fede a scoprire il disegno irripetibile che Dio ha su ciascuno.
Per questo si chiama «assistente» in rapporto ai vari Movimenti e Associazioni. In questo quaderno si tratta dell'Assistente SCOUT. Non sorprende la ricchezza dei contributi di questo quaderno, se si tiene conto di quanto ho appena detto. Ognuno di essi è un tentativo di «approche», coglie qualcosa, ma «il più» gli sfugge: è al di là. «Il più» lo può insegnare solo l'esperienza, il complesso delle esperienze. E il valore dei vari contributi si fonda proprio su questo: è frutto di esperienza. Nessuna esperienza esaurisce tutta la potenzialità di un argomento così ricco. Ma ognuna è come una pennellata. Dall'insieme emerge la figura dell'Assistente, con i contorni del «non finito».
Non è compito di una presentazione esaurire il contenuto di un quaderno. Mi limito a richiamare il senso etimologico di assistente. Viene da ad-sistere. Implica l'essere accanto con una grande capacità di attenzione (è questa una vera forma di carità) e di «simpatia», nel senso etimologico di «vibrare all'unisono» con l'altro. La preposizione «ad» mi finalizza all'altro. «Sono qui per te»! Mi vengono in mente le parole che fra' Cristoforo dice a se stesso in un momento difficile per la sua focosa natura: «Frate, non se' qui per te!». Ci sono due preposizioni che in modo convergente esprimono la densità del rapporto educativo, indicato dalla preposizione latina «ad»: con e per.
Con non vuole dire solo «essere accanto»; esprime la capacità di «condividere».
Per non dice solo rapporto di finalità; esprime la capacità di fare dono di se stessi, di realizzare un servizio d'amore.
Questo vale per il ministero di ogni prete, per l'animatore di ogni associazione. Ma in queste note c'è uno specifico: si tratta dei prete scout che aiuta ragazzi e giovani a formarsi sull'ideale umano e cristiano dello «Scautismo». Viene perciò presentato anzitutto in rapporto ai compiti primari di un prete: presiedere l'Eucaristia, essere ministro del perdono divino, essere la guida spirituale, educare alla fede attraverso l'annuncio esplicito di Cristo. Ma lo si vede pure in rapporto ai valori e al metodo scoutistico, in ciò che ha di specifico: la simbiosi tra valori umani e cristiani. Ed è così che il valore della strada, del simbolo, delle virtù naturali emergono come campi di educazione per l'Assistente.
C'è poi il suo rapporto con la «Comunità Capi» e con i vari Reparti e «Clan»: il discorso si articola sul piano organizzativo.
Una esigenza però emerge su tutte: meritarsi la fiducia! La fiducia non si può esigere: più la chiedi e meno ti è accordata. Ma se ti poni umilmente e generosamente accanto all'altro, con quella carica di attenzione e simpatia di cui ho parlato, vedrai che il ragazzo ti affida se stesso. E allora cercherai di non legarlo a te in modo esclusivo: dovrai aiutarlo ad essere se stesso e a stabilire un rapporto vivo con Cristo. Di lui solo ogni giovane ha bisogno. Lui «rivela l'uomo all'uomo»! Lui è l'ideale impareggiabile, insieme profondamente umano e luminosamente divino. Quando un giovane è colpito dal fascino di Cristo, il più è fatto: il resto viene da sé.
E se la tua vita di prete si presenta al giovane come un riflesso di quella di Cristo; se grazie a quello che tu sei (e non solo che tu dici!), la figura del Salvatore assume concretezza di espressione, allora la tua funzione di legame vivente tra Cristo e l'uomo troverà attuazione perfetta.
È quello che auguro cordialmente a tutti gli Assistenti scout, per la stima profonda che mi lega al Movimento.
+ Mariano Magrassi Arcivescovo di Bari
Introduzione
La mulattiera si impenna come una scala senza fine e lo zaino si fa più pesante sulle spalle di chi sale lentamente i gradini della Val Codera. A sera, intorno al fuoco, i cuori si scaldano nell’amicizia nata dalla comune fatica; nel silenzio, rotto soltanto dallo scroscio delle cascate, la preghiera sale spontanea e un impegno nuovo si rafforza in ciascuno per il servizio che ci aspetta quando saremo «discesi dal monte». Anche quest’anno, come ormai da circa quarant’anni, un gruppo di preti ha vissuto l’esperienza del campo scuola per Assistenti ecclesiastici: una proposta concreta di imparare lo scautismo.
Reduce anch’io da questa esperienza, mi trovo a riflettere sulla inestimabile ricchezza rappresentata dalla presenza del prete in mezzo ai nostri ragazzi e provo una viva gratitudine per tutti gli Assistenti.
A dire il vero, anche se consacrato dall’uso, il termine «Assistente ecclesiastico» non definisce compiutamente il ruolo del prete nello scautismo cattolico italiano. Infatti nella storia decennale dell’AGESCI e in quella precedente dell’AGI e dell’ASCI, tanti e tanti preti hanno fatto assai di più che «assistere»; hanno agito da protagonisti nel far nascere il movimento scout, promuoverne lo sviluppo, indirizzarne il cammino.
Nell’impossibilità di ricordarli tutti, vorrei almeno nominare due figure emblematiche, che hanno un posto significativo fra i «padri fondatori» delle nostre associazioni: sono don Andrea Ghetti (Baden) e padre Ruggi d’Aragona (Arda), l’uno fra i principali artefici della rinascita dell’ASCI nel clima entusiasmante della ritrovata libertà dopo la guerra, e l’altro fra i fondatori dell’AGI in quegli stessi anni.
Diversissimi, anche fisicamente, per storia familiare e personale e per modo di fare, testimoniarono entrambi la loro convinzione che lo scautismo fosse non solo uno strumento utile alla loro azione pastorale ma anche un modo di essere uomini e cristiani, uno stile di vita da assumere in proprio ancor prima di proporlo come ideale ai ragazzi.
Scout tutto d’un pezzo Baden, nell’aggressiva sincerità e nella generosità a tutta prova; altrettanto scout Arda, nel gusto raffinato per le cose ben fatte e nell’arguzia della caricatura.
Sul loro esempio si venne delineando la figura del prete-scout: un sacerdote capace di entrare nel grande gioco, di ascoltare e di capire i ragazzi, di parlare il loro linguaggio, di piantare la sua tenda in mezzo a noi, come segno quotidiano e sacramentale della presenza di Cristo che per suo tramite diviene nostro amico e nostro capo.
«Due teste sotto lo stesso cappellone» fu lo slogan con cui si era soliti definire il ruolo dell’Assistente e il suo rapporto con il capo unità; e in effetti tanti giovani e meno giovani capi, uomini e donne, hanno fatto nello scautismo la felice esperienza del prete amico, con cui condividere fino in fon-do le gioie e le pene del servizio reso ai ragazzi.
Tuttavia la prospettiva di avere alla guida di ogni singola unità scout una coppia Capo-Assistente si è rivelata utopistica, sia per limiti pratici ben precisi, sia anche per una ri-flessione associativa che ha contribuito.a far maturare una diversa visione del ruolo dell’Assistente.
Da una parte, infatti, lo sviluppo dell’Associazione e la relativa scarsità di sacerdoti rende praticamente impossibile il reperimento di un numero sufficiente di preti-scout.
D’altra parte è andata maturando nella vita dell’AGESCI una maggiore condivisione della responsabilità educativa, che non è più affidata al singolo capo bensì alla Comunità dei Capi, e contemporaneamente si è affermata una visione più aperta dei nostri gruppi, non chiusi in se stessi e autosufficienti, ma aperti a una più ampia comunità ecclesiale e sociale in cui sono inseriti.
In questa visione, l’Assistente è «il prete di tutti», il presbitero del popolo di Dio di cui noi siamo parte; a lui chiediamo di conoscere il metodo scout per aiutarci a sviluppare il nostro progetto educativo, di cui la catechesi, non solo occasionale ma organica, è parte essenziale e irrinunciabile.
La sede privilegiata dell’azione dell’Assistente è allora proprio la Comunità Capi, là dove il progetto educativo viene elaborato, portato avanti e verificato.
Il ruolo dell’Assistente non risulta certo diminuito, ma anzi ancora più importante e delicato: spetta a lui condurre la Comunità Capi ad assumersi la responsabilità anche del cammino di crescita nella fede di tutti i ragazzi; deve pertanto promuovere la competenza catechistica dei Capi e deve concordare con loro le modalità dei suoi interventi in modo che questi risultino proficuamente inseriti nel logico sviluppo delle attività e non separati o imposti come la «mezz’ora di catechismo».
Deve infine vigilare e operare affinché, senza snaturare le sue caratteristiche, l’attività scout si inserisca nella più vasta attività della Chiesa locale, in spirito di collaborazione e di reciproco stimolo con tutte le altre associazioni.
Per questi motivi, scrivendo per gli Assistenti ecclesiastici, gli autori non si sono limitati ad una esposizione del metodo scout, ma hanno necessariamente affrontato, sia pure a grandi linee, il tema più ampio della pastorale dei gruppi giovanili inseriti nella Chiesa locale; mi pare che basti scorrere l’indice dei capitoli per rendersene conto.
Questo libro dell’Assistente non si rivolge quindi soltanto ai preti-scout, che pure vi potranno trovare un’occasione per rinnovare il loro impegno e verificare la loro esperienza, ma vuole rivolgersi a tutti i sacerdoti, soprattutto quelli impegnati nella pastorale giovanile.
A tutti vorremmo indicare uno strumento singolare di crescita personale e comunitaria, lo scautismo appunto, che sembra rivelarsi sempre attuale ed efficace, come testimonia lo sviluppo crescente dell’associazione.
E poiché nello scautismo «si impara facendo», lanciamo a tutti un fraterno appello perché vengano a giocare con noi, ad esplorare vie nuove e non battute, a vivificare con la loro presenza sacerdotale il nostro servizio, rivolto a tanti giovani fratelli e sorelle che già camminano su questa strada, e ai molti di più a cui potremo insieme indicarla.
Ottavio Losana Capo Scout AGESCI