OPPOSIZIONE ALLA GUERRA
di Aldo Capitini in: "Italia Nonviolenta"
Davanti ad una terza guerra mondiale è evidente che il
popolo italiano sarebbe, molto più che alle altre, avverso,
ed anzi sdegnato. M non è escluso che possa esservi, per
insufficiente informazione e per non ponderato esame,
trascinato ed esposto alla sua più desolante tragedia. È
questo un altro di quei momenti in cui una tesa idealità
corrisponde ad un realismo più concreto di quello che
pretende esser tale. Già contro il fascismo dicevamo che la
via dell'Italia era non quella di avventurarsi in arretrati
colonialismi (con l'ammodernamento agricolo e industriale
dell'Italia meridionale da avviare) o in una impresa
ideologica di conservatorismo, ma di svolgere un compito di
mediazione europea e di avanguardia etico-culturale. Ora,
poiché sul governo italiano attuale influiscono quelle
stesse forze che dettero l'aiuto decisivo alle imprese
d'Etiopia e di Spagna e non sviarono, con il rifiuto
d'obbedienza, dall'ultima e catastrofica; forze non ostili a
quelle che in Francia, come ha detto Aragon [1], "predicano
la fatalità della guerra, e che, sotto la divisa
dell'Europa, nascondono un'impresa che non farà altro che
gli interessi dell'America"; non bisogna stancarsi di due
lavori: uno di informazione del popolo di come stanno le cose
nazionali e internazionali, di tutte le mosse dirette o
indirette di strategia per la prossima guerra; e un altro di
preparazione di opposizione alla guerra. Dirò qui quello che
mi risulta di questo secondo lavoro.
Da parte governativa le cose vanno peggiorando. Al bilancio
dello Stato per il 1948-49 è stata messa la somma di 256
miliardi per le spese militari. Siccome, anche un ragazzo, e
specialmente un ragazzo (poiche' alla guerra tende
l'animalità nativa) capisce che la guerra oggi non si fa che
con un grande apparato industriale, e visto anche che di
quella somma il 23,57 per cento va al materiale bellico e
alle spese vive per servizi e il 76,5 per cento va al
personale, È chiaro che la direttiva è di apprestare
marinai, aviatori e fanterie popolari che saranno armate
dall'estero. C'è tutto un ravvivarsi di sollecitazioni
militari, di cerimonie, sfilate, comandi secchi, rombo di
carri armati ecc. ecc. Chi era vivo e con gli occhi aperti il
fatidico 28 ottobre ("che salvò la Patria") e nei mesi
successivi, può ricordare e fare similitudini non faticose.
Il governo, dunque, e la politica dirigente l'Italia non
dà garanzie di "opposizione alla guerra". Se una guerra
scoppiasse, il governo del partito dominante, invece di tener
fuori assolutamente l'Italia dal conflitto, che avrebbe tanti
altri punti dolenti dove dispiegarsi, è probabile che
asseconderebbe la campagna per Trieste, l'Adriatico ecc. ,
parlerebbe di compensi coloniali, di dignità da guadagnare
combattendo insieme, di pane e materie prime; e insomma ci
troveremmo nella situazione di volontari entusiasti (quanti
fascisti!) e soldati obbedienti (non pochi per paura, come
sempre) da una parte, e di partigiani dall'altra, cioé una
nuova e più radicale catastrofe.
Ecco perché si viene ampliando sempre più la campagna per
un'opposizione alla guerra che sottragga l'Italia a
quest'antitesi di governativi e partigiani, per
un'opposizione che rimedi alla pericolosità del governo
uscito dal 18 aprile. Ecco perche' si torna a parlare di
movimenti pacifisti e di obbiezione di coscienza (contro il
servizio dell'uccisione militare).
C'è stato nel mondo, ed anche in Italia, un pacifismo che
ha condotto campagne contro le spese militari, contro
l'educazione militaristica, per la giustizia internazionale,
per Corti dirimenti i conflitti, per la Società delle
Nazioni, per la fratellanza dei popoli. C'è stata anche
l'obbiezione di coscienza con migliaia e migliaia di
trucidati (dalla Russia zarista alla Germania nazista),
imprigionati (in tutte le nazioni). Oggi in alcune nazioni
l'obbiezione di coscienza è riconosciuta dalla legge; e chi
la pone, subisce una specie di giudizio e di inchiesta sulle
sue convinzioni e sul suo modo di vivere, e in caso positivo,
viene destinato ad un servizio che non sia di uccidere. In
alcuni paesi gli obbiettori di coscienza si sono offerti a
servizi pericolosissimi (raccolta di feriti davanti alle
prime linee, esperimenti medici sul proprio corpo ecc.).
In Italia accanto al vecchio pacifismo, si è sviluppato un
nuovo pacifismo. Già in antitesi al fascismo si ebbero
nuclei nonviolenti, e vi furono imprigionati od esuli per
rifiuto del servizio militare. Dopo la liberazione dal regime
fascista abbiamo organizzato due convegni a Firenze,
invitando i rappresentanti delle associazioni per la pace.
Erano presenti anche rappresentanti esteri
dell'Internazionale dei resistenti alla guerra e del
Movimento della Riconciliazione.
In questi convegni si sono delineate tra i presenti due
correnti: una di quelli che danno la loro fiducia e la loro
attività ai movimenti per il federalismo europeo e mondiale,
per il governo mondiale, per lo sviluppo dell'ONU e del
diritto internazionale; una di quelli che vogliono tenersi ad
un lavoro più incisivo e di più diretta ed esemplare
responsabilità, più caratteristico e più immediato, meno
giuridico e più della coscienza. C'e stato chi ha
osservato che chi non s'impegna su niente, non avrà
occasione di essere infedele (e difatti piu' volte si son
veduti "pacifisti" che andavano in guerra con elevate
intenzioni o per timore di peggio).
I problemi e le proposte presentate sono queste. Continuare
il collegamento tra tutte le attività italiane per la pace;
pubblicare un bollettino mensile di informazione delle
iniziative, dei libri sull'argomento, dei giornali ed
opuscoli (che sono già molti, tra gli altri un ottimo
opuscolo degli anarchici); invitare deputati e senatori a
costituire un gruppo parlamentare per la pace assoluta;
sollecitare una legge per il riconoscimento dell'obbiezione
di coscienza; mettere allo studio l'istituzione di un
servizio civile di lavoro a fianco del servizio militare per
cui i giovani chiamati possano scegliere; stabilire un
comitato di assistenza ai perseguitati italiani e stranieri;
fare una campagna contro il giocattolo militare; diffondere
la conoscenza di Gandhi; interessare il popolo, e
specialmente le madri all'opposizione alla guerra, mediante
un'azione che propaghi il metodo della libera discussione
tenuto nei COS [2], cioé di due persone che in qualsiasi
luogo, piazza di città o di villaggio, treno, scuola, o in
sala apposita, cominciano una discussione ad alta voce
ammettendo il libero intervento di tutti; in questo modo si
crea un interessamento generale e si formano gruppi di
oppositori.
Quello che in queste iniziative c'è di giuridico e di
statale è, per noi, il meno importante. La formazione di un
animo di pace non può che risultare, nella sua essenza, da
una visione nuova dell'uomo, dell'universo e della società,
liuidando i vecchi modi della vecchia realtà, che mantiene
la violenza nel suo seno perché non si è portata ad una
comunità aperta e ad una trasformazione profonda. Che cosa
sarebbero le associazioni e le leggi senza questo animo di
pace? Ma se la società continua il vecchio modo di creare
leggi, più che l'animo che renda inutili le leggi e la
coazione, almeno faccia le meno impure, schiuda le
possibilità estreme che ha di passaggio ad una realtà
migliore. Questo sia detto per chiarire l'intima tensione che
c'è nell'animo di pace, contro la supposizione o l'equivoco
che esso possa essere inserito in un'ordinata, edonistica,
conservatrice amministrazione della vita.
[1] Louis Aragon (1897), poeta, romanziere, uomo politico
francese. Negli anni venti fu uno dei protagonisti del
movimento surrealista. Dal 1930 milit� nel Partito Comunista
Francese, nella Resistenza e nel Comitato dei Partigiani
della pace francesi.
[2] C.O.S. è la sigla per "Centro di Orientamento Sociale".
A questi Centri è dedicato il capitolo XX, e di essi si
parla ampiamente anche nell'autobiografia.
in: ALDO CAPITINI "Italia Nonviolenta"
Centro Studi Aldo Capitini Perugia 1981
Torna indietro