VECCHIO E NUOVO TESTAMENTO
di ALDO CAPITINI
La grande civiltà che dalla Grecia all'Europa moderna ha
coltivato ed elevato i valori della scienza, delle arti,
dell'etica e formato le strutture della polis (città) e
della nazione dilatandole, quando entra in crisi, come al
momento del cristianesimo e come oggi, è per trovare
e possedere una interiorità più profonda rispetto alla
società economico-politica.
Questa serenità di una realtà più autentica è pagata
con sacrifici se si guarda al mondo, ai suoi beni fuggevoli,
alla quotidianità dell'amministrazione della vita. Ma che
importa perdere qualche cosa se si acquista ciò che vale e
sovrabbonda? Proprio questo senso del "sovrabbondare" è uno
dei temi principali del Vangelo, di presenza, di valore, di
letizia nel convito, di infinito compenso alle anguste e
tempestose soddisfazioni e attaccamento alla vecchia realtà.
Nella civiltà moderna, interna ad essa proprio nel tronco
della sua cultura, della sua filosofia, della sua economia,
questa volta è apparsa una tensione profetico-costruttiva
che dia il potere e il regno a chi ne è rimasto finora
lontano. La tensione sociale si è nell'ultimo secolo e mezzo
caratterizzata come la matura sostituzione, alla vecchia
società in dissolvimento nel suo rabbioso egoismo, di una
solidarietà creatrice dell'effettiva libertà di tutti. Il
gesto più solenne e perentorio di questa evocazione è
quello di cent'anni fa, del "manifesto" marxista.
Di là dalle strutture politico-economico-sociali che la
nuova civiltà avrebbe costituito, fondamentale era la
evocazione del protagonista della "regno" che doveva venire,
la segnalazione del popolo eletto dalla storia, che già si
afforzava entro e contro le ultime leggi e consuetudini
etico-economiche della società borghese. Questa incarnazione
dell'avvenire della storia in una classe, ancora "classe"
finché in contrasto con altre classi, ha qualche cosa della
realtà promessa dal Vecchio Testamento non ad una "classe",
ma a un "popolo", anzi ad una stirpe.
Il popolo che è nel mondo, ma caratterizzato e determinato
economicamente come proletario è, dunque, il designato alla
nuova responsabilità. E si travaglia entro le nuove
situazioni storiche da piu' di un secolo. Non gli basta
svegliarsi a questa responsabilità, perché si dà a
costruire, ma con elementi del vecchio, e alcune volte troppo
evidentemente ripetendo elementi,abitudini, uniformi, della
civiltà antecedente. La stessa riforma politico-economica
non soddisfa tutta la tensione creatrice, che soffre,
anzi,quanto maggiori concessioni e compromessi vengono fatti
col "mondo", quanto più il mezzo sopravanza sul fine, quanto
più il socialismo viene chiuso nello Stato, che pur doveva
essere dissolto per far posto alla società.
E allora per salvare la società non c'è che da
contrapporre alla gravitazione verso lo Stato, la
gravitazione verso la infinita liberazione interiore. Per
risanare la politica, trovare il punto oltre la politica, per
fondare più sicuramente la nuova economia trovare una nuova
anima. La classe sfruttata diventa la infinita moltitudine
che soffre e si redime in una solidarietà nuova, in una
presenza nuova, che assume tutti i valori, sottraendoli, in
nome di questa patria universale, alle patrie limitate e
chiuse.
Questo è il nuovo travaglio che si aggiunge a quello
economico-politico, questa è la vita e il modo del Nuovo
Testamento rispetto al Vecchio. Un modo che ha tutto uno
svolgimento etico nuovo, e che assume a nuova forma
impostazioni religiose tradizionali. Uno degli aspetti di
questo "Nuovo Testamento" E' IL POPOLO CHE SI FA CRISTO,
ASSUMENDO IL SACRIFICIO PER tutti. Il popolo che puo' essere
in India (come l'ha annunciato Gandhi), e può essere il
popolo che è altrove e anche in Italia, anzi in Italia
specialmente, se essa vuol compensare la sua povertà con il
tesoro che la ruggine ed i ladri non portano via, ed
assicurare la sua pace in pericolo a quella "pace che il
mondo irride, ma che rapir non può".
Fuori dagli schemi tradizionali la religione torna così
non come superstizione, idolatria, e terni al lotto della
fortuna o della felicità, ma come prassi nuova, come impegno
pratico verso la realtà e verso tutti per salvarsi e
salvare. Qua e là in questo mondo che si sta unificando, il
popolo si fa Cristo collettivamente (socializzando Cristo,
sé, per quanto la frase sembri ardita), accettando, se
occorre, anche la croce, come quando Gesù disse: "Rimetti la
spada nel fodero"
Torna indietro